“Non dove voglio il mio mondo”. Sarebbe questo il riassunto del Festival 2020 in una manciata di caratteri. Sono i vocaboli che ricorrono più spesso nei brani, dopo averli compressi in una nuvola
Sul gradino più alto del podio: l’avverbio “non”. Del resto, in questo 2020 così sovranista NON va bene niente, NON funziona nulla e NESSUNO è capace. E le canzonette, si sa, son sempre lo specchio dei tempi. O no(n)? Ricorre oltre 200 volte, ovvero il triplo della parola da medaglia d’argento, “dove” e varianti: dal “dove si vive solo di uno sguardo” di Tosca in Ho amato tutto al “dove tutto è differente” di Michele Zarrillo nel brano Nell’estasi o nel fango, dal “Dov’è” delle Vibrazioni che dà il titolo al pezzo al “dove nascondere le mie paure” di Giordana Angi in Come mia madre. Al terzo posto, “mio”, perché il possesso funziona sempre: “mio marito”, “il mio posto”, “il mio sogno”, “il mio pensiero”…
A seguire, evergreen immancabili:“mondo”, “volere”, “tutto”, “mai”, “amore” (ma meno di quanto ci aspettassimo), “vita”, “tempo”, “musica” (intesa anche “canzoni”)… Qualche termine inglese c’è: “you” (e a noi viene subito in mente la serie Netflix con Penn Badgley), “John”, “Paul”, “love”, “like” (così instagrammabile, così contemporaneo). Tra i riferimenti all’attualità: “tasse”, “razzista”, “Africa”, “centro sinistra”, “stanco”. Spazio anche per “Dio” e “Gesù”, “Buddha”, “la mamma”, “i nani”, “i cani” e “le iene”.
Le parolacce? “S’incazza” Anastasio, del resto il brano s’intitola Rosso di rabbia. Bugo e Morgan chiamano fratello un figlio di “puttana”, ma anche loro lo dichiarano subito nel titolo che saranno “sinceri”. Achille Lauro si trattiene e “se ne frega” e basta.
La nostra parola preferita: facile, il “web”. Per questo, grazie a Junior Cally. Anzi, “No grazie”.
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