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mercoledì, Lug 31

Siete pronti per entrare nel mirror world?


Il mirror world di fatto non esiste ancora, ma sta arrivando. Presto ogni cosa nel mondo reale avrà il suo gemello digitale. Il cofondatore di Wired Kevin Kelly ne parla in questo estratto in anteprima dal numero dell’estate 2019 di Wired

(foto: BRENDAN SMIALOWSKI/AFP/Getty Images)

Ogni dicembre, Adam Savage – star del programma televisivo MythBusters – Miti da sfatare – propone un video nel quale riesamina i suoi oggetti preferiti dell’anno che si sta chiudendo. Nel 2018 tra i suoi preferiti c’era un visore per la realtà aumentata di Magic Leap. Dopo avere doverosamente ricordato il battage pubblicitario e le reazioni negative che hanno accompagnato il prodotto, Savage descrive la folgorazione avuta mentre provava gli occhiali virtuali a casa, al piano superiore nel suo studio. “Li ho accesi e sentivo i versi di una balena”, dice, “ma non la vedevo. Mi guardavo intorno per cercarla. E a un certo punto l’ho vista nuotare vicino alla finestra, fuori dal mio palazzo! Quindi gli occhiali avevano scannerizzato la mia stanza e sapevano che le finestre erano dei portali e avevano reso la balena come se stesse nuotando in strada. Sono rimasto senza fiato”. Quello in cui Savage si è imbattuto dall’altra parte degli occhiali è uno scorcio del mirror world.

Il mirror world di fatto non esiste ancora, ma sta arrivando. Tra non molto, ogni luogo e cosa nel mondo reale – ogni strada,  lampione, edificio e stanza – avranno il loro gemello digitale a grandezza naturale nel mirror world. Per il momento, indossando un visore Ar (realtà aumentata) è possibile vederne soltanto piccole parti. Un pezzo alla volta, questi frammenti vengono cuciti insieme a formare un luogo condiviso, continuo e parallelo al mondo reale. Lo scrittore Jorge Luis Borges immaginava una mappa grande esattamente quanto il territorio che rappresentava. “Con il tempo”, scriveva Borges, “i Collegi dei Cartografi eressero una mappa dell’Impero, che uguagliava in grandezza l’Impero e coincideva puntualmente con esso”. Stiamo costruendo una mappa 1:1 simile di dimensioni quasi inimmaginabili, e questo mondo diventerà la prossima grande piattaforma digitale.

Google Earth offre da tempo un indizio su ciò che sarà il mirror world. Il mio amico Daniel Suarez è un autore di fantascienza di successo. In una scena del suo ultimo libro, Change Agent, un evaso fugge lungo la costa della Malesia. Le sue descrizioni dei vari ristoranti che s’incontrano per quelle strade e del paesaggio raccontano esattamente quello che ho visto quando ho guidato laggiù di recente, così gli ho chiesto quando avesse fatto il viaggio. “Ho un computer con tre monitor collegati e ho aperto Google Earth. Per diverse sere ho ‘guidato’ sull’autostrada malesiana AH18 con Street View”. Suarez – come Savage – aveva visto una versione grezza del mirror world.

È già in costruzione. Nelle profondità dei laboratori di ricerca delle tech company di tutto il mondo, scienziati e ingegneri sono impegnati in una sfida per costruire luoghi virtuali che si sovrappongano a quelli reali. Cosa fondamentale, i paesaggi digitali che emergeranno sembreranno reali; evocheranno quella che gli architetti paesaggisti chiamano placeness. Le immagini di Street View su Google Maps sono semplici facciate, immagini piatte incernierate l’una all’altra. Ma nel mirror world, un edificio virtuale avrà volume, una sedia virtuale mostrerà la sua sostanza e una strada virtuale avrà strati di superfici, buchi e intrusioni che tutti insieme trasmetteranno un senso di strada.

Il mirror world – un termine reso popolare per la prima volta dallo scienziato informatico di Yale, David Gelernter – rifletterà non solo l’apparenza di qualcosa ma anche il suo contesto, il suo significato e la sua funzione. Noi interagiremo con tutto ciò, lo manipoleremo e ne faremo esperienza come facciamo nel mondo reale.

