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martedì, Mar 14

Siccità: cosa sappiamo del piano del governo



Da Wired.it :

Dovrebbe approdare questa settimana al consiglio dei Ministri il cosiddetto decreto Acqua, una misura d’intervento sulla siccità che, come aveva ribadito pochi giorni fa ai microfoni del Tg1 lo stesso ministro delle infrastrutture e trasporti Matteo Salvini, servirà ad aiutare l’Italia, gli agricoltori e gli imprenditori ad affrontare il periodo di siccità che si tocca già con mano adesso e sembra sempre più minaccioso all’orizzonte. “Come ministero coordineremo una cabina di regia per dare impulso a dighe, invasi, laghi e bonifiche” aveva aggiunto il vicepremier. 

La tabella di marcia era stata scandita già dal primo marzo, al termine della cabina di regia sulla crisi idrica, presieduta dal Giorgia Meloni in persona, insieme al leader del Carroccio e, tra gli altri, i ministri dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, Raffaele Fitto agli Affari europei, Gilberto Pichetto Fratin all’Ambiente, Roberto Calderoli agli Affari regionali e Nello Musumeci con delega a Protezione civile e mare. Al termine del tavolo si era stabilito di definire un Piano idrico straordinario nazionale, d’intesa con le regioni e gli enti territoriali, per individuare le priorità d’intervento, ma anche di lavorare a un provvedimento normativo urgente per semplificazioni e deroghe per affrontare la siccità, oltre all’istituzione della figura di un commissario straordinario con poteri esecutivi rispetto a quanto programmato dalla stessa cabina di regia.

La mancanza di interventi strutturali

A delineare un quadro non certo positivo sul fenomeno, che aveva portato poi alla stessa riunione all’inizio del mese, era stato a fine febbraio il ministro Musumeci, che aveva parlato di una situazione da affrontare non più da un punto di vista emergenziale ma strutturale. Non si tratta “solo” di agricoltura, industria e approvvigionamento alla popolazione: le dighe semivuote infatti compromettono l’erogazione di energia “che per il 20% è idroelettrica” aveva precisato Musumeci, il quale aveva poi aggiunto: “Non c’è mai stata una programmazione strutturale, da decenni non si costruiscono dighe e le reti idriche urbane sono spesso colabrodo

In un’intervista a Radio 24 è lo stesso Musumeci che parla di un mancato utilizzo dei fondi disponibili: “Ci sono 4 miliardi a disposizione delle opere idriche ma le procedure sono talmente disarmanti, soprattutto le autorizzazioni ambientali, per cui molto spesso un amministratore si rassegna”. Ci sono alcuni interventi prioritari secondo il ministro: “È assurdo che nella nostra nazione si debba utilizzare in un anno soltanto il 10% di acqua piovana, mentre in primavera e in estate le aziende agricole soffrono maledettamente e nei centri urbani si è costretti al razionamento. Creare laghetti aziendali, liberare le dighe dall’insabbiamento e costruirne di nuove, utilizzare le acque depurate per le coltivazioni, adeguare gli impianti irrigui alle nuove tecniche di risparmio. Sono rimedi che andavano adottati da tempo, tra tanta indifferenza e in assenza di qualsiasi programmazione”. A domanda diretta però Musumeci nega un possibile razionamento di acqua per gli italiani, nonostante l’Associazione nazionale dei consorzi di bacino parli di 3,5 milioni di cittadini a rischio : “Il razionamento, che spetta ai governatori e ai sindaci dei territori, è solo un’estrema ipotesi che in questo momento non si presenta”. Intanto però, l’Osservatorio Permanente dell’Autorità del Fiume Po parla di 19 comuni piemontesi – soprattutto nelle provincie di Novara, Verbano Cusio Ossola e Cuneo – per i quali è scattato il massimo livello di severità idrica.

