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martedì, Ott 25

Scienziati migliorano un computer quantistico creando una seconda dimensione temporale con la sequenza di Fibonacci

da Hardware Upgrade :

Secondo uno studio pubblicato di recente, la sequenza di Fibonacci sarebbe una possibile chiave per allungare il tempo utile di funzionamento dei qubit all’interno dei computer quantistici, migliorando così le prestazioni di tali dispositivi. Ciò avverrebbe perché, secondo gli scienziati autori della scoperta, i qubit entrerebbero in un nuovo stato nella materia precedentemente non noto.

Scienziati migliorano un computer quantistico con la sequenza di Fibonacci

La sequenza di Fibonacci è una sequenza nota sin dall’antichità, ma formalizzata dal matematico medioevale italiano, che si ottiene sommando a un numero della sequenza i due precedenti. Ecco dunque che la sequenza è 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21 e così via. La particolarità della sequenza di Fibonacci è che non è periodica, ovvero non è possibile trovare ripetizioni al suo interno.

Per l’esperimento, che ha portato a una pubblicazione su Nature, gli scienziati hanno usato dieci ioni di itterbio all’interno di un computer prodotto da Quantinuum (ex-Honeywell).

L’idea avuta dalla squadra di ricerca è stata di usare la sequenza di Fibonacci per stabilire quando colpire gli ioni con dei laser. Normalmente i laser vengono impiegati come mezzo per “scrivere” e “leggere” le informazioni contenute nello stato quantistico degli ioni, ma tali operazioni vengono effettuate a intervalli regolari. Usando la sequenza di Fibonacci, invece, gli intervalli non sono regolari e proprio questo fatto sembra fare la differenza.

In questo modo i ricercatori sono infatti riusciti a prolungare la durata dell’entanglement tra i qubit da 1,5 secondi a 5,5 secondi, periodo dopo il quale hanno interrotto l’esperimento (il che significa, in realtà, che è possibile che l’entanglement sia proseguito più a lungo).

Il motivo di questo risultato è piuttosto complesso e include la creazione di due dimensioni temporali. Un parallelo che è possibile fare è quello dei cosiddetti “quasicristalli”: strutture in cui gli atomi si organizzano in maniera ordinata, ma senza che ci sia mai una ripetizione nella loro disposizione. I quasicristalli sono effettivamente cristalli, ma solo quando li si guarda in dimensioni superiori (quattro, cinque, sei dimensioni spaziali e così via): in tre dimensioni appaiono senza ripetizioni perché sono una proiezione di strutture ordinate e ripetute in dimensioni superiori. Per fare un parallelo grafico, la tassellatura di Penrose, che consente di coprire un’area con un pattern simmetrico ma senza ripetizioni, non sarebbe altro che la proiezione su un piano bidimensionale di un reticolo a cinque dimensioni.

Gli impulsi laser usati per controllare gli ioni seguono un pattern quasi-periodico, ovvero che risulta ordinato ma senza ripetizioni. Dal punto di vista del tempo, si può dire che la sequenza abbia due dimensioni che vengono compresse in una, come avviene nelle dimensioni spaziali in una tassellatura di Penrose o un quasicristallo. Se usare sequenze ritmiche di impulsi creava una simmetria temporale, l’impiego di questo pattern quasi-periodico fa sì che il sistema giovi di due simmetrie temporali, anziché di una sola. Da qui verrebbe il tempo di coerenza aggiuntivo, che dipende anche dal fatto che gli ioni alle estremità della trappola ionica (in foto) in cui sono inseriti risultano più stabili, con effetti che si ripercuotono sull’intero sistema.

Questa condizione sarebbe a tutti gli effetti un nuovo stato della materia, in cui esistono due dimensioni temporali distinte che “collassano” poi su una sola, dato che la linea temporale in cui viviamo è (per quanto noto) unica.

Il problema che resta da risolvere ora è quello di integrare questa scoperta con le procedure che permettono di usare gli ioni per effettuare i calcoli. “Abbiamo quest’applicazione diretta e allettante [della teoria], ma dobbiamo trovare un modo per applicarla ai calcoli”, afferma Philipp Dumitrescu, autore principale dello studio e ricercatore presso il Centro per la Fisica Quantistica Computazionale del Flatiron Institute di New York. “È un problema aperto a cui stiamo lavorando.”

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