Da Wired.it :

Cambio ai vertici della Rai. Carlo Fuortes, ormai ex amministratore delegato della società e nominato dal governo Draghi, si è dimesso, un anno prima della scadenza del suo mandato. In questo modo, grazie a una riforma voluta dal governo Renzi nel 2015, la presidenza del Consiglio potrà mettere al suo posto un nome più vicino alle idee e alle posizioni del governo Meloni.

La posizione di Fuortes era ormai da mesi nel mirino del governo, ma, per la stampa, la strategia per conquistarlo è stata svelata con il decreto legge recante “disposizioni urgenti in materia di amministrazione di enti pubblici e società”, conosciuto meglio con il nome di decreto Fuortes, appunto, approvato dal Consiglio dei ministri il 4 maggio 2023.

Il decreto Fuortes

Le nuove misure impongono un limite di 70 anni agli amministratori con incarichi dirigenziali nelle strutture che rientrano all’interno del bilancio dello Stato, come teatri stabili e fondazioni lirico sinfoniche, e, per la gran parte dei commentatori, nascerebbe come un atto ad personam per licenziare l’attuale sovrintendente del teatro San Carlo di Napoli, il francese Stephane Lissner.

In questo modo, il ruolo ormai vacante sarebbe potuto essere offerto dal governo a Fuortes, così da liberare il seggio a guida del consiglio di amministrazione della Rai per un funzionario più vicino al governo. L’8 maggio, quattro giorni dopo l’approvazione del decreto, Carlo Fuortes ha annunciato le sue dimissioni da amministratore delegato.

Il congedo

Sulla decisione, Fuortes, già sovrintendente del Teatro dell’Opera di Roma, amministratore delegato della Fondazione Musica per Roma, che dal 2003 gestisce l’Auditorium Parco della Musica, commissario straordinario del Teatro Petruzzelli di Bari e direttore generale del Palazzo delle Esposizioni e delle Scuderie del Quirinale dal 2002 al 2003, ha affermato: ”Da decenni lavoro nell’amministrazione pubblica e ho sempre agito nell’interesse delle istituzioni che ho guidato, privilegiando il beneficio generale della collettività rispetto a convenienze di parte. Nel primo anno di lavoro del nuovo consiglio di amministrazione con il governo Draghi il cda ha raggiunto grandi risultati per l’azienda. Ma all’inizio del 2023 sulla carica da me ricoperta e sulla mia persona si è aperto uno scontro politico che contribuisce a indebolire la Rai e il servizio pubblico. Allo stesso tempo ho registrato all’interno del consiglio di amministrazione della Rai il venir meno dell’atteggiamento costruttivo che lo aveva caratterizzato, indispensabile alla gestione della prima azienda culturale italiana. Ciò minaccia di fatto di paralizzarla, non mettendola in grado di rispondere agli obblighi e alle scadenze della programmazione aziendale con il rischio di rendere impossibile affrontare le grandi sfide del futuro della Rai. Il cda deve deliberare, nelle prossime settimane, i programmi dei nuovi palinsesti ed è un dato di fatto che non ci sono più le condizioni per proseguire nel progetto editoriale di rinnovamento che avevamo intrapreso nel 2021. Non posso, pur di arrivare all’approvazione in cda dei nuovi piani di produzione, accettare il compromesso di condividere cambiamenti – sebbene ovviamente legittimi – di linea editoriale e una programmazione che non considero nell’interesse della Rai. Ho sempre ritenuto la libertà delle scelte e dell’operato di un amministratore un elemento imprescindibile dell’etica di un’azienda pubblica. Il mio futuro professionale – di cui si è molto discusso sui giornali in questi giorni, non sempre a proposito – è di nessuna importanza di fronte a queste ragioni e non può costituire oggetto di trattativa. Prendo dunque atto che non ci sono più le condizioni per proseguire il mio lavoro di amministratore delegato”.

I sostituti

Non è ancora detto che il posto al San Carlo si liberi, visto che, riporta il Corriere della Sera, i legali di Lissner vogliono fare ricorso contro il decreto, ma nel frattempo la presidenza del Consiglio ha già pronto il nome del sostituto di Fuortes. Si tratterebbe di Roberto Sergio, attuale direttore di Radio Rai 1 e molto vicino al democristiano Pier Ferdinando Casini, che è stato suo testimone di nozze.

Assieme a lui, nel ruolo di direttore generale, potrebbe arrivare anche Giampaolo Rossi, intellettuale della destra romana, che ha curato per anni un blog su Il Giornale, grazie al quale è possibile tratteggiare alcune delle sue idee. Tra i vari articoli si trovano riferimenti alla teoria del complotto della sostituzione etnica, elogi al leader russo Vladimir Putin, parole d’ordine della propaganda filorussa sull’Ucraina e attacchi a George Soros, definito come sostenitore dell’usura, che rievoca lo stereotipo antisemita dell’ebreo usuraio.



[Fonte Wired.it]