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mercoledì, Feb 19

Si può fare la banca, senza avere una banca?



Da Wired.it :

Il fintech può risolvere il trilemma che attanaglia le banche da anni e ne ha determinato la crisi, restituendo fiducia ai consumatori. L’opinione di chi naviga nei nuovi mari della finanza tech

Gli emissari della Banca del ferro in Games of thrones
Gli emissari della Banca del ferro in Games of thrones

Può il fintech ridare fiducia alle banche? Sì, superando il trilemma che le affligge. Le banche conservano il denaro di tutti, ma quanti di noi ne hanno fiducia? Le statistiche dicono che sono pochissimi: in solo il 16% delle persone. In parte questo è dovuto a una serie di esperienze negative che ognuno di noi ha fatto negli ultimi anni, dai tango bond alla truffa dei diamanti.

Qualche anno fa ho chiesto un prestito online. Cercavo un prodotto semplice senza dover uscire di casa. Mi sono trovato a dover andare in un’agenzia, a pagare più del previsto e a comprare una polizza assicurativa, nonostante obbligare il cliente ad acquistarla sia illegale e venga multato dalle autorità. Una situazione comune a molte persone, che hanno la chiara percezione di pagare troppo per il servizio che ricevono.

In parte c’entra anche l’immagine del settore finanziario, macchiata dai costi dei salvataggi bancari (ma anche dai tanti scandali, come il finanziamento del genocidio in Sudan). Di recente, la deputata americana Alexandra Ocasio-Cortez ha stroncato Jamie Dimon, amministratore delegato di Jp Morgan, ricordandogli il costo esorbitante del salvataggio di Wall Street nel 2009. Una percezione che anche in Italia conosciamo bene, alla luce dei continui interventi per salvare banche in difficoltà. Sembra incredibile che le banche offrano un servizio scadente a prezzi troppo alti, ma necessitino spesso dell’intervento statale per non fallire.

Il trilemma

Non si tratta di una scelta: è il loro modello di business che le porta a fronteggiare un trilemma che rende impossibile soddisfare nello stesso tempo tutti gli stakeholder, cioè gli azionisti che vogliono redditività, i clienti che desiderano un buon rapporto qualità/prezzo e i regolatori come Banca , che cercano la stabilità del sistema finanziario.

Facciamo un passo indietro per capire le origini del problema: il business model delle banche è basato sul procurarsi soldi usando un’alta leva finanziaria, cioè con poco capitale e tanto debito. Visto che il debito costa meno del capitale, questo è un ottimo modo per migliorare la redditività. Ma visto che i debiti vanno restituiti con scadenze precise, averne tanti è un modo sicuro per rischiare il fallimento.

Non si tratta dell’unico fattore che impatta la redditività: le commissioni pagate dai clienti sono ovviamente ricavi e quindi la aumentano, mentre gli investimenti per migliorare il prodotto sono costi, quindi la diminuiscono.

Torniamo ora al trilemma e vediamo nel dettaglio in cosa consiste:

  1. soddisfare regolatori e clienti vuol dire investire sul prodotto senza alzare le commissioni e tenere una bassa leva finanziaria, che abbatte i rischi. Sotto queste condizioni è però difficile consegnare redditività agli azionisti;
  2. soddisfare clienti e azionisti vuol dire alzare la leva finanziaria per dare maggiore redditività, senza toccare investimenti e commissioni, come succedeva alle banche fino al 2008. Questo però scontenta i regolatori perché mette a rischio la stabilità del sistema;
  3. infine, soddisfare azionisti e regolatori vuol dire tagliare gli investimenti e alzare le commissioni, scontentando così i clienti. Questo è lo scenario in cui ci troviamo oggi e che porta le banche a offrire un basso rapporto qualità/prezzo pur di aumentare i profitti.

Fino a oggi questo modello era l’unico in grado di gestire efficacemente la raccolta di risparmio e il finanziamento di prestiti, quindi in ultima analisi di permettere alla nostra società di raggiungere l’attuale livello di sviluppo.

Cambio di rotta

La situazione però sta cambiando; come ho descritto nel mio libro, Manifesto per una banca senza la banca, la rivoluzione digitale abilita un modello di business alternativo, più efficiente e meno rischioso: il prestito tra privati (o P2P), una delle più importanti innovazioni del movimento fintech (finanza + tecnologia).

Come suggerisce il nome, il prestito tra privati permette a persone e aziende di prestare direttamente ad altre persone e aziende, senza passare per una banca. Spesso chi investe partecipa in realtà a una porzione di tanti prestiti, in modo da avere un portafoglio diversificato e abbattere il rischio del suo investimento.

Per gli investitori è un modo per avere rendimenti più alti del mercato (per esempio Soisy, la piattaforma che ho fondato, dà rendimenti tra il 4% e l’8%, e non è certo un’eccezione nel P2P). Per chi prende a prestito è un modo per avere un servizio efficiente, trasparente e solitamente a costi inferiori: il fatto che le piattaforme di P2P siano startup tecnologiche le porta naturalmente a investire molte energie sul prodotto, con conseguenze positive per la soddisfazione dei clienti.

L’elemento decisivo è però che queste piattaforme non fronteggiano il trilemma delle banche, ma il più semplice dilemma tipico di tutte le aziende: trovare un equilibrio tra la redditività richiesta dagli azionisti e l’alto rapporto qualità-prezzo richiesto dai clienti. Queste piattaforme non hanno infatti il problema di limitare la leva finanziaria, per il semplice motivo che non prestano soldi presi a prestito da altri. In caso di difficoltà, non potrebbero quindi innescare una crisi di tipo bancario, generata da un eccesso di leva finanziaria e amplificata dalla necessità delle banche di tagliare l’erogazione dei prestiti pur di ridurla.

Il fatto di non avere esigenze regolamentari in contrasto con quelle di clienti e azionisti non è quindi dovuto a una dimenticanza delle autorità, ma è un fattore strutturale dato dal fatto che il prestito tra privati non pone gli stessi rischi delle banche alla stabilità del sistema.

Sfide future

Questo non vuol dire che il P2P non ponga sfide regolamentari, ma si tratta di sfide diverse da quelle poste dal sistema bancario (così come per esempio le criptovalute pongono sfide diverse da quelle delle valute fiat) e soprattutto che non riguardano il potenziale impatto sistemico di una crisi.

Si tratta di un fatto la cui rilevanza va ben oltre la soddisfazione dei clienti, perché vuol dire che se il P2P soppiantasse l’attuale modello di banca ci troveremmo in un mondo privo di crisi bancarie, cioè delle peggiori crisi economiche che possano colpire un’economia avanzata.

Se pensiamo alle conseguenze negative della crisi del 2008, che ancora influenzano pesantemente la nostra società, è facile capire l’importanza di questa transizione. Tanto più che il prestito tra privati permette alle persone di sostituirsi alla banca nel punto chiave del suo modello di business, il finanziamento dei prestiti. Quale modo migliore di colmare il gap di fiducia verso le banche e riavvicinare le persone alla finanza?

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[Fonte Wired.it]