All’inizio, il mirror world ci apparirà come una serie di strati d’informazioni ad alta definizione che si sovrappongono al mondo reale. Potremo vedere l’etichetta con un nome virtuale torreggiare di fronte a persone che abbiamo incontrato in precedenza. Magari una freccia blu che ci indica il punto giusto dove svoltare. O utili annotazioni appuntate a luoghi d’interesse. (A differenza degli occhiali scuri e chiusi della Vr (realtà virtuale), i visori dell’Ar usano la tecnologia see-through per inserire apparizioni virtuali nel mondo reale.

Alla fine saremo in grado di svolgere ricerche in uno spazio fisico così come possiamo fare in un testo: Trovami tutti i luoghi con una panchina che guarda l’alba lungo un fiume. Collegheremo gli oggetti attraverso link in una rete fisica, così come il web collega attraverso link le parole, ottenendo benefici incredibili e nuovi prodotti.

Il mirror world avrà le sue stranezze e sorprese. La sua curiosa natura duale, in cui si fondono reale e virtuale, renderà possibili giochi e forme d’intrattenimento oggi nemmeno immaginabili. Pokémon Go ci ha dato giusto un assaggio della capacità di esplorazione quasi illimitata di questa piattaforma. Questi esempi sono scontati ed elementari, equivalenti alle nostre prime, lacunose congetture circa ciò che sarebbe stata internet, quando era appena nata e CompuSerbe e Aol muovevano i loro primi passi. Il valore reale di questo lavoro emergerà dai trilioni di combinazioni inattese di tutti questi elementi primitivi.

La prima grande piattaforma tecnologica è stata il web, che ha digitalizzato le informazioni, assoggettando la conoscenza al potere degli algoritmi e ha finito per essere dominata da Google. La seconda grande piattaforma sono stati i social media, che in origine giravano sui telefoni mobili. Digitalizzavano le persone e assoggettavano il comportamento umano e le relazioni al potere degli algoritmi, e sono governati da Facebook e WeChat. Adesso ci troviamo agli albori della terza piattaforma, che digitalizzerà il resto del mondo. Su questa piattaforma, tutti i luoghi e le cose saranno leggibili dalla macchina e assoggettati al potere degli algoritmi. Chiunque dominerà questa grande terza piattaforma diventerà una delle persone o delle aziende più ricche e potenti della storia, proprio come chi oggi domina la prima e la seconda piattaforma. Inoltre, al pari dei suoi predecessori, questa nuova piattaforma determinerà la prosperità di migliaia di altre aziende all’interno del suo ecosistema, e provocherà la nascita di un milione di nuove idee – e problemi – inimmaginabili prima che le macchine fossero in grado di leggere il mondo.

Siamo circondati da scorci di mirror world. Forse niente è riuscito a dimostrare che  il matrimonio tra virtuale e reale è irresistibile meglio di Pokémon Go, un gioco che immerge personaggi ovviamente virtuali nella realtà piena d’inciampi degli spazi aperti. Quando è stato lanciato nel 2016, sembrava di sentire ovunque un soddisfatto preso!, mentre tutto il mondo era impegnato a dare la caccia ai personaggi di questo cartone animato nei parchi locali.

La versione alpha di un mirror world di Pokémon Go è stata abbracciata da centinaia di milioni di giocatori, in almeno 153 Paesi. Niantic, la società che ha creato il videogame, è stata fondata da John Hanke, che guidò i primi passi di Google Earth. Oggi il quartier generale di Niantic è ospitato al secondo piano del Ferry Building, lungo il molo di San Francisco. Finestre a tutta altezza si affacciano sulla baia e sul panorama delle colline più lontane. Gli uffici traboccano di giochi e rompicapi, inclusa un’elaborata escape room a tema navale.

Hanke dice che a dispetto delle tante nuove possibilità  che si sono aperte con la realtà aumentata, Niantic continuerà a concentrarsi su giochi e mappe come modo migliore per padroneggiare questa nuova tecnologia. È nel gaming, nei giochi, che la tecnologia trova il suo incubatore: “Se puoi risolvere un problema per un gamer,  un giocatore, allora lo puoi risolvere per chiunque”, aggiunge Hanke.

Ma quello del gaming non è l’unico contesto in cui stanno emergendo frammenti di mirror world. Microsoft, l’altro grande concorrente nella gara alla realtà aumentata insieme a Magic Leap, è dal 2016 che è impegnata a produrre i suo dispositivi Ar HoloLens. HoloLens è un visore see-through montato su una fascia per capelli. Una volta accesso e avviato, HoloLens mappa la stanza in cui vi trovate. A quel punto dovete usare le mani per manovrare i menù che vi fluttuano davanti, scegliendo quali app o esperienze caricare. Una di queste permette ad esempio di appendere degli schermi virtuali – come nei laptop o negli schermi tv – di fronte a voi.

