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martedì, Gen 14

Secondo i giudici di Torino il cellulare può causare tumori. Cosa dice la scienza?


La Corte d’appello ha confermato una sentenza del tribunale di Ivrea emessa nel 2017: l’Inail dovrà versare un vitalizio a un lavoratore colpito da neurinoma del nervo acustico, data la “probabile” correlazione con l’uso del telefonino per oltre 3 ore al giorno

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(foto: Christopher Furlong/Getty Images)

“Esiste una legge scientifica di copertura che supporta l’affermazione del nesso causale (tra uso prolungato del cellulare e lo sviluppo del tumore, ndr) secondo i criteri probabilistici ‘più probabile che non’. Con questa frase, riportata da Repubblica, la corte d’appello di Torino ha ratificato il pronunciamento del foro di Ivrea con cui, nel 2017, si era affermato il legame tra l’uso (“scorretto”) dei telefoni cellulari e la comparsa di tumori, almeno nel caso di alcune tipologie specifiche.

La sentenza, che gli avvocati hanno definito “storica”, è destinata a riaprire fin da subito l’annoso tema della potenziale correlazione tra le onde elettromagnetiche a cui ci si espone con l’utilizzo degli smartphone e lo sviluppo del cancro.

L’episodio in esame

Il caso su cui la corte si è pronunciata oggi è relativo a un uomo 57enne, dipendente di Telecom a cui nel 2010 è stata diagnosticata una neoplasia detta neurinoma del nervo acustico. Questo tipo di tumore, benigno ma invalidante, è stato asportato insieme al nervo acustico dell’orecchio destro, tant’è che l’uomo oggi è rimasto sordo da quel lato.

Secondo la sentenza, lo sviluppo del tumore è imputabile (o meglio, è più probabile sia imputabile che non) al fatto che per più di 15 anni l’uomo abbia tenuto il telefono vicino all’orecchio per oltre 3 ore al giorno e a volte anche per 4 o 5 ore, necessarie per comunicare con i propri collaboratori e per organizzare il lavoro anche mentre era a casa e in macchina.

Per questo l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail) era stato condannato già tre anni fa a versare al lavoratore una rendita vitalizia da malattia professionale, attraverso un’identità quantificata in circa 500 euro al mese, per tutta la vita. Un importo stabilito nel precedente grado di giudizio attraverso un consulente tecnico nominato d’ufficio dal giudice del lavoro di Ivrea: il danno biologico permanente provocato nell’uomo dal tumore è stato quantificato nel 23%. La sentenza d’appello non ha modificato la decisione precedente.

Le prime reazioni e i verdetti della scienza

Secondo gli avvocati Stefano Bertone e Renato Ambrosio dello studio Ambrosio&Commodo di Torino, che hanno potuto fare leva sui pareri favorevoli espressi dai consulenti tecnici nominati dalla corte, si tratta della “prima [sentenza] al mondo a confermare il nesso di causa-effetto tra il tumore al cervello e l’uso del cellulare”.

I vincitori della causa hanno specificato di non voler “demonizzare l’uso del telefonino”, ma hanno ribadito la “necessità di farne un uso consapevole, facendo riferimento a quella che a loro parere è una carenza generale di informazioni sul tema. Fino ad arrivare a proporre l’apposizione di un’etichetta ‘Nuoce gravemente alla salute‘ sulle confezioni degli smartphone, con la postilla “a meno che non venga utilizzato correttamente.

Va ricordato, comunque, che in generale la scienza non si fa in tribunale, è che l’esito processuale di per sé non è sufficiente a sostenere che la correlazione telefonini-tumori sia scientificamente dimostrata. Di certo è indice di una situazione molto complessa e dai contorni ancora incerti, ma le più recenti ricerche sembrano puntare nella direzione opposta.

Nonostante i cellulari siano sempre più diffusi, infatti, negli ultimi anni non è stato registrato in generale un aumento dell’incidenza dei tumori al cervello. Un risultato confermato anche pochi mesi fa da un rapporto prodotto da Istituto superiore di sanità, Arpa Piemonte, Enea e Cnr-Irea, dal quale non sono emerse conferme di legami causa-effetto. Anche l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (l’Airc) sostiene sulla base di un’ampia documentazione che “le prove disponibili non sono sufficienti per affermare che vi sia un nesso [tra cellulari e tumori, ndr], in particolare per i cellulari di nuova generazione”.

Nel dicembre 2018, inoltre, uno studio trentennale condotto su 17mila persone non aveva trovato alcun collegamento tra telefonini e neoplasie. E per la maggior parte delle autorità mondiali di salute pubblica le onde elettromagnetiche associate ai telefonini sono classificabili come potenzialmente cancerogene (quindi né cancerogeneprobabilmente cancerogene), poiché non ci sono prove sufficienti di un rapporto di correlazione. Tutti concordano, comunque, sul fatto che l’uso del telefonino con l’auricolare sia sicuro.

Per chi invece invoca il principio di precauzionecritica ferocemente la rete 5G e mette in evidenza come la letteratura scientifica ammetta ancora un certo margine di incertezza, la sentenza di Torino sarà certamente un argomento portato a sostegno delle proprie affermazioni.

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