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giovedì, Giu 04

Riusciremo mai a sgomberare il virus CasaPound?



Da Wired.it :

(Foto: Claudio Sisto/Ipa)

L’emergenza coronavirus ha messo sotto chiave il paese. Ma adesso è il momento di ripartire. Non solo per andare in vacanza ma anche per ripristinare la legalità nelle tante sacche da cui è sparita. Una di queste si trova in via Napoleone III, all’Esquilino, nel cuore di Roma. Lì, dal 2003, un grande edificio di proprietà dell’Agenzia del Demanio in uso al ministero dell’Istruzione è occupato da CasaPound, l’organizzazione di estrema destra.
Da ieri si è tornati a parlare dello sgombero di quel palazzo. Come troppo spesso è accaduto, la questione è stata tuttavia maneggiata con scarsa attenzione dalle istituzioni. Almeno nelle prime ore. Illudendo ciclicamente i cittadini perbene che quel luogo che appartiene a tutti possa tornare presto nelle disponibilità del Miur.

La storia è infatti lunga e ricca di ombre. Quasi 17 anni fa, infatti, il ministero aveva subito chiesto lo sgombero, salvo veder morire la pratica nel solito ginepraio burocratico all’italiana, con un rimpallo continuo fra i due soggetti coinvolti (alcuni dirigenti statali sono stati anche indagati lo scorso anno per la mancata riscossione del canone e omessa disponibilità del bene). Nonostante le numerose denunce, la prefettura non ha mai assegnato priorità all’operazione. Che non figura neanche nell’ultimo piano settennale degli sgomberi più urgenti nella capitale.

La prima a parlarne è stata ieri la viceministra dell’Economia Laura Castelli. Se twittava ieri sera “Ho appena saputo che è stato ordinato lo sgombero da Via Napoleone III a Casapound. Ci lavoriamo da tanto, finalmente si ristabilisce la legalità” la sindaca Virginia Raggi le faceva eco con un “Finalmente qualcosa si muove su sgombero palazzo occupato abusivamente da #Casapound in centro a Roma. Ripristiniamo la legalità”.

Rispetto a questi tweet, sono fortunatamente arrivati aggiornamenti proprio nella mattinata di oggi. La Procura della Repubblica capitolina ha infatti chiesto e ottenuto dal Gip il sequestro preventivo, con riferimento al reato di occupazione abusiva, dell’immobile. La questura ha spiegato che “sono in corso le procedure per la notifica del provvedimento“. Un passaggio ufficiale certamente importante che in qualche modo consentirà di procedere su un binario parallelo a quello delle altre inchieste e perfino di sorpassarle, dopo tanti anni di stallo. Ieri, infatti, c’è stato anche un incontro fra alcuni esponenti e la polizia su un imminente sgombero. Che a questo punto esce dalle priorità prefettizie per rientrare all’interno di un provvedimento penale.

C’è un elemento da aggiungere, di certo non secondario. In tempi di cronica carenza di spazi per il Covid-19, e con le attività scolastiche in presenza bloccate da mesi, quel palazzo potrebbe perfino tornare utile per trovare nuove aule in vista della riapertura di settembre. Ignoriamo se le condizioni consentano un rapido recupero e una messa in sicurezza secondo gli standard previsti per una scuola, specie in tempi di epidemia. Ma oltre a riutilizzare le caserme dismesse, come qualcuno propone, potremmo appunto iniziare a recuperare ciò che ci appartiene ed è stato invece sottratto da un’associazione che si richiama a principi estranei alla Costituzione italiana.

Non c’è tuttavia da illudersi. Primo, perché non saremo soddisfatti finché non vedremo quell’edificio restituito alla collettività. E speriamo non vengano costruiti altri ostacoli di carte bollate sulla strada dello sgombero. Secondo, perché la presa di CasaPound sulla città in effetti non molla. Alla fine di aprile e in pieno lockdown (sempre per la storia della caccia alla “movida” e degli occhi chiusi per le cose serie) l’organizzazione neofascista ha infatti appoggiato l’occupazione dell’associazione Area 121 delle proprietà dell’Aeronautica a Ostia. Si tratta di una serie di prefabbricati costruiti negli anni Cinquanta e di proprietà del ministero della Difesa, gestiti appunto dall’Aeronautica militare. Decine di famiglie abitano ora a Villaggio azzurro.

Il punto, come sempre, non è l’eventuale stato di bisogno di chi si trova senza un tetto (sebbene le indagini abbiano appurato la presenza, proprio nel palazzo vicino alla stazione Termini, di persone con regolare impiego, perfino comunale) ma le modalità. Il diritto alla casa è un conto, quello all’occupazione abusiva è un’altra cosa. Di entrambe le questioni se ne dovrebbe parlare nelle sedi opportune: nel primo caso in comune, insieme a servizi sociali, ministeri e associazioni, per trovare soluzioni dignitose ed equilibrate, nel secondo in tribunale.

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[Fonte Wired.it]