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sabato, Ott 05

Sarà Mark Zuckerberg a scegliere il prossimo presidente degli Stati Uniti?


Non è una battuta: il fondatore di Facebook ha già dimostrato di poter mettere i bastoni fra le ruote al suo nuovo nemico Elizabeth Warren. Storia di un conflitto d’interessi che coinvolge la corsa alla Casa Bianca

(foto: Drew Angerer/Getty Images)

Le cose si mettono abbastanza bene per Elizabeth Warren, candidata di sinistra alle primarie del Partito democratico. Joe Biden, a lungo favorito, è alle prese con lo scandalo ucraino (che potrebbe portare all’impeachment di Trump, ma dal quale difficilmente Biden uscirà illeso); Bernie Sanders, il candidato socialista e quindi più a sinistra della stessa Warren, ha invece dovuto sospendere la campagna elettorale in seguito a un ricovero in ospedale, mostrando le inevitabili difficoltà di un’età avanzata (il senatore del Vermont ha 78 anni).

I sondaggi registrano chiaramente queste dinamiche, con Elizabeth Warren che ha lasciato indietro Bernie Sanders e ormai tallona Joe Biden, a meno di due punti percentuali di distanza. Ma se effettivamente vincesse le primarie, la senatrice del Massachusetts non dovrebbe vedersela solo con Donald Trump. L’avversario più temibile rischia infatti di essere un altro miliardario, che ha la metà degli anni del presidente Usa: Mark Zuckerberg.

“Minaccia la nostra esistenza”, “se vincesse sarebbe una rogna” ha detto tra le altre cose Zuckerberg durante un colloquio con i suoi dipendenti (che sarebbe dovuto rimanere riservato e invece è stato registrato e girato a The Verge). E perché il fondatore di Facebook vede tutti questi rischi nella vittoria della candidata alle primarie democratiche? Perché Warren è da sempre paladina non solo di una regolamentazione seria di Wall Street, ma anche della lotta ai monopoli verticali instaurati da Facebook, Google e Amazon.

“Nella loro conquista del potere, hanno distrutto la concorrenza e usato le informazioni personali per guadagnare e spostare gli equilibri a loro favore. Dobbiamo fare a pezzi le grandi compagnie in modo che non abbiano più tutto questo potere”, scriveva Warren in un lungo post-manifesto su Medium, pubblicato a marzo. Dove per “fare a pezzi” non si intende distruggere, ma spezzettare i colossi del digitale in modo che non siano più monopoli.

Ed è per questo che Zuckerberg la considera una minaccia, perché – come da lui affermato – “Warren pensa che le aziende debbano essere ridotte a uno spezzatino”. Tutto ciò è parte della normale dialettica tra business e politica, in cui ognuno segue i suoi interessi o valori. Ma c’è un problema: se volesse, Mark Zuckerberg avrebbe tutto il potere di boicottare la campagna elettorale di Elizabeth Warren e cercare di impedirle di essere eletta.

Un primo assaggio di tutto questo, in verità, si è già avuto. Il post su Medium della senatrice venne infatti pubblicato e sponsorizzato a pagamento su Facebook, diventando virale. Come reazione, il social network bloccò le sponsorizzazioni della pagina di Elizabeth Warren (salvo poi ripensarci).

Facebook, insomma, ha già dimostrato di non gradire che la sua piattaforma le venga usata contro, e anche di non farsi troppi riguardi nel prendere contromisure per impedire che ciò avvenga. Come reagirà qualora una candidata che Zuckerberg considera una “minaccia per l’esistenza di Facebook” dovesse effettivamente avere delle chance di diventare presidente? Resterà a guardare o deciderà di fare qualcosa per impedire che la sua acerrima nemica trovi residenza alla Casa Bianca?

Boicottare la corsa di Elizabeth Warren sarebbe un gioco da ragazzi. Certo, Facebook non potrebbe impedirle di sponsorizzare i suoi annunci perché la cosa si noterebbe subito. Potrebbe però fare qualche modifica al suo algoritmo per ridurre la visibilità della campagna elettorale della senatrice, per assicurarsi che i suoi post non diventino virali, che le notizie che la riguardano non compaiano su troppi newsfeed. Qualcuno potrebbe insospettirsi, ma dimostrare che tutto ciò stia davvero avvenendo sarebbe tutto un altro paio di maniche, visto che l’algoritmo è segreto.

Non solo: chi ci assicura che Facebook non offra supporto logistico ai rivali della Warren, vale a dire alla campagna elettorale di Donald Trump? Non sarebbe nemmeno la prima volta: durante lo scandalo Cambridge Analytica, è emerso come dipendenti del social network lavorassero gomito a gomito con quelli di Cambridge Analytica per aiutarli a ottimizzare il loro lavoro (la vicenda è stata riportata anche nel documentario The Great Hack).

Dopo essere stato travolto da una miriade di scandali, Facebook è sicuramente più cauto di un tempo nelle sue azioni. Ma quando si profila all’orizzonte una “minaccia esistenziale”, la cautela va spesso a farsi benedire. Soprattutto se si può fare affidamento su un algoritmo segreto, su cui nessuno può mettere le mani per valutare quali modifiche siano state apportate.

Già accusato di condizionare l’opinione pubblica (attraverso le fake news prodotte da terzi), Facebook in questo caso non ha solo il potere, ma anche l’interesse a ostacolare direttamente la strada di un candidato presidenziale verso la vittoria. Mark Zuckerberg si trova in un conflitto d’interessi che fa impallidire quello che, nel nostro paese, ha coinvolto Silvio Berlusconi.

Sia perché ciò che avveniva sulle reti Mediaset era sotto gli occhi di tutti, sia perché, ovviamente, l’impatto degli Stati Uniti sulla scena globale è molto superiore al nostro. Ovviamente, che Zuckerberg decida di percorrere una strada simile è solo un’illazione. Proprio come nel caso di Berlusconi, però, il punto è un altro: un’azienda dovrebbe essere messa nelle condizioni di non generare nemmeno il sospetto che una cosa del genere possa avvenire.

Come se ne esce? Le strade sono due: la prima, già più volte paventata, sarebbe costringere Facebook a rendere pubblico il suo algoritmo, in modo che tutti possano monitorare in che modo viene modificato e a che scopo (ma è praticamente impossibile che avvenga, visto che è un segreto aziendale).

La seconda, e più percorribile, è spezzare il monopolio di Facebook, dividerlo da Instagram e Whatsapp e consentire a nuovi concorrenti di emergere, anche bloccando le acquisizioni e le scopiazzature con cui Zuckerberg taglia le gambe a qualunque avversario si profili all’orizzonte.

Esiste già un politico che ha nel suo programma qualcosa di molto simile: è Elizabeth Warren. Ed è esattamente per questo che Facebook, potenzialmente, potrebbe decidere di bloccarne l’ascesa.

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