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sabato, Apr 04

Robert Walser, lo scrittore da riscoprire ai tempi delle passeggiate proibite



Da Wired.it :

In questi giorni di caos legislativo e autocertificazioni ballerine, in cui i vicini più agguerriti si trasformano in delatori da balcone, facciamo i chilometri con la mente rileggendo l’opera del genio anarchico dello scrittore svizzero

(foto: Wikimedia Commons)

“Vado per il mio cammino; / esso conduce per un pezzo lontano / e pure verso casa; poi senza suono / né parola io sto in disparte.” Ma come in questi giorni di distanziamento sociale questi versi dello scrittore svizzero Robert Walser risuonano nelle nostre vite segregate. Vera e propria contesa sociale, la possibilità o meno di passeggiare nell’Italia sotto pandemia riempie ogni giorno le prime pagine dei giornali, tra fantasiose elucubrazioni e reprimende, oltre che gustosi meme in cui spesso i sindaci ammoniscono improvvisati camminatori smaniosi di uscire di casa in precedenza alquanto sedentari (senza necessariamente ricorrere al lanciafiamme di Vincenzo De Luca).

Sarebbe utile riprendere i romanzi proprio di Walser – vero e proprio feticcio di ogni camminante e maestro riconosciuto niente meno che di, tra gli altri colossi, Franz Kafka, Robert Musil, Elias Canetti o Virginia Woolf – per intraprendere appaganti passeggiate interiori, anche solo su balconi e terrazze abbastanza capienti. In passeggiate ridotte al metro, leggere o rileggere i romanzi così come le prose brevi di Walser potrà farvi respirare aria diversa. Non immaginatevi però uno scrittore che, in quanto amante del vagare sia in città che in campagna o montagna per chilometri e chilometri (da giovane se ne fece persino più di 900 a piedi da Berlino a Bienne in Svizzera), faccia solo dello svago e del dolce far niente la sua tematica. La vita stessa di Walser non è stata affatto semplice, piena di ristrettezze economiche, spaziali (visse in mansarde e spazi davvero angusti) di lutti (e infine di molti anni in case di cura per una diagnosi di schizofrenia), e costretta in occupazioni spesso di servitù o impiegatizie, argomento che è presente nella sua opera: fu impiegato di banca, cameriere, maggiordomo, assistente di uno scienziato… un freelance ante litteram – quelli che oggi sono tra i più fragili di fronte alla possibile crisi economica ventura – sempre a inseguire una stabilità lavorativa pur garantendosi spazi di libertà.

L’assistente, il primo romanzo di Walser che fu tradotto in Italia (Einaudi) e oggi purtroppo fuori catalogo – e forse il suo meno girovago – racconta in modo peculiare proprio quest’ultima esperienza di freelancer. “Una mattina alle otto un giovane si fermò davanti alla porta di una casa isolata dall’aspetto elegante. Pioveva…”: così Walser racconta, trasfigurandola, la propria esperienza attraverso il personaggio camminante di Joseph Marti, possessore di un solo ombrello, che assumerà il compito di assistere lo scienziato un po’ pazzo Tobler in quella sua dimora chiamata Stella della Sera. Marti in fondo cerca una stabilità semplice alla sua irrequietezza costante, si abitua quasi alle bizzarrie delle invenzioni di Tobler (una sonda perforatrice, una seggiola per malati…) quanto in fondo alla vita borghese, alle conversazioni e ai salotti della sua famiglia. Solo la domenica, quando lo scienziato glielo permette, si mette di nuovo a zonzo per il paesaggio elvetico circostante. Poi, sommersa dalle cambiali, il destino dei Tobler cambia radicalmente, la casa crolla e Joseph è costretto ad abbandonarla.

Di segno apparentemente opposto pare uno dei suoi capolavori, I Fratelli Tanner, pubblicato per Adelphi (editore italiano di riferimento per Walser) che immortala un altro alter ego dell’autore svizzero, Simon Tanner, un buono a nulla e outsider per eccellenza amatissimo anche da Kafka, che così lo descrisse: “Corre dappertutto, e alla fine non diventa nulla, se non una gioia del lettore”. Chi è Simon? Forse la sua unica vera professione è quella di definirsi rispetto ai propri fratelli e sorelle – anche se non possiamo certo definire questo romanzo un vero e proprio romanzo familiare. Oppure quella di fare il perenne disoccupato (ma oggi avrebbe sicuramente fatto arrabbiare ogni fautore del reddito di cittadinanza). Simon ama meravigliarsi del mondo nel suo costante passeggiare (“sentivo che il giorno era troppo bello perché potessi avere l’indolenza di profanarlo col lavoro…”), esecra seppur senza forte risentimento i rituali della società, spesso impiegatizia, che pur frequenta (“l’edificio di una banca è proprio una cosa stupida, in primavera. Che effetto farebbe un istituto bancario in mezzo a un rigoglioso prato verde?”, ragiona) ma non è un luddista o un rivoluzionario: la sua rivoluzione unica è passeggiare incessantemente.

Così come straordinariamente girovago è lo stile di Walser, che si appoggia con ironia e solo apparente levità sulla quotidianità con grande nonchalance, saltando, si direbbe, quasi di palo in frasca, trovando inaspettate connessioni poetiche tra le cose, in una realtà cittadina che spesso ne concede di meno rispetto al paesaggio naturale. Non è un romanzo sicuramente solo spensierato, Simon salta da un vagabondare bizzarro all’altro, si immerge nella propria innocenti intimità, elucubra sulla natura che lo circonda così come affronta vari tipi della società (compreso il fratello) che vorrebbero contenerlo, cerca ad un punto persino rifugio dalla sorella Hedwig, fino a chiudere la sua traiettoria tra le braccia della direttrice di un manicomio.

