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Ritorno al futuro Parte III, con il tempo è invecchiato come il vino

da | Mag 25, 2025 | Tecnologia


Ritorno al futuro – Parte III è uno dei sequel più maltrattati che si ricordino. Quando arriva nelle sale la prima volta, il 25 maggio 1990, viene liquidato da molti come una creatura derivativa di scarsa portata e qualità, quasi una commercialata. Dopo 35 anni, dobbiamo ammettere invece che Robert Zemeckis ci donò una perfetta chiusura del cerchio, con cui salutare Marty e Doc.

Un terzo capitolo che unisce due generi

Molti si stupirono quando Ritorno al futuro – Parte III palesò la sua intenzione di essere un mix tra western e fantascienza. Eppure, già ai tempi del primo, fortunatissimo episodio, Robert Zemeckis aveva sempre avuto chiaro l’obiettivo (condiviso dal cast) di far tornare il tutto dentro i confini della Frontiera, un’epoca che ogni americano avrebbe voluto rivivere. Quel periodo poi si sposava particolarmente bene ai due precedenti capitoli, alla volontà di alzare la posta, dagli anni ‘50 e dal futuro distopico, ecco che si torna ai tempi di cowboy e indiani, in un film che però non rinuncia mai alla fantasia, al divertimento, al ridicolo anche. Ma sotterranea, la sceneggiatura di Bob Gale crea forse l’iter narrativo più equilibrato, più lineare, più connesso ai personaggi che alle loro azioni o all’incasinato andare avanti e indietro nel tempo. Qualcosa che, dopo 35 anni dalla sua uscita in sala, non è stato con ogni probabilità abbastanza sottolineato. Certo, un film questo Ritorno al futuro – Parte III, che è figlio giocoforza dei limiti operativi di un lavoro in contemporanea assurdo, in cui le riprese presso la Monument Valley e in California, si alternano all’editing di Ritorno al futuro – Parte II, mettendo sia Zemeckis che Gale sotto una pressione non da nulla. Ma il risultato finale, sarà quello di offrire al pubblico un’avventura strana eppure avvincente. Ritorno al futuro – Parte III riparte da dove ci eravamo fermati nell’episodio precedente. Marty McFly (Michael J. Fox) nel 1955 viene a sapere che Doc Brown (Christopher Lloyd) è finito indietro nel tempo, al 1885.

L'Impero colpisce ancora

Il 21 maggio del 1980 usciva nelle sale il secondo capitolo della Trilogia di George Lucas, capace di portare la saga verso vette di perfezione assoluta

Arrivato nel 1995 nel film precedente, Marty viene a sapere che Doc verrà ucciso a causa di un debito dal temibile bandito Buford “Mad Dog” Tannen, progenitore del malvagio Biff Tannen (Thomas F. Wilson). Motivo per cui riparare la DeLorean e raggiungere Doc è l’unica soluzione. Ma appena arrivato nel 1885, Marty se la deve vedere prima con gli indiani, poi con un orso e infine con il danneggiamento del suo mezzo, quasi impossibilitato a riportare lui e Doc in salvo nel presente/futuro. Uno degli aspetti fondamentali che rendono Ritorno al futuro – Parte III così originale, è sicuramente la struttura narrativa in cui i ruoli tra i due protagonisti vengono sostanzialmente scambiati. Ora è Marty a dimostrarsi adulto, responsabile, fin troppo razionale, a dispetto dell’aver incontrato i suoi antenati Seamus (sempre Michael J. Fox) e Maggie McFly (Lea Thompson), pionieri scalcinati. Abbiamo indiani, cowboy, sceriffi, abbiamo un pistolero sanguinario da operetta, ma soprattutto abbiamo una decostruzione continua del genere, mentre “Doc” Brown, dopo aver salvato la bella Clara (Mary Steenburgen), riscopre quei sentimenti che fin dalla gioventù ha rinnegato. Riguardano non solo l’altro sesso, ma una visione della vita fatta di condivisione, non più di una solitudine monacale votata alla scienza. Gli scenari scelti, vengono immortalati da una regia di Zemeckis che è un grande omaggio a John Ford, John Huston, al western classico della Hollywood che fu. Ma Ritorno al futuro – Parte III strizza l’occhio divertito anche allo Spaghetti western di Sergio Leone, al mitico duello tra lo Straniero Senza Nome e Ràmon. Martin sceglie come nome di copertura nientemeno che quello di Clint Eastwood.

