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lunedì, Apr 13

Star Wars, in equilibrio tra effetti speciali artigianali e digitali. L’intervista a Neal Scanlan



Da Wired.it :

A un passo dall’uscita in dvd e Blu-ray dell’ultimo capitolo L’ascesa di Skywalker, il papà delle creature della saga di J. J. Abrams (e non solo) dice a Wired: “L’obiettivo è fare in modo che lo spettatore pensi di averle già viste da qualche parte”

Prima dell’avvento della Cgi c’erano Stan Winston, Carlo Rambaldi, Rick Baker e gli altri maestri degli effetti speciali, che hanno fatto degli SFX artigianali un’arte in grado di far sognare il pubblico del cinema di genere, dal fantasy alla fantascienza all’horror. Per ogni creatura fantastica che abbiamo immaginato, per ogni essere proveniente da un altro pianeta che abbiamo desiderato incontrare, per ogni mostro che ha infestato i nostri incubi infantili, c’è un artista visionario che ha contribuitoa suggerirne forma e colori. Neal Scanlan, britannico classe 1961, vanta una carriera trentennale nel settore degli effetti speciali per il cinema e, in particolare, per il design delle creature; tra i suoi lavori: La piccola bottega degli orrori, Prometheus, La bussola d’oro e Babe maialino coraggioso che gli è valso un Oscar.

Dal 2015 Scanlan è il responsabile del design delle creature degli ultimi capitoli della saga di Star Wars. La collaborazione è iniziata con Il risveglio della forza ed è proseguita con Gli ultimi Jedi passando per gli spin-off di Rogue One e Solo fino all’ultimo capitolo L’ascesa di Skywalker che debutta in dvd, Blu-ray e 4k il 22 aprile (ed è disponibile sulle piattaforme digital come iTunes, Chili, Rakuten e Tim). Con Neal Scanlan – e la sua pacata voce da gentleman inglese – abbiamo fatto una chiacchierata telefonica in occasione della release in Home Video.

Perché Star Wars è tanto “speciale”?

“Il mondo che ha creato George Lucas è così prezioso e così amato dai fan fin dal primo capitolo perché è per davvero molto speciale: per quanto rientrasse nel genere fantascientifico, quel posto “lontano lontano” era qualcosa di familiare. Anch’io, come gli altri spettatori, non ho mai sentito che fosse distante, avevo la sensazione che presentasse un futuro di cui potevamo far parte. Quando ci siamo seduti a parlare del lavoro che si aspettavano – J. J. Abrams, la produttrice Kathleen Kennedy, il direttore della fotografia Daniel Mindel, i rappresentanti dei dipartimenti di costumi e scenografie – eravamo consapevoli di dover fare qualsiasi cosa per preservare quella familiarità che gli spettatori avevano con la saga e uno dei mezzi per riuscirvi passava per gli effetti speciali artigianali. Il blend tra digitale e artigianale degli effetti di Star Wars è assolutamente unico ed è uno dei fattori che contraddistingue il prodotto”.

Com’è stata la collaborazione con Abrams?

“All’inizio la cosa più importante è stata ottenere la sua fiducia, perché lui non aveva mai lavorato con gli animatronic a questo livello e non era sicuro di quello che eravamo in grado di fare. D’altro canto, io non avevo mai collaborato con lui, per cui non sapevo che tipo di aspettative avesse circa le capacità mie e del mio team. Con il tempo abbiamo avuto la possibilità di sviluppare una relazione basata sulla fiducia e questo ha permesso di ricorrere agli animatronic e ai trucchi artigianali spingendo i limiti precedenti verso nuove e più eccitanti vette. A fianco di persone come il supervisore degli effetti speciali Roger Guyett ci siamo sforzati di creare trucchi artigianali con l’ausilio di effetti digitali che gli spettatori non avevano mai visto prima e dare vita così a nuove creature, nuovi alieni e nuove sequenze”.

Qual è il suo approccio al design delle creature?

“Quando abbiamo cominciato a guardare il film nell’ottica dell’ambientazione, si è cercato di ricorrere per quanto possibile a location reali, come per esempio la Giordania: lo stesso principio è stato applicato alle creature e a quello che le circonda. Pensando al design di un personaggio cerchiamo qualcosa che faccia dire allo spettatore: ‘Mi sembra di averlo già visto da qualche parte’. Ci riusciamo incamerando influenze del mondo reale, oggetti che esistono per davvero come motori, attrezzi e altre cose di utilizzo quotidiano. L’importante è che, vedendo una creatura, lo spettatore non ne giudichi l’aspetto troppo folle, perché allora non crederebbe che possa esistere nel mondo reale. Per questo, abbiamo cercato di attingere alla natura. Puoi svegliarti una mattina e scoprire che c’è una porg appollaiato su un albero fuori dalla finestra della tua camera, dal momento che non è un essere così assurdo da non poter giustificare la propria esistenza nella realtà, bensì può conformarsi alle aspettative del mondo in cui viviamo”.