La visione che Microsoft ha rispetto a HoloLens è semplice: è l’ufficio del futuro. Ovunque vi troviate, potete inserire quanti dei vostri schermi desiderate e lavorare da lì. Secondo la società di venture capital Emergence, “l’80 per cento della forza lavoro globale non possiede una scrivania”. Alcuni di questi lavoratori senza scrivania oggi indossano HoloLens nei magazzini e nelle fabbriche, costruiscono modelli in 3D e ricevono addestramento. Di recente Tesla ha depositato la richiesta per due brevetti per utilizzare l’Ar nella produzione di fabbrica. La società di logistica Trimble produce un elmetto con certificazione di sicurezza con HoloLens integrato.

Nel 2018 le forze armate statunitensi hanno annunciato l’acquisto di 100mila pezzi dell’ultimo modello di visore HoloLens per un lavoro assolutamente non di scrivania: restare un passo avanti ai nemici sul campo di battaglia e “incrementare la letalità”. Di fatto, è probabile che indosseremo gli occhiali Ar al lavoro molto prima che a casa. (Persino i tanto chiacchierati occhiali intelligenti Google Glass stanno entrando tranquillamente nelle fabbriche.)

Nel mirror world, ogni cosa avrà un gemello che l’accompagna. Gli ingegneri della Nasa sono stati i primi a introdurre questo concetto. Conservando un duplicato di ogni macchina che inviavano nello spazio, potevano localizzare un componente che funzionava male mentre la sua controparte si trovava a migliaia di chilometri di distanza. Questi gemelli evolvettero in simulazioni al computer: gemelli digitali.

General Electric, una delle più grandi aziende del mondo, produce macchine enormemente complesse che possono uccidere delle persone in caso di malfunzionamento: generatori di energia elettrica, reattori nucleari sottomarini, sistemi di controllo per raffinerie, turboreattori. Per progettare, costruire e fare funzionare questi enormi congegni, Ge ha preso a prestito il trucco della Nasa: ha cominciato a creare il gemello digitale di ogni macchina. Il turboreattore E174, per esempio, aveva probabilmente un sosia E174 corrispondente. Ognuno dei suoi componenti può essere rappresentato nello spazio tridimensionale e aggiustato nella sua esatta ubicazione virtuale.  Nel prossimo futuro, questi gemelli digitali potrebbero diventare essenzialmente delle simulazioni digitali dinamiche del motore. Ma questo gemello digitale 3D a grandezza naturale è più di un foglio elettronico. Nel momento in cui include un volume, una dimensione e una struttura, agisce come un avatar.

Nel 2016 Ge si rilancia come “azienda industriale digitale”, definendosi come “la fusione dei mondi fisico e digitale”. Che è poi giusto un altro modo di dire che sta costruendo il mirror world. I gemelli digitali hanno già migliorato l’affidabilità dei processi industriali che utilizzano le macchine di Ge, come la raffinazione del petrolio o la produzione di elettrodomestici.

Microsoft, da parte sua, ha allargato la nozione di gemelli digitali dagli oggetti agli interi sistemi. L’azienda sta usando l’intelligenza artificiale (Ai) “per costruire una replica virtuale immersiva di ciò che succede sull’intera superficie della fabbrica”. Quale migliore modo di risolvere i problemi di un gigantesco robot per fresatura a sei assi che sovrapporvi un suo gemello virtuale delle stesse dimensioni, visibile con un dispositivo Ar? L’addetta alla manutenzione vede il fantasma virtuale luccicare sopra quello reale. Studia il rivestimento virtuale per individuare i componenti probabilmente difettosi evidenziati sui componenti reali. Un esperto al quartier generale può condividere in Ar la visione dell’addetta alla manutenzione e guidare le sue mani mentre lei lavora sulle parti reali.

Alla fine, ogni cosa avrà un gemello digitale. Tutto questo sta succedendo più rapidamente di quanto possiate pensare. L’azienda di commercio al dettaglio Wayfair espone diversi milioni di prodotti nel suo catalogo online di arredamento per la casa, ma non tutte le fotografie sono state scattate in uno studio fotografico. Wayfair ha trovato che fosse invece più economico creare al computer un modello tridimensionale fotorealistico per ciascun prodotto. Per capire che si tratta di un’immagine virtuale dovete guardare molto da vicino il mixer da cucina che trovate esposto sul sito di Wayfair. Quando oggi curiosate sul sito dell’azienda, state dando un’occhiata al mirror world.

