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martedì, Mar 14

Sclerosi multipla, l’aiuto di digitalizzare le terapie



Da Wired.it :

La chiave è un monitoraggio costante dei pazienti, che consente al medico di intervenire non appena dovessero insorgere nuovi sintomi: a questo servono le tecnologie digitali per i pazienti affetti da sclerosi multipla. Il tutto tramite un’app scaricabile sul proprio smartphone o un wereable device. Per raccontarne più nel dettaglio il funzionamento, sul palco di Wired Health, l’evento di Wired dedicato all’innovazione nel campo della salute in calendario il 22 marzo, salirà Luigi Lavorgna, chief digitale della Società italiana di Neurologia e dirigente medico all’azienda ospedaliera universitaria della Università degli Studi di Napoli Federico II.

“La sclerosi multipla è una patologia cronica, che esordisce in età giovanile e che, allo stato attuale, siamo in grado solo di contenere, modificandone il decorso e rallentandone la progressione”, spiega a Wired. Perché questo sia possibile, però, “c’è la necessità di un monitoraggio quotidiano”. Il motivo? “La gestione di queste malattie richiede visite periodiche. Ora, il paziente potrà mai ricordare quello che è avvenuto tre mesi prima? E siamo certi che riporterà un sintomo fugace e che invece potrebbe essere un campanello d’allarme?”.

La risposta è che “solo un monitoraggio da remoto può aiutare un neurologo”. Intanto quello passivo, gestito attraverso un wearable device. “In questo caso si raccolgono dati relativi all’attività motoria e ai disturbi del sonno del paziente”. Il quale viene invece chiamato direttamente in causa quando si tratta di monitoraggio attivo.

Si tratta di utilizzare applicazioni come Floodlight, sviluppata da Roche, che misurano sia il sitema motorio che quello congnitivo. Ma come funzionano? “Su questa applicazione c’è un pinching test spiega Lavorgna -. In pratica sullo schermo compaiono dei pomodorini in una sequenza spaziale causale e il paziente deve schiacciarli con il pollice e l’indice”. Un esame, ci tiene a sottolinearlo, “che si può eseguire anche aspettando la metropolitana: una rivoluzione dell’assessment”.

Ma i pazienti eseguono con regolarità questi test, che devono essere svolti ogni dieci giorni? “Generalizzare non fa mai bene”, la risposta dell’esponente della Società italiana di Neurologia. E aggiunge: L’accettazione da parte dei pazienti è universale. Qualcuno dopo un entusiasmo iniziale aderisce meno e poi c’è il problema inverso: vedo anche delle forme di addiction, con persone che svolgono il test ogni giorno”. Al di là di questi comportamenti, “possiamo dire che la user experience di questa applicazione ne ha reso l’uso più semplice per tutti. Certo, se un paziente ha problemi visivi o acustici legati all’età, questo resta un limite”.

Al momento sono due i centri che hanno ottenuto il via libera all’utilizzo di questa app, entrambi nel Nord Italia. “Ma moltre altre realtà hanno avviato il processo autorizzativo”. Per quanto, aggiunge Lavorgna, “il tema più che procedurale è culturale: la scienza ha legittimato queste applicazioni, i neurologi e i pazienti le vogliono utilizzare”. È la burocrazia, però, ad oppore resistenza. Senza dimenticare che il ricorso a questi strumenti richiede un cambiamento anche da parte dei neurologi. “Il tempo impiegato per osservare i monitoraggi dei pazienti deve essere parte del nostro lavoro. Occorre prevedere che, per due ore al giorno, non si prendono appuntamenti perché bisogna studiare le misurazioni che ci arrivano dall’app”. Dati che, in prospettiva, possono essere d’aiuto anche per la ricerca: “possono aiutarci a capire meglio quando e come insorgono nuovi sintomi”.



[Fonte Wired.it]