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venerdì, Mag 15

Skam 4 è ancora la miglior serie teen italiana (e sta anche su Netflix)



Da Wired.it :

La convocazione a Oslo con gli altri remakers, le buone pratiche per aiutare gli attori, lo stile un po’ finto-indie. Il regista Ludovico Bessegato ci aiuta a capire perché Skam Italia continua a essere il prodotto con la migliore recitazione under30 (per non dire under20) degli ultimi 20 anni

Ci sono due cose che, ora che il 15 maggio parte la quarta e (in teoria) ultima stagione, ormai tutte le persone che si interessano di serie tv sanno su Skam Italia: è un prodotto norvegese sugli adolescenti che noi, come molti altri paesi, abbiamo adattato; ed è fatto benissimo. A queste due informazioni se ne aggiunge adesso una terza: dopo tre stagioni su TimVision, la quarta (e le tre precedenti) si trovano anche su Netflix, accanto a titoli come Sex Education che parlano ai ragazzi senza trattarli come ragazzi: “Io non mi sono mai detto che stavo girando e scrivendo per un pubblico di 17enni”, spiega Ludovico Bessegato, già produttore creativo (per Cross Productions) di serie rivoluzionarie per gli stretti canoni della RAI, tipo Il cacciatore e Rocco Schiavone, che Skam Italia l’ha tutta scritta e diretta sempre per Cross Productions e Tim Vision: “Io scelgo inquadrature, colori, musiche e parole esattamente come le sceglierei per un film indirizzato a un pubblico da 30enni”. Anche per questo la serie ha un rapporto sano con il desiderio sessuale, il vero protagonista occulto. Quelli di Skam sono ragazzi presi da intrecci sentimentali sempre alimentati da voglie potentissime che la serie accende.

Ogni stagione è dedicata a un personaggio del gruppo, che costituisce il nucleo centrale della storia: questa volta tocca a Sana, la ragazza italiana di religione musulmana sfrontata e piena di contraddizioni (interpretata da Beatrice Bruschi). È osservante e obbediente ma anche piena di carattere, con qualcosa che le ribolle dentro, determinata a non essere ai margini di niente, capace di prendersi quello che vuole con intelligenza e forza, è così fin dalla prima stagione, ma ora la cominciamo ad affrontare davvero. Tanto che, per la prima volta da quando ha iniziato a lavorare a Skam, Bessegato ha necessitato di una consulente italiana di religione musulmana. Ha frequentato la sua famiglia e visto come vivono, come interagiscono e come sono.

Bessegato ha avuto margini di autonomia molto ampi nell’adattamento e si vede: “Le sceneggiature sono le stesse per tutti in tutti i paesi, ma siamo liberi di adattarle e modificarle. Noi siamo quelli che l’hanno cambiata più di tutti credo, addirittura abbiamo scambiato due stagioni e deviato intere linee di trama”. La formula Skam, infatti, non sta tanto in ciò che si racconta, ma in come lo si fa e una volta tanto non è un segreto per niente.

All’inizio hanno convocato tutti noi incaricati dei vari remake nazionali a Oslo”, continua per spiegare come SKAM mantenga in ogni paese la propria anima. “Ci hanno spiegato come è nata la serie, cioè da un sondaggio della tv pubblica fatto per capire come acchiappare il pubblico giovane, giunto alla conclusione che non lo si può fare sulla tv pubblica. Infatti, lì è una webserie che vive molto sui social. Ci hanno formato sul metodo e non sul contenuto, come fare ricerche, come relazionarsi, come girare, che stile usare, quale approccio o anche i tempi tra le battute e l’uso delle musiche. Tutto spingendoci anche a trovare la nostra via, perché la Norvegia non è l’Italia né la Spagna o la Francia”. E soprattutto: “Abbiamo dovuto adattare tutto ai nostri anni. C’è un po’ di scarto con la versione madre e anche solo un triennio ti costringe, per esempio, a cambiare il fatto che usino Facebook, e fargli preferire Instagram”.

Rispetto alle precedenti, la quarta stagione ha molti più personaggi e comincia con una trasmissione radio, un preside che fa osservazioni islamofobiche, ma (incredibile!) la serie non fa la predica, sta semmai con Sana (che durante quella trasmissione guarda con desiderio dei ragazzi giocare a calcio) e rimane concentratissima sulle sue contraddizioni, sui precetti che vuole seguire e il mondo intorno a lei non-musulmano che vive diversamente l’amore e il sesso. La quarta stagione poi è la prima a scarso impatto social. Per effetto della quarantena, non vive su Instagram and co. in contemporanea alla messa in onda (solitamente, la data di ogni episodio indica effettivamente il giorno in cui è messa online, preceduta dai vari spezzoni che la compongono sulle storie e sui profili dei personaggi). Skam ora è anche su Netflix, che comunque ci aveva fatto capire che non l’avrebbe consentito, non cambiano certo la loro politica per noi”, dice sempre Bessegato. E l’impressione è che forse la scelta calza meglio il racconto. Skam si è guadagnato in quasi quattro stagioni il privilegio di arrivare a parlare di un tema ora molto trattato, come quello dell’integrazione e dei conflitti di un’italiana di seconda generazione.

Un ruolo importante nel rendere tutto questo ce l’ha la recitazione e anche qui Bessegato respinge l’ipotesi del miracolo fatto da lui (che comunque ha una sua infilata di buone pratiche attraverso cui giunge al risultato) e dà il merito al metodo norvegese.

Se ti vedi una puntata dello Skam originale capisci che anche lì sono più bravi a recitare, sono tutti pazzeschi e anche più giovani. Di certo ci aiuta questo stile un po’ finto-indie, perché le sporcature non solo sono benvenute ma proprio incoraggiate”. Il metodo Skam Italia implica dare modo agli attori di fare pause mentre parlano e dare il tempo ai personaggi di pensare “che poi è quello che facciamo nella vita, non ci rispondiamo a velocità naturale” e, soprattutto, implica un lavoro sul linguaggio: “Ti devi accorgere quando un attore è in difficoltà con un certo linguaggio o una battuta e deve sentirsi libero di usare parole sue. Io ho avuto attori vivaci e propositivi, e quasi tutti hanno creato un meccanismo di fiducia. Alla fine non vedevano le battute come gabbie, ma come mappe da seguire e da cui deviare”.

Paradossalmente a necessitare di un cambio e di un adattamento radicale è stato invece il presupposto base della serie, cioè il fatto che tutto inizi perché i protagonisti non fanno parte di una confraternita. In Norvegia a partire da anni prima dell’ultimo anno di liceo si formano confraternite con cui poi partecipare al “Russ”, che è una festa dell’ultimo anno in cui affittano un bus, girano per la città, si ubriacano e poi accade ciò che ne può conseguire. Le protagoniste sono per conto proprio all’inizio e decidono così fare confraternita a sé. Nella versione italiana più semplicemente si conoscono e iniziano a frequentarsi per fare gruppo: “Ma c’è stato molto altro da cambiare”, aggiunge Bessegato. “In quella norvegese ci sono feste solo in casa, perché nei locali da loro davvero i minorenni non bevono, i genitori non compaiono quasi mai e soprattutto sono molto più autonomi, cioè per dire molti dei personaggi vivono da soli a 16 anni”.

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[Fonte Wired.it]