Adesso Wayfair sta portando lo sviluppo di questi oggetti digitali all’estremo. “Vogliamo che compriate per la vostra casa, dalla vostra casa” dice il cofondatore Steve Conine. La società ha lanciato un’app Ar che usa la videocamera di uno smartphone per creare la versione digitale di un interno. L’app può dunque piazzare un oggetto 3D in una stanza e tenerlo lì anche se voi vi muovete. Con un occhio al telefono, potete girare tra l’arredamento virtuale, godendo dell’illusione di uno scenario tridimensionale. Potete quindi mettere un divano virtuale nel vostro soggiorno, provare a sistemarlo in angoli diversi della stanza e cambiare il tessuto con cui è rivestito. Quello che vedete è molto vicino a ciò che avrete.

Quando chi compra prova un servizio del genere a casa propria, “la probabilità che compri è 11 volte superiore”, sostiene Sally Huang, responsabile di un’app Ar simile proposta da Houzz. Questo è ciò che Ori Inbar, investitore di capitale di rischio in AR, definisce “trasferire Internet dagli schermi al mondo reale”.

Affinché il mirror world sia pienamente online, non è sufficiente che tutto abbia un gemello digitale; serve anche un modello 3D della realtà fisica nella quale collocare tutti i gemelli. I consumatori lo faranno in larga misura da soli: quando si osserva una scena attraverso un dispositivo, in particolare degli occhiali indossabili, wearable, minuscole videocamere integrate inquadrano quello che ci circonda mappando ciò che vedono. Le videocamere catturano soltanto strati di pixel, il che non significa molto. Ma l’intelligenza artificiale – incorporata nel dispositivo, nel cloud, o in entrambi – darà un senso a questi pixel; fisserà il punto in cui vi trovate in un posto, nello stesso istante in cui valuterà che cosa c’è in quel posto. Il termine per definire quanto appena detto è Slam – localizzazione e mappatura simultanea – ed è già una realtà.

Per esempio, la startup 6D.ai costruisce una piattaforma per sviluppare app Ar in grado di rilevare grandi oggetti in tempo reale. Se io uso una di queste app per scattare una foto di una strada, l’app riconosce ogni singola auto come un oggetto-auto separato, ogni lampione come un oggetto alto diverso dagli oggetti-albero vicini e le vetrine dei negozi come oggetti piani dietro le auto, suddividendo così il mondo secondo un ordine sensato.

E questo ordine sarà continuo e connesso. Nel mirror world gli oggetti esisteranno in relazione alle altre cose. Le finestre digitali esisteranno nel contesto di un muro digitale. Anziché essere generate da chip e larghezza di banda, le connessioni saranno contestuali, generate dall’Ai. Il mirror world, allora, crea anche il tanto sbandierato internet delle cose.

Un’altra app sul mio smartphone, Google Lens, riesce a individuare oggetti distinti. È già abbastanza intelligente da identificare la razza di un cane, il disegno su una maglietta, o la specie di un albero. Presto queste funzioni s’integreranno. Quando guarderete nella vostra stanza con gli occhiali magici, il sistema raccoglierà tutto pezzo per pezzo, informandovi che lì sulla parete c’è un’acquaforte incorniciata e là una tappezzeria a quattro colori, e che questo è un vaso di rose rosse e quello un tappeto persiano antico, e che laggiù c’è un posto vuoto grazioso che sembra fatto apposta per metterci il vostro divano nuovo.  A quel punto, basandosi sui colori e gli stili dell’arredamento già presente nella stanza, vi raccomanderà un divano di quel dato colore e di quello stile. Vi piacerà. Vi suggerirà anche una bella lampada…

La realtà aumentata è la tecnologia  alla base del mirror world; è il neonato impacciato che crescerà fino a diventare un gigante. “I mirror world t’immergono senza spostarti dallo spazio. Sei ancora presente, ma su un piano di realtà differente. Pensa a Frodo quando s’infila l’Anello. Invece che tagliarti fuori dal mondo, formano una nuova connessione con esso” scrive Keiichi Matsuda, ex direttore creativo di Leap Motion, società che sviluppa tecnologia hand-gesture per Ar.

