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giovedì, Dic 02

Scompartimento n.6, finalmente in Italia il film più bello del 2021



Da Wired.it :

Come non è comune la recitazione di Seidi Haarla (attrice finlandese) e Yuriy Borisov, che a meno di 30 anni è l’attore più ricercato e quotato della Russia (e vedendo il film non è difficile capire perché, raramente si vede un talento così evidente). Entrambi devono andare a fondo nel segreto della recitazione: dare un’intenzione al proprio personaggio e far capire anche che è sporcata dal suo opposto. Sono loro due il ragazzo e la ragazza che condividono uno scompartimento in questo viaggio in Russia. Lei è una studentessa di archeologia, si è lasciata non bene con qualcuno, è un po’ scossa; lui è un uomo molto più rude e decisamente ignorante, un coetaneo minatore pieno di alcol. Entrambi non hanno nessuna voglia di aprirsi, ma per motivazioni diverse e in modi diversi gli eventi del treno li portano ad avvicinarsi per ragioni che il cervello non capirà mai ma il cuore sa bene.

La nostra lingua non ha una parola per il rapporto che stringono. Non è certo una storia d’amore, come non è una storia di sesso e nemmeno una di quelle favole sognanti, ma un racconto che sembra fatto da un amico tanto è realistico e difficile da spiegare a parole (ma facile da capire quando si guarda la ritrosia che diventa confidenza). Lui vuole saltarle addosso, a lei fa schifo, ma entrambi nel recitare queste spinte tradiscono anche l’opposto, un bisogno di sentimento da una parte e una certa fascinazione per un’anima in fondo dolce dall’altra. In nessun posto se non in quel treno, da soli e per fatti loro, queste due persone potrebbero frequentarsi e parlarsi senza disprezzarsi. Juho Kuosmanen lo racconta facendo un’attenzione maniacale ai primi piani e ai volti, cercando in quei toni di colori che ricordano gli anni ‘90 e contaminano di un po’ di patina di ricordo le immagini e grazie ad una sceneggiatura, tratta dal romanzo omonimo di Rosa Liksom, di eccezionale misura e clamoroso umorismo. Scompartimento n. 6 ha infatti anche la delicatezza di saper ridere di sé e degli altri, di usare l’umorismo ordinario delle cose della vita per rendere questa trama più realistica del solito.

Arriverà sul treno un ragazzo con chitarra che potrebbe attirare le attenzioni di lei, ci saranno lunghe pause per le fermate, anche una deviazione in un piccolo centro, c’è una quantità di neve e un freddo palpabili ma anche molto alcol e un finale in un luogo fuori da tutto, come fosse un altro pianeta, in cui chiudere la storia. È un’esperienza da Interrail più che da Erasmus, un film pienamente europeo che tocca corde profondissime e dice in buona sostanza che non ci sono mai sentimenti semplici e che anche il più insignificante e fuggevole dei contatti, uno che probabilmente non rimarrà impresso a lungo nelle vite dei due coinvolti, può essere una fantastica dimostrazione del bisogno degli esseri umani di riconoscersi negli altri. Ma non il bisogno che hanno i personaggi, quanto il bisogno che abbiamo noi spettatori che guardiamo persone così lontane da noi e rivediamo in loro la nostra intimità.



[Fonte Wired.it]