Gli Oasis hanno fatto il loro ingresso trionfale alle 20.15 (a proposito: possiamo prendere esempio dagli anglosassoni che cominciano i concerti alle otto e alle undici stanno già tutti a casa?) mentre sullo schermo scorrevano i titoli di giornali e news che hanno annunciato la reunion dopo quasi vent’anni.
I due fratelli hanno fatto la loro apparizione accolti come una visione credo/non credo: hanno salutato il pubblico, Liam ha fatto un inchino poi ricambiato a Noel, si sono presi addirittura la mano (ma è durata poco, non preoccupatevi).
Poi via alla musica, senza esitazioni né troppi convenevoli: dita sulla chitarra per Noel, dietro la schiena per Liam. La scaletta è quella ufficiale: si parte con Hello si finisce con Champagne Supernova, in mezzo due ore piene di ritmo, karaoke e pura energia (a volume altissimo perché in UK è concesso), in cui sotto al palco si saltava come se non ci fosse un domani (ma domani vi saprò dire) e si cantava, si saltava e si cantava. Al punto che in qualche occasione la voce di Liam neanche si sentiva (e non per colpa sua eh). C’è gente che sostiene di avere visto anche The Edge pogare sotto al palco, ma forse anche quella era una visione credo/non credo, chissà.
Durante lo show ci sono state interazioni (ebbene sì). Esclusivamente con il pubblico, però, non tra di loro, non esageriamo. “Siete stati in coda tanto, è stato difficile prendere i biglietti, ma ora siete qui!“, ha urlato Liam, tra un f**k e l’altro. Noel ha parlato meno, quasi zero, però a metà concerto si è preso la scena: con Talk Tonight, Half the World Away, Little by little.
Tutti e due sono stati comunque eccezionali: nessuna imperfezione, nessuna sbavatura. Non è mancato neppure l’immancabile omaggio ai Beatles (con Octopus’s Garden tra le note di Whatever). La mia anima pugliese ha barcollato solo un po’ durante l’ esecuzione di Do You Know What I Mean, perché in testa le lyrics si sovrapponevano esattamente a quelle baresi degli Oeasais, alias i comici Toti e Tata (i quali, tra l’altro, nelle stesse ore si esibivano alla Fiera del Levante di Bari e a ottobre suoneranno all’Alcatraz di Milano).
Più di questo, comunque, agli Oasis (quelli veri), non si poteva davvero chiedere altro, di più. “Grazie per essere rimasti vicini a noi per tutti questi anni, senza di voi tutto questo non sarebbe stato possibile“, ha chiosato Liam Gallagher dal palco, in un inedito impeto di tenerezza (e quasi di emozione, ma non vorremmo sbilanciarci troppo). Per poi lanciare tamburello e maracas al pubblico.
“Non è stato solo un concerto, è stata una terapia di gruppo” mi ha confessato sulla via del ritorno una ragazza spagnola, che andrà a rivederli anche a Manchester (“ma io sono una fan fan” aggiunge quasi a giustificarsi).
Cosa volesse dire esattamente non lo so, però credo che in fondo avesse ragione: questo tour è la dimostrazione che se ce l’hanno fatta loro, i Gallagher – non dico a riconciliarsi ma perlomeno a non mandare definitivamente tutto all’aria – allora possiamo farcela davvero tutti. Si spera.