Per la piena fioritura del mirror world dovremo attendere occhiali indossabili tutti i giorni a prezzi accessibili. Sono sempre più insistenti le voci secondo cui una delle maggiori aziende tecnologiche sta sviluppando un prodotto del genere. Apple ha fatto parecchie assunzioni legate all’Ar e di recente ha acquisito una startup chiamata Akonia Holographics, specializzata in lenti per occhiali intelligenti, sottili e trasparenti. “La realtà aumentata cambierà tutto”, ha detto il Ceo di Apple, Tim Cook, in occasione di una teleconferenza nel 2017. “Penso sia un cambiamento profondo e che Apple sia in una posizione davvero privilegiata per assumere la guida in questo campo”.

Ma non è necessario usare occhiali Ar, si può partecipare usando quasi ogni tipo di dispositivo. Oggi si può fare con lo smartphone Pixel di Google, tuttavia senza la verosimiglianza garantita  dai visori 3D. Anche adesso, oggetti wearable come gli orologi o i vestiti intelligenti (smart clothes) sono in grado di distinguere il proto-mirror world e interagire con esso.

Tutto ciò che è connesso a internet sarà connesso al mirror world. E tutto ciò che sarà connesso al mirror world vedrà e sarà visto da tutto ciò che è presente in questo ambiente interconnesso. Gli orologi individueranno le sedie; le sedie i fogli elettronici; gli occhiali distingueranno gli orologi, anche sotto una manica; i tablet vedranno all’interno di una turbina; le turbine vedranno i lavoratori intorno a esse.

La crescita di un imponente mirror world si baserà in parte su uno spostamento fondamentale già in atto, lontano dalla vita telefono-centrica e verso una tecnologia vecchia di due secoli: la videocamera. Per ricreare una mappa grande come il globo terrestre – in 3d, per giunta – bisogna fotografare tutti i luoghi e le cose da ogni possibile angolazione, per tutto il tempo, il che significa che è necessario avere un pianeta pieno di videocamere sempre in funzione.

Stiamo realizzando questa rete di videocamere distribuite che vedono ogni cosa, riducendo le stesse videocamere a occhi elettrici grandi come punte di spillo che possono essere piazzati dovunque e in qualunque situazione. Come prima di esse i chip per computer, le videocamere stanno diventando anno dopo anno migliori, più economiche e più piccole. Probabilmente ce ne sono già due nel vostro smartphone e un paio di più nella vostra auto. Ce n’è una nel campanello della mia porta. La maggior parte di questi nuovissimi occhi artificiali si troverà proprio di fronte ai vostri stessi occhi, su occhiali o lenti a contatto, in modo da potere catturare tutto quello che noi umani vediamo.

I pesanti atomi delle videocamere continueranno a essere sostituiti con pezzi di software privi di gravità, riducendole a puntini microscopici che scannerizzano l’ambiente 24 ore su 24. Il mirror world sarà un mondo governato da raggi di luce che saettano intorno a noi, raggiungendo le videocamere, abbandonando gli schermi, entrando negli occhi, un torrente infinito di fotoni che disegnano forme dentro cui cammineremo e fantasmi visibili che toccheremo. Le leggi della luce governeranno ciò che è possibile.

Le nuove tecnologie conferiscono nuovi superpoteri. Abbiamo acquisito la supervelocità con gli aerei a reazione, i poteri di superguarigione con gli antibiotici, il superascolto con la radio. Il mirror world promette la supervisione. Avremo una visione tipo quella delle radiografie capace di vedere all’interno degli oggetti attraverso i loro fantasmi virtuali, facendoli esplodere nelle diverse componenti, e sbrogliando i loro circuiti visivamente. Così come le passate generazioni hanno acquisito una cultura letteraria a scuola, imparando a padroneggiare la parola scritta, dagli alfabeti agli indici, le generazioni future impareranno a padroneggiare la cultura visiva. Una persona correttamente istruita sarà in grado di creare un’immagine 3D all’interno di un paesaggio 3D quasi con la stessa rapidità con la quale uno di noi oggi può digitare delle parole. Sapranno come esaminare tutti i video mai realizzati grazie all’idea visuale che hanno nelle loro teste, senza avere bisogno di parole. La complessità dei colori e delle regole della prospettiva saranno un patrimonio comune, come le regole della grammatica. Sarà l’Era fotonica.

