Il focus molto accentuato sull’innovazione porta ovviamente la discussione anche sul piano degli investimenti e dell’attrazione di capitali e chiama in causa il contesto geopolitico, con tutte le complessità della fase attuale. Anche su questo fronte, il parallelo con altre realtà non manca e anche elevando il discorso a un livello continentale, uscendo quindi dalla logica nazionale, il rischio è di limitarsi a rincorrere.
L’evento “Sound of Science” casca inoltre a pochi giorni dall’annuncio della Commissione Europea sul lancio di una nuova strategia “per rendere l’Europa il luogo più attraente al mondo per le scienze della vita entro il 2030”. La Commissione, come da annunci, elaborerà un piano di investimenti dell’UE per agevolare il finanziamento delle sperimentazioni cliniche multinazionali e rafforzare le infrastrutture europee di ricerca clinica.
L’annuncio è stato salutato positivamente, ad esempio, dall’Efpia, la Federazione europea dell’associazione e dell’industrie farmaceutiche, che sottolinea come “l’attenzione rivolta a semplificare la conduzione di sperimentazioni cliniche in tutta Europa è fondamentale per aumentare il numero di posti disponibili per i cittadini europei”. Il fattore dell’attrazione degli investimenti e della capacità di convertire gli stessi in trattamenti è cruciale, diversamente i pazienti italiani ed europei non accedono allo stesso ritmo di altre regioni alle opzioni per la cura.
La discussione di scena a “Sound of Science” terrà ovviamente conto di questo e molti altri aspetti, bilanciando il piano italiano, quello continentale e quello globale.
Di certo, come conferma anche l’indagine “Scienza e salute: la voce dei giovani”, la fiducia nella capacità interna di fare ricerca non manca: il 44% dei giovani intervistati pensa che i ricercatori italiani abbiano anche qualcosa in più rispetto agli altri paesi. Tuttavia, gli intervistati temono anche che il contesto possa limitare i professionisti, rendendo complicato il lavoro di ricerca clinica. Secondo il sentiment dell’indagine, a pesare sono la burocrazia che limita il coinvolgimento dei persone e la lentezza delle autorizzazioni (55,2%) ma anche costi alti rispetto ad altre nazioni (31,1%) e scarso livello di digitalizzazione e infrastruttura tech (24,2%).
Le soluzioni esistono, come commenta Valentino Confalone, Amministratore Delegato di Novartis Italia: “Crediamo nel nostro Paese e nella sua eccellenza nella ricerca medico-scientifica, per continuare a portare innovazione ai pazienti italiani. Ora è il tempo di cambiare passo e superare gli ostacoli che ritardano l’accesso all’innovazione per i pazienti e limitano la crescita del settore, non riconoscendone il valore. Serve una transizione verso un nuovo modello integrato di gestione delle risorse sanitarie, incentrato sui percorsi di cura e sulla centralità dei dati, per superare l’attuale gestione a silos della spesa sanitaria e i suoi meccanismi distorti di finanziamento. Il nostro impegno si concentra alla frontiera dell’innovazione e ci vede lavorare al fianco di tutti gli attori del sistema salute, per favorire l’emergere di nuovi modelli e di nuove competenze”.