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venerdì, Giu 26

Sharing mobility, come cambia: più bici e monopattini, meno auto



Da Wired.it :

Il calo del trasporto pubblico locale spinge il rilancio della mobilità condivisa. L’importanza del dato per pianificare le strategie

AmiGo, il servizio di car e bike sharing di Palermo (fonte: Facebook, credits Francesco Militello Mirto)

Se la bicicletta ha il freno rotto o la ruota bucata, c’è un sistema semplice e non propriamente hi-tech per segnalarlo: “Girare il sellino”. Certo, c’è ancora qualche dettaglio da mettere a punto, ma il bike sharing a Palermo è una realtà consolidata. Ed è proprio la città siciliana a guidare il rilancio del settore della mobilità condivisa, in cerca della ripresa dopo lo stop legato al lockdown, come Wired ha raccontato. Un calo che ha travolto anche i comparti collegati, da quello delle assicurazioni al petrolifero, con flessioni importanti nonostante i prezzi ridotti del carburante. I dati sono stati resi noti nel corso della giornata di apertura della quarta Conferenza nazionale sulla sharing mobility.

Segnali incoraggianti

Il telelavoro ha cambiato le abitudini di mobilità di una porzione importante di lavoratori pendolari. A soffrire più di tutti, emerge dalla conferenza, è il trasporto pubblico: un calo dell’utilizzo tra l’80% e il 90%, con perdite pari (ad oggi) a 800 milioni di euro e che, a fine anno potrebbero sfiorare il miliardo e mezzo. Una flessione in grado di mettere in ginocchio le aziende, costrette a inventare strategie nuove per correre ai ripari. Nonostante tutto, il peggio sembra alle spalle.

Le rilevazioni effettuate dall’Osservatorio sharing mobility nel mese di maggio (sulla base di un campione composto da 12.688 cittadini tra Roma, Milano, Torino, Bologna, Cagliari e Palermo) sono state messe a confronto con i dati raccolti a febbraio 2020: le cifre dimostrano che bici e monopattini in condivisione sono tornati ai livelli pre-Covid 19, un recupero che nell’arco di sole 4 settimane ha toccato rispettivamente i 60 e i 70 punti percentuali e che ricalca quanto già avvenuto in Cina. Le auto sono più indietro.

Conta la predisposizione: chi usava il mobility sharing prima della pandemia si fida ancora, nonostante quello che è accaduto. Gli altri, sfortunatamente non hanno cambiato idea”, assicura Salvatore Di Dio, palermitano doc, un dottorato in fisica e un’esperienza di ricerca incentrata sulle relazioni tra contesto urbano e società digitale. Con la sua società ha partecipato al progetto europeo Muv (Mobility urban values): l’idea è geniale, sfruttare l’approccio innovativo della gamification per veicolare i concetti della mobilità sostenibile. Risultato: una riduzione del 32% delle emissioni di CO2 individuale, per chi ha partecipato al percorso.

Parliamoci chiaro – prosegue il ricercatore –. Le città italiane sono mediamente di piccole dimensioni, con distanze percorribili in modalità altrrnative: l’auto da noi è uno status symbol, più che una necessità reale”. Palermo non fa eccezione. “Il territorio è pianeggiante, in bici si viaggia facilmente, e con una sola tessera si possono usare il bike e anche il carsharing. Ecco il perché di questo dato, che obiettivamente per certi versi può essere sorprendente agli occhi di chi non conosce la realtà locale. L’amministrazione ha fatto un buon lavoro”, aggiunge.

Per il car sharing il futuro resta da scrivere

Da Sud a Nord, la svolta pare avviata. E così, mentre Milano annuncia 35 chilometri di nuove piste ciclabili (quella dalla centralissima piazza San Babila a Sesto San Giovanni, periferia nord, è già in via di completamento), i bonus governativi spingono sempre più verso soluzioni individuali di mobilità “dolce”.

Sono le due ruote a guidare la transizione: durante il lockdown, il campione intervistato ha premiato le bici in condivisione con una valutazione nettamente superiore alle altre: 3,3 punti su 5 contro i 2,6 il car-sharing e l’1,8 dei mezzi pubblici. Il processo si è innescato, ma le incognite restano numerose, a cominciare dai modelli di business, chiamati a trovare un equilibrio tra sostenibilità economica e ambientale.

Il car sharing, invece, lamenta da tempo di forti perdite. Gli operatori sono gelosi dei dati sul fatturato. Quel che trapela è che i margini sono sempre più ridotti: tra assicurazione, tasse comunali, costi di manutenzione e danneggiamenti i costi per vettura rischiano di superare gli utili. E con la sanificazione, necessaria per ristabilire la fiducia con la  base degli utenti, le spese si sono impennate.

Il modello attuale ha mostrato i suoi limiti già nei mesi antecedenti la crisi: Share Now, uno dei principali player, ha cessato il servizio a Firenze a febbraio, dopo ma ha chiuso i battenti anche a New York, Seattle, Washington, Montreal, Vancouver, Bruxelles e Londra. Enjoy ha voltato le spalle a Catania da anni, piegata dai furti.

Per questo gli operatori chiedono da tempo aiuto alle amministrazioni locali, in una visione in cui il privato interpreta un ruolo di supporto nei confronti del settore pubblico in un comparto, quello della mobilità, storicamente difficile e soggetto a “fallimenti del mercato”, soprattutto nelle periferie. Senza esito, per ora: secondo quanto riferito da Aniasa (l’associazione che raccoglie gli operatori dell’autonoleggio), solo Bologna ha risposto positivamente all’appello. E, considerando che la distanza media percorsa in Italia è di circa 8 chilometri, la concorrenza di monopattini e bici si fa sempre più pressante.

Il 36% dei veicoli è già connesso

La leva da manovrare, per tutti, sarà quella della comunicazione. La nuova mobilità, rileva Deloitte, è conosciuta da tutti ma ancora poco utilizzata. La buona notizie è che gli italiani mostrano un’elevata propensione. La telematica aumenta il valore dei veicoli connessi: secondo la società, il 36% delle vetture nel nostro paese è già in grado di collegarsi alla rete, generando un risparmio che per le flotte aziendali può essere significativo grazie all’analisi dei dati.

Il futuro, fatta salva la privacy, sarà sempre più connesso. “Il dato appartiene alla comunità che l’ha creato” chiosa di Dio: “Fino a poco tempo fa un ingegnere trasportista poteva basare le proprie analisi esclusivamente sui dati del Pra (il registro pubblico delle autovetture, ndr) o, al massimo, quelli raccolti dalle telecamere posizionate nelle zone a traffico limitato. Oggi, con la telematica, è possibile effettuare simulazioni estremamente più dettagliate dei flussi, che comprendono anche soggetti prima non raggiungibili. Anche pedoni e biciclette”.

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[Fonte Wired.it]