Ma ecco la cosa più importante: i robot vedranno questo mondo. Di fatto, questa è già la prospettiva dalla quale le auto a guida automatica e i robot vedono il mondo oggi, quello della realtà che si fonde con un’ombra virtuale. Quando un robot è finalmente in grado di camminare in una strada cittadina affollata, la visione che avrà nei suoi occhi di silicone e nella sua mente sarà la versione mirror world di quella strada. La capacità del robot di muoversi in quel contesto dipenderà dai contorni mappati in precedenza di quella strada: le scannerizzazioni 3D di lampioni e idranti sul marciapiede, il posizionamento preciso della segnaletica stradale, i mirabili dettagli  dei vani d’ingresso delle case e delle vetrine dei negozi resi dalle scannerizzazione dei rispettivi proprietari.

Ovviamente, come tutte le interazioni nel mirror world, questo regno virtuale sarà disteso sopra la visione del mondo fisico, così il robot vedrà anche i movimenti in tempo reale delle persone mentre camminano. Lo stesso varrà per le auto guidate dall’Ai: anch’esse saranno immerse nel mirror world. Si affideranno alla versione completamente digitalizzata di strade e auto fornita dalla piattaforma. Gran parte della digitalizzazione in tempo reale delle cose in movimento sarà fatta da altre auto che circolano in modo autonomo, perché tutto ciò che un robot vede verrà proiettato immediatamente nel mirror world a beneficio di altre macchine. Quando un robot guarda, lo farà sia per sé sia per fornire una scannerizzazione per altri robot.

Anche nel mirror world i bot saranno integrati; saranno dotati di una struttura 3D, virtuale e fotorealistica, sia che si tratti di macchina, animale, umano o alieno. All’interno del mirror world, agenti come Siri e Alexa assumeranno forme 3D che potranno vedere ed essere viste. I loro occhi saranno i miliardi di occhi incorporati della matrice. Saranno in grado non solo di sentire la nostra voce, ma anche, osservando i nostri avatar virtuali, di vedere i nostri gesti e cogliere le nostre minime espressioni e i nostri stati d’animo. Le loro forme spaziali – facce e arti – aumenteranno le sfumature delle loro interazioni con noi. Il mirror world sarà l’interfaccia irrinunciabile in cui incontreremo le AI, che altrimenti sarebbero spiriti astratti nel cloud.

Esiste un altro modo di guardare agli oggetti nel mirror world. Questi possono avere un duplice uso, svolgendo ruoli differenti in piani differenti. “Possiamo prendere una matita e usarla come una bacchetta magica. Possiamo trasformare i nostri tavoli in touch-screen”, scrive Matsuda.

Saremo in grado di scompaginare non solo luoghi e funzioni degli oggetti ma anche il tempo. Immaginiamo che camminando lungo un sentiero che costeggia il fiume Hudson, quello vero, io noti un piccolo nido di cui la mia amica appassionata di bird-watching sarebbe contenta di conoscere l’esistenza. A quel punto le lascerei una nota virtuale su quello stesso sentiero, che resterebbe lì fino al suo passaggio. Lo stesso fenomeno di persistenza lo registriamo con Pokémon Go: creature virtuali che rimangono in un luogo fisico reale, in attesa che qualcuno le veda. Nel mirror world il tempo è una dimensione che può essere adattata. Lontani da quanto accade nel mondo reale, ma molto vicini al mondo delle app software, sarete in grado di tornare indietro nel tempo.

La storia sarà un verbo. Con un semplice gesto della vostra mano, potrete tornare indietro, in qualunque luogo, e vedere che cos’è successo prima. Potrete distendere una visione ricostruita del XIX secolo proprio sulla realtà attuale.  Per visitare un luogo in un’epoca anteriore, non dovrete fare altro che tornare a una versione precedente tenuta in memoria. Tutto il mirror world sarà come una sorta di file di Word o Photoshop che potete decidere di non aprire o viceversa, di aprire. Gli artisti potranno creare versioni future di un posto, sul posto. La verosimiglianza di questa costruzione artigianale del mondo sarà rivoluzionaria. Questi scenari che è possibile fare scorrere in avanti avranno il peso della realtà perché saranno nati da un mondo presente a grandezza naturale. In questo modo, il mirror world può essere meglio definito come un mondo 4D.

