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lunedì, Mag 18

Riscoprire la fantascienza di Jack London ai tempi del Covid-19



Da Wired.it :

L’autore di Zanna bianca fu in realtà uno dei primi a raccontare “il giorno dopo” immaginando futuri terribili e – oggi – verosimili in libri come La peste scarlatta. Ma è dai tempi della Bibbia che noi uomini pensiamo alla pandemia come punizione globale

Articolo di Giorgio Costa, professore universitario, autore del romanzo Universum ed esperto di musica

Il vecchio procede a stento sulle gambe malferme. È ricoperto di pelle di pecora. Le gambe, inverosimilmente magre e piene cicatrici, paiono due bizzarri e ridicoli stuzzicadenti. Di fianco a lui, il giovane cammina baldanzoso, spesso lo sopravanza, poi si ferma ad aspettarlo, impaziente.
Sono soli. Intorno, la natura irrompe potente, assediando il sentiero, quasi a volerlo cancellare. È una pista che usano le mandrie selvatiche per spostarsi. Ma è anche stata, in un tempo che ora sembra così remoto da non essere mai veramente esistito, una ferrovia.
Il vecchio racconta. Si chiama James Howard Smith.
Siamo nel 2073. “Gransen” come tutti lo chiamano ora, è l’unico testimone del mondo com’era prima. Quel posto, ora selvaggio e abitato da pochi esseri umani che parlano una lingua rozza e brutale, che a stento lo capiscono, che si procurano il cibo cacciando e raccogliendo… quel posto si chiamava California.

Gransen si sforza di far capire al ragazzo, suo nipote, l’importanza della storia, della memoria. Per evitare gli errori del passato.
Sessant’anni prima, nel 2013, un misterioso virus ha decimato la popolazione mondiale. Lui era un professore universitario, a Berkeley. Se la ricorda ancora la prima vittima nel campus. Stava facendo lezione, il viso della ragazza è diventato rosso, all’improvviso, si è come gonfiato. Nel giro di 20 minuti era morta.
Il panico si era diffuso rapidamente. Il governo, il Consiglio dei Magnati dell’Industria, aveva cercato di correre ai ripari.
La comunità scientifica si era affannata a trovare una cura, un vaccino.
Ma niente…

Cormac Mc.Carthy si è certamente ispirato, in The Road, a questo straordinario romanzo breve di Jack London: La peste scarlatta (The Scarlet Plague) che, profeticamente, con cento anni di anticipo, sembra descrivere l’incubo che abbiamo vissuto in questi mesi.
Il romanzo è apparso per la prima volta nel 1912 su The London Magazine. Insieme a Il vagabondo delle stelle (The Star Rover) e Il tallone di ferro (The Iron Heel ), costituisce il trittico fantascientifico di Jack London. Tutti conosciamo Zanna Bianca, il Richiamo della foresta e Martin Eden, ma con i suoi libri di fantascienza London ha gettato le basi per i filoni post-apocalittico e distopico che tanto sono stati coltivati fino ad oggi.

L’epidemia come forza distruttiva che ha il potere di sovvertire una società che, a torto, si riteneva più forte di ogni cosa. London ha scritto The Scarlet Plague durante il tripudio dei fuochi d’artificio della belle époque che, però, era pervasa da tensioni sempre crescenti che di lì a poco l’avrebbero distrutta alla sue fondamenta.
Oltre che a Poe nel celebre racconto The Masque of the Red Death (La mascherata della morte rossa), c’è un altro romanzo a cui London si è ispirato per The Scarlet Plague. Si tratta di The Last Man di Mary Shelley. L’autrice di Frankenstein, nel 1826, ha immaginato un mondo in preda alle trame dei potenti. Siamo alla fine del XXI secolo quando la peste, inesorabilmente, inizia a diffondersi in Europa. L’Inghilterra inizialmente sottovaluta il problema. Essendo un’isola si ritiene protetta (qualche vaga assonanza con questi mesi?). Invece poi viene investita violentemente e stravolta. I pochi superstiti vagano per il mondo cercando di rifondare una società più giusta.

Sia Shelley che London trasferiscono nelle forme del romanzo moderno una paura atavica dell’uomo, che da sempre campeggia nelle storie: il contagio, la peste, il male che si diffonde inesorabile. Oltre a loro, anche Daniel Defoe, l’autore di Robinson Crusoe, nel 1722, si era cimentato in un romanzo diaristico che ripercorreva le vicende della peste di Londra del 1665: Diario dell’anno della peste (A Journal of the Plague Year). Tutti ci ricordiamo Manzoni e Boccaccio ma, viaggiando ancora più indietro nel tempo, si potrebbe arrivare a Edipo di Sofocle, all’Iliade dove la peste è scatenata dall’empietà di Agamennone nei confronti di Crise, sacerdote di Apollo. Nella tradizione biblica la peste compare numerose volte, sempre come conseguenza dei peccati degli uomini.
Sempre come punizione divina.

Risalendo verso la modernità questa visione viene via via mitigandosi, e la forza distruttrice dell’epidemia non viene più attribuita ai nostri peccati, alle nostre colpe. Resta il fatto che la letteratura, oltre a rappresentare il male per esorcizzarlo, ci richiama, da sempre, alla responsabilità che abbiamo per il dopo, per quando l’incubo finisce.
Responsabilità e possibilità di costruire un mondo migliore di quello passato.

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[Fonte Wired.it]