Nonostante nascano decennali, i 34 obiettivi conservano un senso di urgenza, per esempio chiedendo zero perdite nette di habitat entro 2035 e fornendo un framework misurabile per stati e comunità, riducendo rischi come estinzioni e inquinamento. Alla vigilia di Cop30 questi elementi potrebbero influenzare i piani nazionali, specialmente in aree come pace ambientale e coinvolgimento indigeno, temi emergenti nelle negoziazioni climatiche.
5 pilastri del Regenerative framework
In attesa di scoprire quanto i singoli governi presteranno attenzione alle nuove opportunità di rigenerazione, il mondo delle aziende si sta muovendo autonomamente. Se “la crisi ambientale è anche economica”, come ha appena affermato da Banca mondiale, l’unica strada sarebbe quella di abbandonare il modello estrattivo, ma chi lo fa senza la certezza di non rimetterci denaro? Per averla, servono dati, calcoli, standard, criteri e modalità di valutazione chiari, che infondano coraggio agli imprenditori e li convincano a osare un cambio di rotta. Tra coloro che stanno provando a crearli, c’è la Regenerative society foundation.
Sviluppato in collaborazione con Nativa e testato su alcune delle aziende da cui è stata fondata, (Garc, Gruppo Chiesi, Davines, illycaffè, Nzatu, Persea, Sammontana e Lombardini22) questa realtà sta dando forma a uno strumento pratico e standardizzato per guidare e misurare la rigenerazione dei progetti in modo scientificamente fondato. I pilastri su cui si basa il suo Regenerative framework sono 5, sono circolarità, capitale naturale, clima, benessere ed educazione e sono “assi interdipendenti”.
Quando li illustra, il direttore del comitato scientifico della fondazione Paolo Vineis insiste molto “sull’interconnessione tra i settori del pianeta, ispirata al modello dei limiti planetari, e sulla necessità di superare la sostenibilità tradizionale, a silos, sposando strategie di rigenerazione concrete e misurabili”.
La valutazione che porta alla rigenerazione
Come? Grazie a un elenco di 30 domande che mirano a esaminare da cima a fondo ogni progetto aziendale nella sua interezza, in tutti e 5 gli aspetti chiave per Rsf, assegnando un punteggio da 0 a 10 che ne stima il potere rigenerativo. “Attualmente la valutazione viene effettuata dalle stesse aziende associate, assieme al team della fondazione. È un processo lungo e richiede una collaborazione stretta – spiega Vineis – in futuro vogliamo renderlo scalabile e, a lungo termine, magari creare una certificazione”.
Per quanto riguarda il ruolo delle nuove tecnologie nel futuro della rigenerazione aziendale, regna un forte scetticismo. “Le conoscenze in questo campo sono ancora estremamente frammentate ed eterogenee – continua Vineis – l’intelligenza artificiale rischia di essere pericolosa per mancanza di dati quantitativi di qualità. Serve quella umana per valutare ogni passaggio e la sua validità”.