Come il web e i social media prima, il mirror world si dispiegherà e crescerà, creando problemi indesiderati e benefici inattesi. Cominciamo dal modello d’impresa. Cercheremo di lanciare la piattaforma tramite la scorciatoia della pubblicità? Probabile. Sono vecchio abbastanza da ricordarmi Internet prima che venisse utilizzato per attività commerciali, ed era già troppo spiantato per crescere. Un mirror world senza sviluppi commerciali sarebbe infattibile e indesiderabile. Tuttavia, se l’unico modello d’impresa consiste nel vendere la nostra attenzione, allora avremo un incubo, perché in questo mondo la nostra attenzione può essere tracciata e direzionata con una maggiore precisione, il che la espone a un facile sfruttamento.

Su una macroscala, il mirror world caratteristica fondamentale del mirror world saranno i profitti crescenti. Più persone lo usano, meglio funziona. Meglio funziona, più persone lo useranno, e così via. Il circuito autorinforzante è la logica primaria delle piattaforme, ed è la ragione per cui le piattaforme – come il web e i social media – crescono così in fretta e in modo tanto esteso. Ma questa dinamica è nota anche come chi-vince-prende-tutto, perché saranno uno o due soggetti a dominare le piattaforme. Oggi cerchiamo di immaginare in che modo rapportarci con questi monopoli naturali, queste strane nuove bestie come Facebook, Google e WeChat, che presentano caratteristiche tipiche dei governi o delle grandi aziende. A confondere ulteriormente la visuale, tutte queste piattaforme sono una miscela disordinata di centralizzazione e decentralizzazione. Sul lungo termine, il mirror world potrà sopravvivere solo in quanto utility; al pari di altre utility come acqua, elettricità o banda larga, dovremo pagare una tariffa ricorrente, un abbonamento. Saremo felici di farlo quando (e se) penseremo di ricavare un vero valore da quel luogo virtuale.

L’emergere del mirror world colpirà tutti noi a un livello profondamente personale. Sappiamo che ci saranno gravi conseguenze fisiologiche e psicologiche nell’abitare in mondi doppi; abbiamo già imparato dalle nostre esperienze di vita nel cyberspazio e nelle realtà virtuali. Ma non sappiamo quali saranno questi effetti, tanto meno come prepararci a essi o come evitarli. Non conosciamo nemmeno l’esatto meccanismo cognitivo che in prima battuta fa funzionare l’illusione della realtà aumentata.

Il grande paradosso è che l’unico modo di comprendere come funziona la realtà aumentata è costruirla e sperimentarla in prima persona. È il gatto che si morde la coda: è la tecnologia stessa il microscopio necessario per ispezionare gli effetti della tecnologia.

Alcune persone sono davvero preoccupate all’idea che le nuove tecnologie creeranno nuovi danni e che noi ci si arrenda volentieri a questo rischio quando potremmo adottare un principio di precauzione: non consentire alcuna novità a meno che non sia sicura.  Ma questo principio è inapplicabile, perché le vecchie tecnologie che stiamo per sostituire sono ancora meno sicure. Ogni anno muoiono sulle strade oltre un milione d’individui, ma diventiamo straordinariamente rigorosi con i piloti automatici quando uccidono una persona. Ci agitiamo per la brutta influenza dei social media sulla nostra politica, mentre l’influenza faziosa della televisione sul processo elettorale è di gran lunga superiore a quella di Facebook. Il mirror world sarà senza dubbio soggetto a questo doppio standard di norme più rigide.

Molti dei rischi legati al mirror world sono facilmente immaginabili, perché sono gli stessi che rileviamo sulle attuali piattaforme. Per esempio, nel mirror world avremo bisogno di meccanismi per prevenire i falsi, bloccare le cancellazioni illecite, individuare gli accessi indesiderati, rimuovere lo spam e rifiutare gli elementi poco sicuri. Idealmente, potremmo farlo in un modo accessibile a tutti i partecipanti, senza coinvolgere un Grande Fratello supervisore come un’azienda dominante.

La blockchain è in cerca di un impiego e assicurare l’integrità di un mirror world aperto potrebbe essere la ragione per cui è nata. Persone piene di entusiasmo stanno lavorando proprio adesso a questa opportunità. Purtroppo, non è molto difficile immaginare scenari in cui il mirror world viene centralizzato in maniera estesa, magari da un governo. Ma ci resta ancora una possibilità.