Un film che permette ai suoi protagonisti di evolversi

Dal confronto nel saloon con Mad Dog, fino alla corsa finale indiavolata su quel treno lanciato a tutta per riattivare la DeLorean, Ritorno al futuro – Parte III  è una vera galoppata dentro le origini del genere, ma anche una sua demitizzazione. In fin dei conti, eleva gli archetipi sì, ma ne mette in mostra pure i limiti della ripetitività. Rispetto a due film precedenti c’è sicuramente un iter più regolare, che di certo in quel 1990 lasciò di stucco il pubblico, dato che nei primi due episodi si era abituato a continui sconvolgimenti, flashback, flashforward, ad andare avanti e indietro nel corso del tempo senza ordine di continuità. Ritorno al futuro – Parte III  invece tutto questo lo evita; non mancano però l’avventura, non manca soprattutto il tema della responsabilità personale, della necessità di combattere contro sé stessi. Salvando Clara, Doc ha alterato il futuro, si chiede se veramente sia il caso di continuare su quella strada, o smettere e rinunciare ad una donna che, nel profondo, sente che è quella che ha atteso tutta la vita. Marty non capisce immediatamente le necessità del suo vecchio amico, per lui conta semplicemente far tornare le cose al suo posto. **Ritorno al futuro – Parte III ** commette l’errore di non dare tanto fiato al villain, al solito efficace Wilson, qui ridotto a macchietta, quando invece era stato nei due film precedenti il simbolo degenere del mito dell’eccezionalismo americano, sosia di Donald J. Trump. Ritorno al futuro – Parte III  ha però nella corsa finale del treno, omaggio al classico di Porter, un mix perfetto di fantascienza e western magnifico, unico. Si tratta di una delle sequenze più elettrizzanti che Robert Zemeckis abbia mai girato.

Ritorno al Futuro

In un’era di prequel, sequel e spin-off Bob Gale esclude nuove storie su Marty e Doc

Quella sequenza è uno dei momenti clou per significati e simbologia di una saga che ha sempre proposto un rapporto molto conflittuale tra uomo, tecnologia e conoscenza. Il pubblico però non gradirà troppo tutto questo, Ritorno al futuro – Parte III incasserà meno di entrambi i suoi predecessori, con 250 milioni di dollari (per dire). Verrà poi definito come dimenticabile da tutti i fan della saga e anche parte della critica. Ma a 35 anni di distanza, forse è il caso di emettere che, semplicemente, Robert Zemeckis ci propose qualcosa di diverso, deciso a dare un addio che fosse degno ai due protagonisti, rendendoli qualcosa di più di un ingranaggio all’interno di una macchina spazio-temporale. Allo stesso tempo, Ritorno al futuro – Parte III  è anche un remind su quel pilastro centrale della società americana, la famiglia, che è il grande, vero, tema centrale di una saga molto critica con l’America, quella degli anni ’80, quella del successo ad ogni costo, del maschio dominante e del trionfo del più forte. Marty McFly e “Doc” Brown, una delle coppie più belle mai viste sul grande schermo, con questo terzo capitolo abbracciano due destini diversi ma simili. Si vira verso il retro futurismo, allo steampunk, ci sono omaggi a George Melies e Jules Verne, alla grande letteratura avventurosa dell’epoca vittoriana, ma soprattutto, si chiude un cerchio esistenziale. Connettendosi a tanti piccoli e grandi snodi illustrati nei due primi film, questo capitolo finale permette ai protagonisti di lavorare sui propri difetti, diventare la migliore versione di se stessi possibile e scongiurare errori e disgrazie. Ma, questa la grande lezione di Ritorno al futuro – Parte III, il futuro non è scritto, non è casuale: lo decidiamo noi.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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