Se è vero che l’uomo, come affermò lo scrittore William Golding, produce il male come l’ape produce il miele, è altrettanto vero che è uno dei modi in cui il male si configura è attraverso le tenebre della violenza, che è proteiforme, secondo il filosofo sudcoreano Byung-chul Han, ovvero che a seconda della conformazione sociale cambia i modi in cui si manifesta. Come ha scritto nel suo saggio seminale Topologia della violenza, “oggi si trasferisce dal visibile all’invisibile, dal frontale al virale, dal corporeo al mediale, dal reale al virtuale, dalla dimensione fisica a quella psichica, dal negativo al positivo e si ritira in spazi sottocutanei, subcomunicativi, capillari e neuronali, cosí da dare l’impressione – fallace – di scomparire”.
La storia d’Italia è disseminata e abitata da storie di violenza, delitti, omicidi, criminalità, storie di cronaca nera che ne hanno cambiato la fisionomia, incidendo sul processo storico-culturale del Paese, che ha contribuito a infittire e mappare il suo cuore di tenebra, il cuore di tenebra del carattere italiano. Se c’è un lavoro che ha indagato e raccontato le vicende più oscure della storia italiana attraverso centocinquantadue racconti di delitti, criminalità e violenza pubblica è il libro di Roberto Casalini, Sangue italiano edito da Neri Pozza.
Il suo libro è un’antologia delle vicende oscure più celebri e sconvolgenti che hanno impattato e riscritto la nostra storia, eventi che ancora si ricordano e che furono celebri ai loro tempi; come la storia del vampiro di Bottanuco, paese del bergamasco in cui nel 1870 si contavano mille anime. Il vampiro in questione non era nient’altro che un uomo, Vincenzo Verzeni, un «sadico sessuale, vampiro, divoratore di carne umana», che uccise in maniera brutale diverse donne tra cui Giovanna Motta ed Elisabetta Pagnoncelli, scampato alla fucilazione per un voto e condannato all’ergastolo.
Sangue italiano: uno sguardo nell’abisso
Agghiaccianti le confidenze di Verzeni a Cesare Lombroso, medico e criminologo italiano, in galera: “Io ho veramente ucciso quelle donne e ho tentato di strangolare quelle altre, perché provavo in quell’atto un immenso piacere”. Ma Sangue Italiano non si limita a raccontare accadimenti e fenomeni di violenza omicida che hanno caratterizzato la storia d’Italia, incasellando una storia dopo l’altra, anno dopo anno, ma edifica un disegno ampio che diventa la preconizzazione del nostro presente, generando una riflessione critica sul passato dell’Italia, fin dai primi anni dell’Unità d’Italia, in cui il neonato regno si trovò a fronteggiare gravi problemi di ordine pubblico, fino ai tempi più recenti di efferato protagonismo da parte della criminalità organizzata, bande e banditi, da Musolino a Mesina, dal Clan dei Marsigliesi alla Banda della Magliana.
Esiste una classe criminale? Si chiede l’autore. Al riguardo, il medico Cesare Lombroso interviene nel suo libro L’Uomo delinquente del 1876, descrivendo il “criminale per nascita”, spinto da patologie ereditarie, anomalie e atavismi. La teoria di Lombroso non era solo un contributo scientifico, ma anche un intervento nel contesto politico dell’Italia appena unificata. Lo studioso mirava a fornire strumenti per consolidare l’ordine sociale, affrontando definitivamente le problematiche legate alla questione meridionale e al brigantaggio. Tuttavia, questo approccio suscitò aspre polemiche e fu oggetto di critiche da parte di eminenti pensatori dell’epoca.