I ricercatori in questo campo con cui ho parlato, senza eccezione alcuna, si sono dimostrati estremamente consapevoli dell’esistenza di questi percorsi divergenti e affermano di lavorare alacremente per l’affermazione di un modello decentralizzato: lo fanno per svariate ragioni, su tutte quella che una piattaforma decentralizzata e accessibile sarà più ricca e robusta. Clay Bavor, vicepresidente di AR e Vr a Google, afferma: “Vogliamo un servizio aperto che migliori ogni volta che qualcuno lo usa, come il web”.

Il mirror world solleverà maggiori preoccupazioni in materia di privacy. In fin dei conti conterrà un miliardo di occhi che scrutano in ogni angolo e direzione, convergendo in una visione continua. Con le sue legioni di occhi e altri sensori, il mirror world produrrà una tale impressionante mole di dati e big data, di cui al momento ci è impossibile anche solo immaginare le dimensioni. Per fare funzionare questo regno spaziale – per sincronizzare i gemelli virtuali di tutti i luoghi e di tutte le cose con i luoghi e le cose reali, mentre sono resi visibili a milioni di persone – sarà necessario tenere traccia di persone e cose a un grado tale che non si può che definire uno Stato di sorveglianza totale.

È istintivo indietreggiare davanti a un simile spettro di big data. Possiamo immaginare così tanti modi in cui potrebbe danneggiarci.  Ma esistono anche situazioni in cui i big data potrebbero portarci dei benefici e il primo è il mirror world. La strada per padroneggiare i big data in modo che i vantaggi superino gli svantaggi è incerta, complessa e per nulla scontata.

Tuttavia abbiamo già qualche esperienza che può guidare il nostro approccio al mirror world. Le buone pratiche includono la trasparenza e la responsabilità (accountability) obbligatori per tutti i soggetti che maneggiano i dati; la simmetria nel flusso delle informazioni, in modo che chi controlla sia a sua volta controllato; e l’insistenza nell’esigere che chi crea i dati – voi e io – riceva dal sistema dei chiari benefici, compresi quelli economici. Sono convinto che esista un percorso possibile per la gestione di questi dati onnipresenti, perché il mirror world non è l’unico luogo in cui verranno accumulati. I big data saranno ovunque. La mia speranza è che partendo con il piede giusto, il mirror world possa essere il luogo in cui trovare la risposta a tutto ciò. 

Sin dagli albori di internet, il mondo digitale era visto come un cyberspazio incorporeo: un regno intangibile separato dal mondo fisico e così diverso dall’esistenza materiale che quello spazio elettronico poteva rivendicare delle regole proprie. Per molti versi, invece, il mondo virtuale e quello reale sono avanzati in parallelo, senza mai incontrarsi. In quello virtuale si respirava una sensazione di libertà infinita, scatenata dallo scollegamento dalla forma fisica: nessun attrito, né gravità, né inerzia, e tutti quegli impicci newtoniani che ci trattenevano. Chi non avrebbe voluto fuggire nel cyberspazio per diventare la versione migliore (o peggiore) di se stesso?

Il mirror world piega quella traiettoria su di sé. Piuttosto che farli proseguire in due regni separati, questa nuova piattaforma fonde insieme i due mondi così che i bit digitali sono incorporati nei materiali costituiti da atomi. Voi interagite nel mondo virtuale interagendo nel mondo fisico, muovendo i vostri muscoli, battendo i vostri piedi. Informazioni su quella famosa fontana che si trova in una piazza di Roma si possono trovare presso quella fontana di Roma. Per riparare un’aeroturbina di 50 metri, ripariamo il suo fantasma digitale. Prendete un asciugamano nel vostro bagno e diventa un mantello magico. Finiremo per dipendere dal fatto che ogni oggetto contiene i suoi bit corrispondenti, quasi come se ogni atomo avesse il proprio fantasma, e ogni fantasma il suo involucro.

Immagino ci vorrà almeno un decennio prima che il mirror world si sviluppi a sufficienza per essere usato da milioni d’individui e altri decenni ancora perché maturi. Ma oggi siamo sufficientemente vicini alla nascita di quella grande opera da poterne prevedere a grandi linee il carattere.  Alla fine questo mondo mescolato sarà grande come il nostro pianeta. Sarà la più grande conquista dell’umanità,  creerà nuovi livelli di ricchezza, nuovi problemi sociali e infinite possibilità per miliardi di persone. Non esistono ancora esperti per costruire questo mondo; siete ancora in tempo.

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