“Spazio, ultima frontiera”: con queste parole i fan di Star Trek di tutto il mondo vengono da decenni trasportati in un universo fantastico. E nella serie originale, quella del capitano Kirk, per capirci, l’equipaggio della USS Enterprise vive avventure che raccontano anche uno spaccato dell’America degli anni Sessanta. Ottimismo, speranza per il futuro, valori positivi si riflettono, puntata dopo puntata, in un mondo le cui ombre sono disegnate dalla minaccia di un conflitto nucleare, dalla paura del comunismo e dalla consapevolezza di un passato che non può tornare. La nuova utopia è affidata alla scienza, alle macchine, al progresso: così tra computer capaci di tutto ma talmente ingombranti e farraginosi che oggi fanno sorridere, si profila una prospettiva storica chiaramente distorta, un po’ perché ai tempi non si guardava troppo per il sottile nelle sceneggiature, un po’ per la volontà di usare il mondo classico come specchio di un passaggio tra il vecchio e il nuovo che sempre ritorna.
Il mondo classico e Star Trek
La caduta degli Dei
Una gigantesca manona verdastra cattura l’Enterprise come un insetto. Alla manona corrisponde una immane testa coronata di alloro. Lo strano benvenuto è offerto alla nave spaziale e al suo equipaggio nientemeno che da Apollo. O almeno, da un alieno che afferma di essere il dio greco, e di aver atteso eoni interi per rivedere i suoi figli. Kirk, McCoy, Scott e Checov sbarcano sul pianeta per incontrare la strana entità. Alla squadra di spedizione non si unisce il signor Spock che, con le sue orecchie a punta, ricorda ad Apollo il dio Pan, che non gli è mai stato simpatico. Si aggrega agli altri invece una graziosissima archeologa, mai vista fino a questo episodio a bordo della nave ma che, come spesso accade, compare provvidenzialmente per l’occasione. L’episodio è nella seconda stagione, Dominati da Apollo è il titolo italiano, Who Mourns for Adonais? quello originale. Apollo è capriccioso, arrogante, volubile, e vuole che gli umani tornino a venerarlo, allevando capre e suonando la cetra come i pastori di migliaia di anni fa. E per ottenere il suo scopo non esita a utilizzare lo straordinario potere di cui è dotato, capace di fulminare e ridurre in cenere i suoi fedeli. Fin qui, tutto sembra corrispondere alla mitologia greca. Gli dei del mondo classico erano senz’altro infantili, bizzosi, capaci di scoppi d’ira improvvisi e di sentimenti contrastanti. Non solo, come il vero Apollo, questo dio-alieno è un donnaiolo, e mette subito gli occhi addosso alla bella archeologa. Ma, a differenza di quanto pensavano i Greci, questi dei non sono immortali. Anzi, rimasti soli senza nessuno a venerarli, spiega Apollo, si sono lasciati morire uno per volta, o meglio svanire: «si lasciarono andare nel vento… sempre più lievi, finché non rimase che il vento…». Così lo scontro inevitabile tra la voglia del dio di avere qualcuno che creda in lui e l’irriducibile spinta alla libertà di Kirk e dei suoi porta a un finale di ovvia tristezza: scoperta la fonte del potere apollineo proprio nel suo tempio, gli umani riescono a liberarsi, e lasciano ancora una volta solo il dio. «Zeus. Hermes. Hera. Afrodite. Avevate ragione. Athena. Eri nel giusto. Il tempo è passato. Non c’è più posto per gli dei. Perdonatemi, miei vecchi amici. E prendetemi… prendetemi…». E anche Apollo scompare.
