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giovedì, Mar 19

Scuole chiuse, come usare i 10mila euro per il digitale?



Da Wired.it :

Il decreto Cura Italia assegna 85 milioni per l’emergenza coronavirus, circa 10mila euro a scuola. Come usare le risorse per aiutare la didattica online?

Un professore fa lezione a distanza durante l'emergenza coronavirus in Italia (foto di Jacopo Landi/NurPhoto via Getty Images)
Un professore fa lezione a distanza durante l’emergenza coronavirus in Italia (foto di Jacopo Landi/NurPhoto via Getty Images)

A fare una semplice divisione, sono circa 10mila euro a scuola. Tanto investe in didattica a distanza e tecnologie il decreto Cura Italia, l’ultima manovra varata dal governo contro le conseguenze dell’emergenza coronavirus. Ammontano a 85 milioni di euro le risorse del provvedimento, sono 8.094 le istituzioni scolastiche censite dal ministero dell’Istruzione (Miur), i conti sono presto fatti: 10.501,6 euro ciascuno. Le scuole potranno spendere questi soldi per acquistare piattaforme, software e strumenti digitali con cui fare lezioni in rete; per assegnare agli studenti meno abbienti computer, tablet o altri dispositivi utili a connettersi alle classi digitali; formare i docenti.

La differenza a questo punto la farà la ripartizione dei fondi. Darli a chi ha bisogno e il prima possibile, visto che la didattica è destinata a proseguire online ben oltre il 3 aprile. Da un lato, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha anticipato al Corriere della Sera che la chiusura di scuole e negozi sarà prorogata. Dall’altro è lo stesso comitato tecnico scientifico che assiste Palazzo Chigi, come riferisce Repubblica, a indicare che non ha senso riaprire prima di 60 giorni. La via del digitale, quindi, è l’unica strada per proseguire l’attività scolastica.

A chi dare cosa

Il decreto Cura articolo 120, assegna 85 milioni in più per il 2020 al fondo per il funzionamento degli istituti scolastici, che ha 30 milioni di euro di partenza dai tempi della Buona scuola del governo Renzi. La destinazione di queste risorse aggiuntive è vincolata. I primi 10 milioni vanno in acquisti di tecnologie per traslocare online gli insegnamenti (quindi software, connettività, abbonamenti a piattaforme per fare videoconferenze). Altri 70 milioni devono essere utilizzati per mettere tutti gli studenti nelle stesse condizioni di poter seguire le lezioni. Quindi, se qualche famiglia è in difficoltà con la connessione internet o mancano il computer, il fondo interviene per colmare il divario. Gli ultimi 5 milioni vanno alla formazione degli insegnanti.

A conti fatti, calcola la Ragioneria dello Stato, sono circa 10mila euro per istituto. Per il presidente dell’Associazione nazionale presidi (Anp), Antonello Giannelli, “le risorse devono essere distribuite alle scuole che hanno bisogno”. Quindi non a pioggia (se si dividono per gli studenti, dati Miur dell’anno scolastico 2019-2020, fanno 11,1 euro a testa) ma con operazioni mirate. “L’unico strumento sono i monitoraggi, per sapere qual è la situazione delle scuole”, prosegue Giannelli: “Alcune in passato hanno già avuto cospicui fondi, ma la maggioranza no”.

Carlo Mochi Sismondi, presidente di Forum Pa, società di consulenza per la pubblica amministrazione, stima che “circa un quarto delle scuole italiane è avanti nel processo di digitalizzazione. Della restante parte, circa la metà sta facendo qualche passo, per esempio usare il registro elettronico, mentre l’ultimo 25% non ha ancora fatto niente”.

Aiuto agli studenti

Uno dei capitoli più delicati riguarda la voce più sostanziosa della misura, ossia i 70 milioni per tablet e computer in comodato d’uso alle famiglie che, altrimenti, non possono permettersi l’acquisto. “La didattica a distanza dà per scontato che tutti gli studenti la possano ricevere”, osserva Tobia Sertori, segretario generale Flc Lombardia, la sigla dei lavoratori della scuola della Cgil. Mentre la situazione è ben diversa, da scuola a scuola, da indirizzo a indirizzo (“gli istituti tecnici sono più strutturati”, riconosce il sindacalista) e da famiglia a famiglia.

La palla torna i monitoraggi del ministero. “L’assegnazione dipende dal ceto degli alunni”, osserva Giannelli, quindi deve essere frutto di un’analisi dello stato di famiglia. Operazione non facile, in settimane di lavoro da remoto, con le scuole chiuse, ma che inevitabilmente il Miur deve chiudere in tempi stretti, se deve dare i suoi frutti mentre gli studenti sono ancora a casa. “Non sarà facile per il ministero stabilire i parametri”, osserva Mochi Sismondi: “Ci sono pezzi del decreto che superano il criterio dell’Isee (un indicatore di reddito e patrimonio delle famiglie, ndr), in questo caso si userà? O li si ripartirà per classe? Sarà difficile farlo in modo equo e in tempi stretti”.

Lo stesso vale per i fondi per la formazione dei docenti. “Finora abbiamo avuto poche risorse, se non quelle per l’autoaggiornamento”, osserva Sertori, tant’è che strumenti come le Lim (le lavagne interattive) “sono sottoutilizzati”. “Quello che non si può pensare di fare è ritenere che il personale della pubblica amministrazione acquisisca professionalità, che non è detto che abbia, per decreto”, sentenzia Giannelli.

Soluzioni di emergenza

La pandemia ha fatto venire a galla i ritardi tecnologici della scuola italiana. “Condividiamo gli investimenti ed è comprensibile che i maggiori strumenti siano andati agli ammortizzatori sociali, ma questi non risolvono le criticità. La didattica a distanza non c’è mai stata”, osserva Sertori. Per esempio, il decreto stanzia 9,3 milioni per assumere mille assistenti tecnici almeno nelle scuole elementari e medie più grandi fino alla fine dell’anno scolastico. Figura già prevista alle superiori, l’assistente tecnico supervisiona i laboratori, fa manutenzione delle attrezzature, gestisce la tecnologia. “Questa è una richiesta che facevamo da molto tempo. Le assunzioni temporanee, speriamo che siano stabilizzati”, prosegue il numero uno di Flc Cgil Lombardia.

Secondo Mochi Sismondi, esclusi i 70 milioni per la tecnologia, le altre risorse dovrebbero essere concentrate su due priorità. Primo: “Avere banda, almeno 30 mega per fare video lezioni”. Secondo: “Trovare qualcuno che ti accompagni in questa trasformazione tecnologica”. Proprio la mancanza di investimenti nel digitale è una delle contestazioni mosse dalla Commissione europea in un rapporto che monitora i sistemi scolastici degli Stati membri.

Nel frattempo, per tamponare la situazione di emergenza, il ministero dell’Innovazione ha raccolto sulla piattaforma Solidarietà digitale strumenti e piattaforme a disposizione delle scuole per fare didattica a distanza. Mentre Carola Frediani, giornalista ed esperta di digitale, nella sua newsletter Guerre di rete ha raccolto tattiche e strumenti per fare lezione online. “Dobbiamo ottenere competenze telematiche per non dover essere legati all’edificio – osserva Giannelli -, perché potrebbe non essere disponibile. Pensiamo ai sismi, alle inondazioni. È un salto culturale”.

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[Fonte Wired.it]