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sabato, Feb 25

Sesso, perché ce ne vuole di più in film e serie tv



Da Wired.it :

Dobbiamo parlare di sesso. A dire il vero, non sarebbe nemmeno così necessario: ci sono già un sacco di persone impegnate a discutere a fondo del tema. Eppure, se non lo facciamo, la sessualità rischia di essere rappresentata molto meno al cinema e in televisione e, francamente, sarebbe un peccato.

Iniziamo con Penn Badgley. Quando di recente l’attore ha dichiarato di non voler più girare scene di sesso nella serie di Netflix You che lo vede protagonista, le sue parole hanno fatto il giro del web. A prima vista, la richiesta di Badgley sembrerebbe ragionevole: ogni attore d’altronde dovrebbe poter decidere se fare o meno qualcosa davanti alla telecamera. Tuttavia, le sue dichiarazioni hanno anche riacceso l’annoso dibattito sulla necessità delle scene di nudo e di sesso all’interno di film o serie tv, e sul comfort di chi guarda: “Pensate a tutti i protagonisti maschili che avete amato. Li avete visti baciare qualcuno? Li avete visti fare qualcosa di più – ha chiesto Badgley nel corso del podcast Podcrushed –? Non è mio desiderio farlo”.

Presumibilmente la richiesta di Badgley non sarebbe accolta in House of the Dragon. Nonostante la loro frequenza, però. le scene di sesso nella serie non danno la sensazione di avere la stessa intensità di quelle in Game of Thrones (che l’interprete di Daenerys Targaryen, Emilia Clarke, ha definite terrificanti da girare). Negli ultimi anni, dopo il #MeToo, su ogni set in cui sono previste scene di sesso ha preso piede la prassi di ingaggiare un “coordinatore dell’intimità”, il cui compito è assicurarsi che tutti siano a proprio agio rispetto a quello che viene filmato e il modo in cui viene fatto. La presenza di questi coordinatori ha fatto diventare le produzioni luoghi più sicuri dove girare le scene di sesso (anche House of the Dragon ne ha uno), ma ha anche generato discussioni sulla necessità stessa del sesso sullo schermo.

Divieti e auto-censura

La risposta breve è che le scene di sesso sono effettivamente necessarie. A volte, perlomeno. La risposta lunga è che hanno una storia così travagliata che ci vorrebbe un sacco di spazio per analizzarle tutta. Tagliando corto e generalizzando possiamo però dire che a partire dagli anni Trenta e fino agli anni Sessanta Hollywood ha iniziato ad autocensurarsi, nel tentativo di riabilitare la propria immagine e ottenere l’autorizzazione a distribuire i suoi film in tutti gli Stati Uniti . Il famigerato Codice Hays – che deve il proprio nome al politico che lo elaborò, Will Hays appunto – raccoglieva i trentasei divieti che regolavano la censura nel cinema americano. Le linee guida, che non riguardavano solo il sesso e la sessualità, limitavano fortemente l’intimità che i registi potevano mostrare sullo schermo. Niente nudità, niente “perversioni” (ovvero contenuti omosessuali) e niente “prime notti” (alla Romeo e Giulietta, per intenderci). Era implicito che se le produzioni cinematografiche avessero seguito queste regole, il governo non sarebbe intervenuto.

Quando il rispetto del Codice Hays ha iniziato a venir meno, soprattutto a fronte dell’agguerrita concorrenza dell’emergente mezzo televisivo, la Motion Picture Association of America ha introdotto il sistema di classificazione dei film tutt’ora in uso, dando modo a un numero maggiore di contenuti espliciti di trovare spazio nei film mainstream. Se da un lato questo ha permesso ai registi di avere un maggior margine di manovra per mostrare rappresentazioni veritiere del sesso e della sessualità, dall’altro ha portato a situazioni di disagio per gli attori (valga il caso di Ultimo tango a Parigi).



[Fonte Wired.it]