Gli improbabili eredi di Platone
Umiliati per forza maggiore, titolo originale Plato’s Stepchildren: in estrema sintesi, l’Enterprise si trova su un pianeta la cui società è basata sugli insegnamenti di Platone. O almeno così ritengono i suoi abitanti. Kirk, Spock e McCoy sbarcano su Platonius, questo il nome del pianeta, dove il dottore deve curare Parmen, il capo della comunità, dotato di fortissimi poteri psicocinetici. Una volta guarito, Parmen pretende che McCoy rimanga come medico sul pianeta, e per ottenere ciò che desidera costringe con la forza della sua mente l’equipaggio a fare cose umilianti per divertirlo. È lo stesso trattamento che gli abitanti del pianeta riservano ad Alexander, una persona nana, l’unico non dotato di poteri psichici e per questo alla mercé degli altri. Nel diario di bordo, Kirk spiega che questi alieni «quando la stella del loro pianeta entrò in supernova, millenni fa, si trasportarono sulla Terra ai tempi di Socrate e Platone. Dopo la morte della civiltà greca che avevano adorato, si recarono su questo pianeta e crearono una società utopistica sulle basi ricevute». In effetti i Platoniani sottolineano come non usano armi né ci siano ingiustizie tra di loro. Ma le ingiustizie sono evidenti nei confronti di chi è diverso, di chi viene da altrove o dell’infelice Alkexander. E come Spock ricorda, «Platone voleva la verità e la bellezza e, soprattutto, la giustizia». È invece Kirk a sottolineare l’importanza dell’uguaglianza ad Alexander, spiegando che: «da dove vengo io, la taglia, la forma o il colore non fa alcuna differenza». Non poteva esserci contesto migliore per scardinare i pregiudizi della società americana dell’epoca: è in questo episodio il primo bacio interrazziale della storia della tv made in USA. Kirk, obbligato da Parmen, bacia il tenente Uhura. Non basta: tra costumi che rimandano all’iconografia popolare del mondo greco, pettinature cotonate che guardano alle statue elleniche, pepli e cetre, il piccolo Alexander intona Brekekekex, koax, koax, il coro delle rane di Aristofane.
I riferimenti alla mitologia greca non finiscono qui. Un esempio su tutti, l’episodio Elena di Troia, che vede al centro della trama un matrimonio combinato per garantire la pace tra i pianeti Elas e Troyius. Il capitano Kirk deve insegnare le buone maniere alla ribelle (e bellissima) Elaan, la promessa sposa, ma non sa che le lacrime di lei fanno innamorare perdutamente ogni uomo. E ovviamente Kirk non fa eccezione. Al di là dei nomi, il riferimento alla splendida moglie di Menelao, la cui bellezza fu causa di guerre tremende, è palese.
Panem et circenses
Non solo Grecia. Anche l’antica Roma gioca un ruolo di spicco negli sfondi narrativi della serie originale di Star Trek. Basti pensare ai Romulani, il cui Impero è un rimando continuo al mondo latino, dalle figure di pretori e proconsoli al nome dei pianeti Romulus e Remus. Ma c’è un episodio in cui Roma torna a vivere a millenni di distanza. Si intitola Nell’arena coi gladiatori, in lingua originale Bread and Circuses Cercando di recuperare una nave scomparsa, la Beagle, l’Enterprise scopre un pianeta dove la società sembra riprodurre quella dell’antica Roma, ma aggiornata agli anni Sessanta del XX secolo. Radio e televisione trasmettono i giochi dei gladiatori, che combattono sotto il controllo di guardie armate di mitra. Ovviamente i costumi sono quelli di un peplum dell’epoca, con succinti vestitini per le schiave, ovviamente i nomi sono in latino e ovviamente Kirk e compagni dovranno combattere nell’arena con i gladiatori. Ma non basta: tra schiavi e derelitti si sta diffondendo una nuova religione, quella degli adoratori del Sole, che credono nella fratellanza e nell’amore reciproco. È Uhura a bordo della nave a capire: non si tratta del sole che brilla in cielo, ma del figlio di Dio. «Cesare e Cristo, come ai tempi – chiosa il capitano Kirk – una religione che certo si diffonderà rapidamente… sarebbe un’esperienza da studiare, per vedere se tutto si ripete come allora».