Il livello del riempimento del lago di Garda è sceso al 25%, facendo emergere il collegamento dalle coste con la piccola isola di San Biagio

Secondo l’Autorità del fiume Po, lo stress idrico registrato a gennaio e febbraio sta peggiorando in tutto il Nord ovest: il 6,5% dei Comuni di Piemonte e Lombardia ricorre alle autobotti

Fiumi e laghi in sofferenza

Già a febbraio era stato lanciato l’allarme siccità. Coldiretti precisava che l’ondata di gelo e le nevicate, dopo un mese di gennaio che aveva segnato quasi un grado e mezzo in più rispetto alla media al nord, “non compensano il pesante deficit idrico del Paese, dove nel 2022 si è registrata il 30% di precipitazioni in meno” con il conseguente stoccaggio idrico più basso. A soffrire è soprattutto il Po, già provato da un 2022 secco: “Al Ponte della Becca a Pavia il Po – dicevano a febbraio – è a meno 3,3 metri rispetto allo zero idrometrico, con rive ridotte a spiagge come in estate”

Anche Legambiente Lombardia pochi giorni prima parlava di laghi prealpini semivuoti e grandi laghi già allo stremo: nel Garda mancano 220 milioni di m3 per l’irrigazione. L’immenso bacino idrico che deriva dai cinque laghi che orlano l’arco prealpino viene utilizzato per uso irriguo ma la situazione è già pessima: “In rapporto alle medie degli ultimi 15 anni, nei bacini idroelettrici alpini manca oltre il 25% dell’acqua normalmente presente in questa stagione”. Ma il 2023 potrebbe rivelarsi l’anno più caldo di sempre con +1,44 gradi sopra la media nei primi due mesi dell’anno. A dirlo è un’analisi sempre della Coldiretti su dati Isac Cnr, che rileva le temperature in Italia dal 1800 ed evidenzia anche precipitazioni al di sotto della media nel primo bimestre dell’anno dopo un 2022 in cui è caduta il 30% di pioggia in meno. L’anomalia riguarda l’intera Penisola dove la temperatura è stata comunque superiore di 0,76 gradi nei primi due mesi dell’anno. 

I numeri

La siccità intanto non molla la presa nella maggior parte della Pianura padana. Se l’Emilia Romagna presenta qualche indicatore positivo, in Piemonte e Lombardia resta una situazione di “conclamato stress idrico”. Lo sottolinea l’osservatorio permanente dell’Autorità di bacino del Po, che ha rilevato praticamente lo stesso quadro di un mese fa, peggiorato nelle ultime settimane dalla mancanza di piogge in grado di colmare, anche solo in parte, il deficit ereditato dal 2022. Questo avviene alla vigilia di una stagione irrigua per l’agricoltura ricca di incognite, dove l’acqua disponibile appare già non sufficiente. Secondo i dati dell’Autorità di bacino raccolti insieme alle Arpa regionali, le portate rilevate nelle stazioni lungo l’asta del Po in tutte le regioni rimangono, al 6 marzo, ancorate ad uno stato di “estrema o media gravità”. A soffrire non sono solo i fiumi ma anche i laghi che mantengono quote minime: il Garda risulta ad oggi quello in maggior crisi con un riempimento solo del 25%, il Maggiore registra un riempimento del 41,5%. Tutto questo chiaramente potrà avere dei riflessi sull’agricoltura: per Coldiretti, sono circa 300mila le aziende agricole e gli allevamenti in difficoltà nel centro nord Italia, che mette a rischio un terzo delle produzioni italiane della Pianura padana.

 All’inizio di marzo, nonostante alcuni giorni di pioggia e nevicate sui crinali, le falde acquifere sotterranee permangono in sofferenza in Emilia-Romagna. Ad essere più colpita è la provincia di Reggio Emilia (-80%), poi arriva Modena (-57%) e Parma (-50%), ma anche Rimini (-49%), Bologna (-47%) e Ferrara (-35%). I dati derivano da una rilevazione fatta nei primi due mesi del 2023 dall’Osservatorio Falde Cer-Anbi. Intanto il fenomeno, va detto, non si ferma certo ai nostri confini nazionali: la situazione delle falde acquifere della Francia ad esempio “è peggiorata ed è scarsamente soddisfacente”, dopo l’anno scorso e il più recente lungo periodo senza pioggia. Ne parla un bilancio ufficiale pubblicato dal Bureau des recherches géologiques et minières (Brgm) di Parigi. “L’insieme delle falde registrano livelli al di sotto di quelli normali. L’80% sono a livelli tra il moderatamente basso e il molto basso”, spiega il report che parla di “grande incertezza” per i prossimi mesi.



[Fonte Wired.it]