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sabato, Mar 04

Robot, l’Australia li assolda per difendere la barriera corallina



Da Wired.it :

Taryn Foster è convinta che per la barriera corallina australiana in via di estinzione non sia ancora troppo tardi, a patto che riesca ad accelerare gli sforzi per salvarla. Per anni, biologi come Foster hanno aiutato l’imponente ecosistema a contrastare l’aumento delle temperature e l’acidità degli oceani: hanno raccolto frammenti di corallo e li hanno tagliati a pezzi per farli riprodurre e crescere all’interno di vivai sulla terraferma, incrociato specie diverse per svilupparne la resistenza al calore e sperimentato i probiotici come difesa contro le malattie mortali. Tuttavia, trapiantare migliaia di coralli sani nelle barriere danneggiate non sarà sufficiente per salvare interi ecosistemi, spiega Foster: “Abbiamo bisogno di un modo per distribuire i coralli su ampia scala. Un’impresa che sembra tagliata su misura per i robot.

Ecosistema minacciato

In un oceano sano, i singoli coralli – che prendono il nome di polipi – costruiscono il loro scheletro estraendo carbonato di calcio dall’acqua di mare, per poi fondersi con esemplari dotati dello stesso patrimonio genetico fino a formare enormi colonie, quelle che noi chiamiamo barriere coralline. Ma con l’oceano che assorbe dall’atmosfera quantità di anidride carbonica (CO2) sempre maggiori, aumenta anche il livello di acidità nell’acqua, il che fa sì che per i polipi costruire lo scheletro o impedirne la dissoluzione diventi più difficile. L’acidificazione inibisce la crescita dell’ecosistema e, con l’aumento della temperatura degli oceani a livello globale, i coralli stentano a sopravvivere.

Nella Grande barriera corallina, per esempio, negli ultimi decenni la crescita dei coralli è rallentata, in parte perché durante le ondate di calore gli organismi espellono le minuscole alghe che vivono all’interno dei loro tessuti e che forniscono loro le sostanze nutritive, causandone lo sbiancamento. I coralli sbiancati non sono morti, ma sono più a rischio di denutrizione e malattie; inoltre, la riduzione delle barriere coralline ha un impatto devastante sulle migliaia di pesci, granchi e altri animali marini che si affidano a loro per trovare riparo e cibo.

Edilizia applicata alla conservazione

Coltivare coralli sostitutivi in vivaio e innestarli manualmente sulle barriere coralline esistenti richiede molto lavoro, ed un processo è costoso e lento. Per di più, i coralli crescono molto lentamente, impiegando da tre a dieci anni – a seconda della specie – per formare uno scheletro di dimensioni adulte. Con la sua azienda, Coral Maker, Foster sta cercando di accelerare questo processo. Prima di dedicarsi alla ricerca sulle barriere coralline e ai cambiamenti climatici, la biologa lavorava nell’impresa edile di famiglia. Ora sta usando le macchine dell’azienda per produrre forme di calcare che assomiglino agli scheletri naturali dei coralli: il piano è mettere a disposizione degli esemplari più giovani una base adeguata su cui crescere più velocemente.

Il primo prototipo di scheletro artificiale prodotto da Coral Maker è a forma di cupola e presenta sei punti in cui è possibile inserire frammenti di corallo vivo. Il design si ispira alla natura: molte specie di coralli crescono infatti a forma di cupola, mentre altri si sviluppano verso l’alto partendo da una base solida. Tuttavia, gli scheletri a forma di cupola presentano anche delle sfide, spiega Foster: “Non sono facili da produrre come quelli con una superficie piatta, non sono facili da mettere su un bancale e non è facile incollarci cose sopra“. Per questo motivo la biologa sta continuando a perfezionare il suo progetto, in modo che il macchinario arrivi a produrre fino a diecimila pezzi al giorno per pochi dollari. Il processo potrebbe a quel punto essere replicato da altre imprese.



[Fonte Wired.it]