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martedì, Mag 25

Se la Partita del Cuore si gioca secondo le regole della discriminazione di genere



Da Wired.it :

L’attrice dei The Jackal, convocata all’evento benefico, è stata allontanata alla cena prima del match dal Dg Pecchini: “Da quando le donne giocano a calcio?”

In Italia non si può dire più niente, quanto meno a sentire la narrazione che va per la maggiore. Eppure si continuano a dire cose che in un paese civile dovrebbero essere bandite da qualche decennio. L’ultima ha a che fare con la partita del cuore tra la Nazionale Cantanti e una selezione di personaggi famosi, un evento di beneficenza con cui raccogliere fondi per la ricerca sul cancro. Durante la cena con gli altri invitati, ad Aurora Leone del gruppo comico The Jackal è stato chiesto da uno degli organizzatori, il responsabile della Nazionale Cantanti Gianluca Pecchini (foto sotto), di cambiare tavolo.

Tu sei l’accompagnatrice, non puoi stare qui”, le è stato detto mentre era seduta con il compagno di lavoro Ciro Priello e quando la Leone ha sottolineato di aver ricevuto la convocazione con tanto di divisa su misura e assicurazione di fare del minutaggio in campo, un altro organizzatore ha chiosato: “Sei donna, da quando in qua le donne giocano a calcio? Il completino te lo metti in tribuna”. I due a quel punto hanno lasciato l’albergo, sembra addirittura che siano stati cacciati e hanno deciso di non partecipare alla partita, invitando comunque a continuare a donare per salvaguardare quanto meno il fine nobile dell’iniziativa.

Quello delle donne che non giocano a calcio è uno di quei retaggi che ci portiamo dietro dalla società dei tempi che furono, una sfaccettatura che si aggiunge alle bambine che devono giocare con le bambole, alle donne che stirano e cucinano, che non lavorano e quando lo fanno devono guadagnare meno degli uomini e ricoprire incarichi di minore responsabilità, e via dicendo. Se da una parte sono stati fatti dei progressi per abbattere stereotipi che non hanno alcun senso di esistere, dall’altra ogni tanto la realtà si impone senza fronzoli a ricordarci come il lavoro da fare sia ancora molto. Nel caso del calcio, negli ultimi anni le competizioni femminili hanno visto i riflettori accendersi in modo sempre più definito, tra diritti tv comprati dalle principali società di broadcasting, procuratori à la Mino Raiola che si sono lanciati nel settore, iniziative in giro per il mondo volte a equiparare gli stipendi tra calcio maschile e femminile e arbitre formatesi nel calcio femminile e promosse perfino a dirigere una partita di Champions League maschile.

Eppure l’episodio della partita del cuore ci dice che tutto questo non è bastato, tanto più se l’attacco è arrivato non da un personaggio qualunque ma da un addetto al settore. A ribadire poi ulteriormente come vi sia un’idea distorta in chiave sessista della realtà c’è stata la solita pezza peggiore del buco, con la Nazionale Cantanti che si è vantata di avere uno staff composto da tante donne (in realtà sono quattro su 20, tra cui rigorosamente la segretaria per rispettare i soliti stereotipi di genere) e ha sottolineato di non accettare arroganza, maleducazione e violenza verbale dei suoi ospiti. Morale, la colpa non è dello staff sessista, ma di Aurora Leone che ha denunciato il comportamento dello staff sessista, il format per eccellenza che impedisce alla società di progredire realmente nel combattere le discriminazione e le violenze di genere.

Ma quanto successo nelle scorse ore è anche uno dei più classici esempi di social washing. Mentre la presidenza del consiglio dona decine di migliaia di euro alla Nazionale Cantanti per promuovere una cultura contro la violenza sulle donne, mentre in occasione dell’8 marzo e delle altre date cardine si lanciano messaggi per l’inclusione di genere e ci si dà insomma un’immagine pulita sotto questo punto di vista, nel privato poi gli stessi organizzatori vanno avanti con la solita misoginia, a riprova del fatto che le battaglie spesso vengono fatte più per convenienza e marketing che non per reale pensiero.

Mentre il paese si lamenta di una presunta dittatura del politicamente corretto, la realtà è che lentamente sta venendo a galla quello che esiste da sempre – una società intrisa di discriminazioni di etnia, genere, religione e quant’altro – ma che ora, grazie a una maggiore sensibilità e ai nuovi mezzi di comunicazione disponibile, è più facile denunciare. Il punto non è che non si può dire più niente, ma che finalmente si è aperto un dibattito sul fatto che è ora di smettere di dire certe cose perché il medioevo è finito, e anche da un pezzo.

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[Fonte Wired.it]