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martedì, Ago 04

Smart working? E allora cambiamo l’Out of Office

Da Punto-Informatico.it :

Se siamo davvero pronti ad accettare l’ingresso istituzionalizzato, metabolizzato, integrato e pienamente accettato dello smart working all’interno delle realtà lavorative, allora dobbiamo accettare altresì la cancellazione coatta di una terminologia che rischia di fare non poca confusione in virtù degli assiomi che si porta appresso.

Se vogliamo davvero evolvere il nostro modo di lavorare, serve mettere da parte quel che è afferente alle vecchie modalità: non per dimenticarle, ma per far decadere l’inamovibilità dei vecchi schemi. Se vogliamo pensare a modalità nuove, dobbiamo usare anzitutto parole nuove per attingere a concetti nuovi. Lo stesso concetto di vacanza potrebbe cambiare, quindi perché non cambiare il momento precedente, quello in cui comunichiamo a tutti che stiamo per staccare?

Esatto, dobbiamo mette alla porta il tradizionale e pre-vacanziero “Out of Office“. Subito, oggi.

OoO: Out of Office?

Out of Office (OoO), ossia il messaggio standard che giunge in risposta a chi ci scrive mentre non siamo al lavoro. “Out of Office” significa proprio questo: sono fuori ufficio, quindi rivolgetevi ad un collega, oppure attendete che faccia ritorno al lavoro. Dentro un messaggio di “Out of Office” si metteva una frase simpatica o una estremamente concisa, quindi la si farciva di informazioni circa i riferimenti presso cui rivolgersi e la data prevista di rientro alla piena operatività.

Out of Office è un messaggio, ma anche un rito: è l’ultima cosa che si fa prima di chiudere la stagione lavorativa, infilare le ciabatte ed entrare in modalità “vacanze”. Questo, almeno, nell’immaginario collettivo che ha portato l’Out of Office a diventare uno standard vero e proprio, tanto che lo stesso Gmail ne prevede la composizione sotto forma di “Risponditore automatico”.

Out of Office, però, vive di un assioma che va a decadere, ossia il fatto che essere in ufficio equivalga ad essere al lavoro, mentre essere fuori ufficio equivalga a non essere al lavoro. Così non è, o almeno non è più. E probabilmente non sarà più. Out of Office è uno dei ricami di un vecchio modo di pensare l’architettura del lavoro, i suoi tempi, i suoi spazi ed i suoi riti. Accettare ancora il concetto di Out of Office nel 2020 (soprattutto in questo 2020, dopo tutto quel che è successo) significa accettare l’effetto grotta descritto da Sala, significa abdicare al vaticinio delle nuove modalità dinamiche di collaborazione, significa rinunciare in sé stessi a comprendere che si possa tranquillamente eleggere una panchina, un coworking, un salotto o qualsiasi punto d’appoggio a nuova temporanea sede per le proprie attività.

Pensaci quest’anno mentre scriverai (se lo scriverai) il tuo “Out of Office”. Pensaci responsabilmente, invece di mettere giù il messaggio in fretta e furia prima di chiudere la valigia.

OoW: Out of Work

Out of Work (OoW) è una definizione che meglio si addice all’uso ai tempi dello smart working e del telelavoro imposto da isolamento. Out of Work può significare qualcosa di più concreto e di scollegato da uno spazio fisico: non si è fuori ufficio con il corpo, ma si è fuori dal lavoro con la mente. Out of Work è un messaggio che va anche oltre il diritto alla disconnessione: è pari pari quel che poteva essere il precedente “Out of Office”, ma rimodulando le parole per dargli una accezione più consona.

Anche questa definizione, tuttavia, non fotografa completamente la situazione, perché in tempo di smart working non solo gli spazi si fanno liquidi, ma anche i tempi. Il “diritto” alla disconnessione si tramuta più che altro in libertà di disconnessione, ma chi ha a cuore il proprio lavoro con ogni probabilità butterà un occhio sulle urgenze sempre e comunque. Out of Work significa essere quindi formalmente in vacanza, godere della libertà di non essere fondamentali in un dato momento o quantomeno di poter rivendicare un attimo di riposo prima di ripartire (non esattamente un “lasciatemi in pace”, ma comunque una linea di confine tracciata tra quel che è dovere professionale e quel che è diritto personale).

Out

Laddove lo smart working rende tutto più confuso e fluido, che si sia “Out of Office” o “Out of Work”, rivendicare il proprio “Out” è importante. Si tratta di un momento di svago, di impegno sociale, di distanziamento dalla routine lavorativa, di sano riposo, di divertimento o di qualunque cosa possa essere utile per ricaricare le energie.

Quindi rivendichiamolo. Prepariamo la nostra mail ufficiale. Nella nostra, metteremo anche un link a questo articolo. Lo faremo per spiegare che per urgenze saremo sempre disponibili, ma che l’urgenza deve essere tale per un dovere collettivo perché l’esigenza personale va rispettata.

Out” come rivendicazione del riposo, “Out” come evoluzione del concetto di lavoro: non può cambiare davvero quel che è “In” se anche l’”Out” non mutasse per logica conseguenza. Il termine “Offline” non funzionerebbe poiché non credibile: “online” è una condizione de facto che ci portiamo appresso incarnato in una SIM, una libertà a cui non rinunceremmo poiché parte integrante del tempo libero prima ancora che di quello lavorativo.

Poi arriveremo un giorno a non distinguerli nemmeno più, rendendo i flussi del lavoro tanto fluidi e continui che anche il distaccamento non servirà più. Del resto quando l’uomo seguiva i tempi della natura, non dominava i tempi del lavoro: lo seguiva e lo sposava in una danza quotidiana in cui erano il sole e le stagioni a regolarne i ritmi. Un giorno, pur se distanziati da questo ritmo atavico, forse potremo tornare a pensare i tempi del lavoro in questo modo, senza accalcarci in coda sulle autostrade visto che ogni singolo giorno potremo rivendicare una fetta di quel “Out of Office” che l’epifania dei tempi moderni ancora si portava appresso nei primi decenni del terzo millennio.



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