Mentre indossavo gli smart glasses in una delle mie passeggiate in spiaggia a San Francisco, mi sono imbattuto in un pesce vagamente simile a un delfino, che si era arenato sulla sabbia. Nonostante abbia avvicinato gli occhiali così tanto da poterne sentire l’odore, l’assistente AI di Meta non ha saputo dirmi che tipo di animale fosse. Si è limitato a constatare che era decisamente morto e che non dovevo toccarlo, prima di indicarmi il numero per contattare il servizio di controllo degli animali della città.
Al di là di casi del genere, tendo a evitare l’interazione vocale con l’intelligenza artificiale, che non mi sembra ancora naturale. Per quanto di solito chiedere all’AI di fare una ricerca sia un’operazione molto veloce, bisogna comunque fermarsi di colpo, fissare direttamente la borsa di una persona o un altro oggetto, e quindi recitare ad alta voce una frase come: “Ehi Meta. EHI META. Questa borsa è di Gucci?“.
Le funzioni AI sono al tempo stesso la migliore risorsa e la più grande debolezza degli occhiali. Opzioni come la traduzione in tempo reale e le indicazioni stradali sussurrate sono molto utili. Ma se ultimamente avete trascorso un po’ di tempo sul vostro feed di Facebook, saprete già che Meta non può fare a meno di inserire l’intelligenza artificiale in ogni dove.
Le funzioni software passano attraverso la stessa app dei servizi AI di Meta. È il posto dove finiscono per impostazione predefinita le immagini e i video e a volte è necessario entrare nell’applicazione per importare i file dagli occhiali. C’è un problema evidente nell’utilizzo dell’app: le sensazioni negative.
Questione di vibes
Quando accedete all’app di Meta AI per guardare le foto o i video che avete realizzato con gli occhiali, la prima cosa che noterete è Vibes, il nuovo (e terribile) servizio di Meta. Consiste in una raffica costante di video di pessima qualità creati con l’intelligenza artificiale che la società ha iniziato a propinare agli utenti della sua app da un giorno all’altro. È simile alla discutibile app Sora di OpenAI, ma riesce a essere addirittura peggiore.
Ogni volta che cerco di trovare una foto di un adorabile cagnolino che ho appena scattato con gli occhiali, sono prima costretto a scorrere oltre un sacco di fuffa AI. Se sono fortunato, mi ritrovo a vedere clip di inquietanti gatti in sella a moto o impegnati a ballare su beat hip hop. Se sono sfortunato (e di solito è così), davanti ai miei occhi sfilano imbarazzanti video a sfondo politico, da Obama che viene arrestato dagli agenti anti-immigrazione a Trump chinato su una statua della Libertà visibilmente incinta che sembra anche dare alla luce un uovo. È un netto cambio di passo rispetto alla cosa che gli occhiali sanno fare meglio, ovvero permettere agli utenti di catturare e interagire con il mondo reale.