Istituzioni di cura e di controllo, ma anche educativi, ritornano spesso nell’opera di Walser. Se volete scovare un degno parallelo al Castello di Kafka – e anche alcuni genitori italiani magari consolarsi per il vero e proprio tsunami di inutili compiti per i figli, che li stanno colpendo in questo periodo di smart schooling fatto molto all’italiana – lo troverete nello straordinario Istituto Benjamenta descritto dall’autore in uno altro dei suoi classici, il Jakob von Gunten. Un romanzo dell’assurdo in tutti i sensi, che si presenta sotto forma del diario del protagonista. Jakob, scappato dalla propria abbiente famiglia, frequenta come una sorta di volontaria prigionia una scuola per camerieri, appunto il Benjamenta, che paradossalmente istruisce solo attraverso poche regole da memorizzare, tanto che il protagonista lo definisce un “sogno incomprensibile. Qui s’impara ben poco, c’è mancanza di insegnanti, e noi ragazzi dell’istituto Benjamenta non riusciremo a nulla, in altre parole, nella nostra vita futura saremo tutti qualcosa di molto piccolo e subordinato”. Nell’esperienza di Jakob, oltre alle sempre salvifiche passeggiate, la salvezza avviene però in alcuni rapporti umani, con un amico e soprattutto con l’unica insegnante presente, la sorella del direttore, la venerata Lisa. Ma anche qui, come già ne L’assistente, l’Istituzione è destinata a crollare, alla morte di Lisa. La mediocrità assoluta non si insegna se non con la costrizione, pare suggerire Walser tra i denti di un’ironia sempre presente, costrizione ad essere una nullità, che per molti personaggi di Walser, ammalati di vagabondaggio, è quasi come detto una salvezza.

Due compendi della filosofia walseriana sono sicuramente il racconto breve La passeggiata e i testi raccolti in Seeland – nel quale era presente La passeggiata stessa. Il paesaggio svizzero di queste Seeland (Terre dei laghi svizzeri, per Walser paesaggio universale, attorno alla nativa Bienne) è a volte rarefatto altre volte minuziosamente descritto da Walser è pretesto per elucubrazioni intellettuali finissime, dove l’autore svela il proprio canone e i propri personaggi. “Un mattino, preso dal desiderio di fare una passeggiata, mi misi il cappello in testa lascia il mio scrittoio o stanza degli spiriti e discesi in fretta le scale, diretto in strada” si legge nell’esordio del celeberrimo racconto. E da lì una serie di incontri fortuiti permettono – con un libraio, un parroco, un direttore di banca, una cantante lirica, tra gli altri – a Walser di raccontare tutto l’universo che gli sta attorno in modo anarchico e quasi incantato, con la profonda e tragica consapevolezza che quella “naturale e florida vita, tutti i bei colori allegri, ogni gioia di vivere e umano significato, l’amicizia, la famiglia e la donna amata, l’aria dolce e piena di lieti, felici pensieri…” tutto un giorno “dovrà scomparire e morire”. Se c’è quindi qualcosa che può interrompere il vagabondare incessante tra anarchia e stabilità di Walser è proprio la certezza che arriverà per ognuno la propria finitezza a bussare. La raccolta Seeland percorre questo tragitto e il magistrale racconto Vita di un pittore di offre un’altra dichiarazione di poetica, fedele al proprio romanticismo: essere romantici non significa forse nient’altro che aver la capacità di rimanere estasiati dinanzi alle bellezze della vita e alla grandezza del mondo, provare amore per le apparenze e riuscire a vedere acconto al visibile anche l’invisibile.

Tra le tante abilità del Walser scrittore, c’era quella non solo della scrittura di romanzi e prose camminanti uniche, rese ancora più celebri dalla magica scoperta dei suoi famosi Microgrammi  – minutissimi appunti microscopici e abbozzi di testi ritrovati solo successivamente la sua morte, e che hanno richiesto una decifrazione non solo da filologo quanto da investigatore – ma anche quella delle riscritture e della poesia. Consigliamo forse in particolare ai padri di figli annoiati sul divano, la lettura ad alta voce ai propri figli del volume Commedia dove provocatoriamente Walser riscrisse in drammi in versi le fiabe dei Fratelli Grimm: una Bella Addormentata che rifiuta il Principe perché non l’ha lasciata oziare, una Biancaneve ben disponibile a farsi sfruttare dalla Matrigna e le sue sorelle.

Infine, l’editore svizzero Casagrande ha pubblicato di recente, con testo tedesco a fronte e le acqueforti del fratello Karl Walser (che fu ben per molto tempo ben più famoso del fratello Robert) le sue Poesie che ad inizio Novecento l’autore pubblicò a Berlino. Ancora un inno in versi alla solitaria camminata nella natura spesso innevata e abbagliante. Quella stessa natura che come lo accolse riverso, morendo di infarto ultrasettantenne il giorno di Natale del 1956, in una passeggiata fuori dalla casa di cura di Herisau, dove ahinoi passò gli ultimi anni della sua vita. Un luogo che in forma originale lo scrittore Paolo Miorandi ha rivisitato per parlarci di Walser nel suo libro-pellegrinaggio in adorazione Verso il bianco. Diario di viaggio sulle orme Robert Walser uscito per Exorma nel 2019.

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[Fonte Wired.it]