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venerdì, Feb 17

Social network, l’alba dei “falò digitali”



Da Wired.it :

I protagonisti di questo spostamento sono ovviamente i gruppi di WhatsApp (sempre di proprietà di Meta), che consentono di condividere opinioni, esperienze e materiale di ogni tipo all’interno di cerchie ristrette e separate di amici o colleghi o parenti ecc., permettendo ai partecipanti di comportarsi in maniera più spontanea di quanto non sia possibile sui social tradizionali, dove tutto ciò che facciamo è osservato da una moltitudine di persone con cui abbiamo rapporti diversissimi.

Edward Noton in Glass Onion

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Da Whatsapp a Discord

Se su WhatsApp i gruppi si costituiscono soprattutto in base alle affinità personali, altrove si fondano invece sugli interessi condivisi, com’è il caso di Telegram o Discord e in misura minore di Mastodon. Con l’eccezione di quest’ultimo, vale anche la pena di sottolineare come queste piattaforme abbiano numeri che non hanno nulla da invidiare ai social network tradizionali: WhatsApp è un colosso che può contare su 2,24 miliardi di utenti mensili, Telegram arriva a circa 700 milioni e Discord supera i 200 milioni.

È sempre Sarah Wilson ad aver sistematizzato le differenze tra i vari falò digitali, dividendoli in messaggistica privata (per esempio WhatsApp), micro-comunità (Discord) e una più sfuggente forma legata alle esperienze condivise (Wilson fa l’esempio di Fortnite, a cui ci si collega non solo per giocare, ma anche per incontrare amici e condividere con loro le esperienze vissute su questa piattaforma).

Mentre il numero di utenti di Facebook ha smesso di crescere da circa un anno, mentre Twitter se la deve vedere con il caos di Elon Musk e perfino Instagram è alle prese con qualche difficoltà inattesa, il fenomeno dei falò digitali sembra essere ancora in rampa di lancio e destinato semmai a consolidarsi ulteriormente (all’altro estremo dello spettro troviamo invece il fenomeno TikTok, che sta ricreando una sorta di televisione che non ha più nessuna funzione di “rete sociale”, ma di solo intrattenimento).

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Il futuro è privato

Secondo David Nemer, docente di Media Studies a Harvard, questo spostamento verso quelli che sono stati anche definiti “social network privati” permette alle persone di “essere pienamente coinvolte in argomenti e soggetti a cui sono interessati”, offrendo loro la possibilità di avere conversazioni stimolanti “senza il timore di essere attaccati da troll, bot, account fantasma e altro ancora”.

Altre ragioni sono state individuate in uno studio che ha mostrato come il 60% degli utenti sotto i trent’anni preferisca dialogare online tramite messaggi privati perché offrono la possibilità di “parlare più liberamente”, mentre il 38% di essi ha spiegato di usare Facebook soltanto per sfruttare la funzione dei messaggi privati. Dopo anni trascorsi a curare una personalità online preoccupandosi anche di accumulare quanti più follower possibili, questi aspetti sembrano gradualmente passare in secondo piano, anche per il desiderio di maggiore privacy e sicurezza.

Tutto ciò non significa che i social network tradizionali siano destinati a scomparire, ma che avranno sempre più la funzione di megafono per influencer, creator, celebrità, politici, divulgatori e personalità che hanno bisogno di raggiungere il maggior numero di persone; mentre saranno utilizzati in modalità sempre più passiva dagli utenti normali. Che – dopo anni passati a mostrare foto delle vacanze (anche) a perfetti sconosciuti – stanno rapidamente tornando a condividere contenuti privati con cerchie più ristrette e fidate. Com’è giusto che sia.



[Fonte Wired.it]