Meglio Cgi o effetti speciali artigianali?

“Secondo me ricorrere alla Cgi piuttosto che agli effetti artigianali vuol dire rendere più consapevole il pubblico del distacco dalla realtà. Penso che quando vediamo una creazione artigianale godiamo anche della consapevolezza che tante persone hanno contribuito a realizzarla per portarla sullo schermo; parliamo di una dinamica diversa, che non è necessariamente migliore o peggiore della Cgi”.

Qual è stata la sfida più grande ne L’ascesa di Skywalker?

“Era prevista una sequenza con una creatura chiamata Eye of Webbish Bog simile un grosso ragno. Purtroppo, questa e altre sequenze alla fine non sono approdate sullo schermo, ma quello era un esempio interessante di fin dove possiamo spingerci con la sinergia tra effetti speciali artigianali e cgi. Per fare quella scena siamo andati a girare in esterni nel bel mezzo di un vero lago. Senza una solida struttura di supporto non sarebbe stato possibile realizzare una sequenza del genere, perché la sovrastruttura della creatura – come le persone che lo muovono – sarebbe rimasta visibile nelle riprese rendendone impossibile l’utilizzo. Invece oggi quella sovrastruttura può essere rimossa digitalmente in una fase successiva, in questo modo il pubblico ha la possibilità di vedere qualcosa di veramente unico e poter dire: ‘Oh mio Dio, questa è chiaramente una creatura reale, pilotata manualmente dentro a un lago vero… Ma come diavolo ci sono riusciti?‘. È incredibilmente eccitante riuscire a ottenere reazioni del genere”.

Le importa molto di quello che pensano i fan, vero?

“Certo che mi importa! Mi piace molto sentire le persone che ci applaudono, sono diffidente e tendo a non credere a quelli che ci criticano! Tuttavia, se mi imbatto in un commento, cerco di capire perché l’autore si è sentito in quel modo nei confronti di quella cosa specifica, oppure se la motivazione risiede solo nel fatto che – semplicemente – preferisce gli effetti speciali digitali a quelli artigianali”.

Come si è evoluto il suo lavoro nell’era del digitale?

“Nel periodo analogico, ovvero l’era del pre-digitale quando persone brillanti come Stan Winston hanno spianato la strada, l’obiettivo comune era quelle di rendere gli effetti speciali con gli animatronic più sofisticati. Quello che Stan Winston ha fatto con il t-rex animatronico di Jurassic Park è qualcosa di – qual è la parola giusta? – fenomenalmente complicato. Non riesco a immaginare come si sarebbe potuto fare di meglio e il film è riuscito anche perché gli effetti digitali hanno supportato così bene la storia. Oggi, considerando tutta quella esperienza e quella saggezza accumulata nel corso di quegli anni tendiamo a cercare modi più semplici per portare gli animatronic sullo schermo e questo è valso specialmente per Star Wars”.

Quale sono gli esempi migliori di equilibrio tra effetti digitali e tradizionali? 

“Penso che l’equilibrio perfetto si possa ritrovare in Terminator 2 e in Jurassic Park: sono film fatti nel periodo in cui la Cgi stava emergendo come la nuova e più avanzata tecnologia, eppure rappresentano anche il meglio degli effetti speciali artigianali. Ancora oggi guardandoli sento che sono riusciti a ottenere un equilibrio miracoloso tra analogico e digitale, tra il terminator “vero” e quello digitale. Più recentemente un altro delizioso mix tra uso classico degli effetti speciali e digitale, tra sfondi e modelli, si ritrova nella trilogia de Il Signore degli anelli, ai livelli della sensazionale fusione dei dinosauri con l’ambiente circostante di Jurassic Park. Dal canto mio inseguo ancora il coronamento di quell’equilibrio, ma so che ci sono esperti degli effetti speciali come Robert Legato e il suo team che hanno ottenuto risultati incredibili con Il Re Leone. Penso che stiamo per arrivare al punto in cui guardando un film non saremo in grado di capire che cosa è reale e che cosa non lo è”.

Altri esempi di animazione che ha apprezzato?

“Ritengo perfetto Toy Story e reputo splendido il lavoro dello Studio Ghibli, che è riuscito a trovare un modo meraviglioso di raccontare le sue storie”.

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[Fonte Wired.it]