Al suo interno, le leggi della fisica che regolano l’Universo non valgono più. Si tratta del centro, chiamato anche singolarità, dei buchi neri, la cui esistenza è ormai da tempo messa in discussione dai fisici teorici attraverso modelli alternativi, liberi appunto da singolarità. A fare oggi il punto sullo stato dell’arte in questo ambito è un nuovo studio pubblicato sul Journal of Cosmology and Astroparticle Physics Jcap e coordinato dall’Institute for Fundamental Physics of the Universe (Ifpu) di Trieste, che oltre a descrivere due modelli alternativi privi di singolarità, ci offre informazioni preziose per futuri studi che ci portino a una teoria della gravità quantistica.
La singolarità dei buchi neri
Ricordiamo brevemente che la teoria della relatività generale di Einstein prevede l’esistenza dei buchi neri e che quando un oggetto cade all’interno dell’orizzonte degli eventi, finisce nella singolarità (centro) dei buchi neri, dove le leggi della fisica cessano di valere. Quindi, se questa fosse reale, e non solo una complessa equazione matematica, implicherebbe che in condizioni estreme la relatività generale fallisca. Sebbene negli anni si siano accumulate sempre più evidenze dell’esistenza dei buchi neri, come la prima rilevazione delle onde gravitazionali nel 2015 e le immagini ottenute dall’Event Horizon Telescope nel 2019 e nel 2022, nessuna ha ancora dato una risposta conclusiva sulla natura della singolarità. Per questo motivo, oggi la comunità scientifica intende la singolarità come una sorta di “bandiera bianca”, per ammettere che non sappiamo davvero cosa accada al centro dei buchi neri.
Il mistero al centro dei buchi neri
Oggi possiamo descrivere la fisica dei buchi neri solo fino a una certa distanza dal loro centro. Per andare oltre questo limite, la scienza immagina un nuovo paradigma in cui la singolarità viene “curata” dagli effetti quantistici che la gravità deve necessariamente mostrare in quelle condizioni estreme. Questo avrebbe come conseguenza naturale dei modelli di buchi neri privi di singolarità, come quelli descritti nel nuovo studio.
I modelli alternativi
Nella nuova analisi, infatti, gli esperti hanno delineato tre modelli principali di buco nero: il buco nero standard, previsto dalla relatività generale classica, con singolarità e orizzonte degli eventi; il buco nero regolare, che elimina la singolarità ma conserva l’orizzonte; e l’imitatore di buco nero (mimicker), che riproduce le caratteristiche esterne di un buco nero ma non possiede né singolarità né orizzonte degli eventi. Per questi modelli “non singolari”, gli autori hanno descritto come si formano e come potrebbero trasformarsi gli uni negli altri, suggerendo, inoltre, quali osservazioni sperimentali potrebbero in futuro permettere di distinguere questi oggetti dai buchi neri standard. “I buchi neri regolari, e tanto più gli imitatori, non sono mai esattamente uguali ai buchi neri standard, anche fuori dall’orizzonte”, ha spiegato Stefano Liberati, fra gli autori e direttore di Ifp. “Osservazioni che testino queste regioni possono, anche se indirettamente, dirci qualcosa sulla struttura interna di questi oggetti”.
Le future osservazioni
Per farlo, spiegano gli autori, bisognerà misurare piccole deviazioni dalle predizioni della teoria di Einstein, usando strumenti sempre più sofisticati e canali di osservazione diversi. Nel caso di imitatori, le immagini dell’Event Horizon Telescope potranno rivelare dettagli nella luce piegata attorno all’oggetto, come anelli di luce più complessi del previsto. Le onde gravitazionali, inoltre, potrebbero mostrare segnali compatibili con la presenza di geometrie diverse da quella classica. Infine, la radiazione termica emessa dalla superficie di un oggetto privo di orizzonte (mimicker) potrebbe rappresentare un’ulteriore traccia. Questi studi futuri, concludono i ricercatori, potrebbero guidare lo sviluppo di una teoria della gravità quantistica, un ponte tra la relatività generale, che descrive l’Universo su larga scala, e la meccanica quantistica, che regola il mondo dell’infinitamente piccolo. “Quello che si sta aprendo per gli studi sulla gravità è un momento davvero entusiasmante”, ha concluso Liberati. “Siamo in un’epoca in cui davanti a noi si distende una vera e propria prateria ancora tutta da esplorare”.