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giovedì, Ago 31

Starfield, la nostra recensione del videogioco



Da Wired.it :

Nell’orbita di Venere abbiamo attraccato su una stazione orbitante solo per cadere in un’imboscata. Copione riprodotto fra le rotte di chissà quale – difficile ricordarli tutti – Sistema solare, con fazioni più o meno amiche pronte a disintegrarci una volta scoperte le nostre malefatte o, più semplicemente, la nostra volontà di non condividere la causa di turno. Abbiamo visitato laboratori scientifici, grotte nascoste, avamposti minerari e accampamenti segreti di una miriade di pirati. Per non dire di flora e fauna extra-terrestri, un elenco che solo la nostra banca dati e il desiderio di evitare la noia consigliano di non dettagliare.

Pianeti, ognuno con le proprie caratteristiche meteorologiche, atmosferiche, geologiche; astronavi configurabili, città gigantesche, insediamenti così piccoli da non essere captati dai radar, eserciti, fazioni, mercanti, contrabbandieri, esseri viventi con fogge e obbiettivi diversi (sì, perché anche le piante sembrano interagire a volte): c’è tutto questo e molto di più in un gioco che promette centinaia di ore per essere conosciuto nella sua interezza e che, ancora dopo giorni trascorsi con il pad in mano, suggerisce di non essersi svelato se non in piccola parte.

Questo è Starfield: fra i titoli più attesi nel 2023 dai videogiocatori di mezzo mondo, come dimostrano le prenotazioni già superiori a quelle di Baltur’s Gate 3, il videogame del momento – e non c’è da sorprendersi, visto che Bethesda è lo studio che, de facto, ha elaborato i paradigmi del videogioco di ruolo – sarà amato e odiato. Amato perché Starfield prova a trasformare l’universo noto, ma anche quello sconosciuto, in un videogioco in cui è possibile fare tutto, dal costruirsi mezzi e avamposti al decidere di seguire le regole (diverse a seconda della fazione di appartenenza) oppure di scriverne di proprie, scegliendo se fare i fuorilegge, i contrabbandieri o i mercanti allineati, se fare schifo o ergersi a maestri di virtù intergalattiche. Odiato, perché a molti non farà dimenticare certe legnosità dei suoi predecessori anche se in un contesto diverso, sorta di Skyrim dello spazio (giudizio invero parziale).

Di certo, però, Starfield non verrà ignorato. Anche perché è proprio sull’ignoranza e sulla volontà di limitarla che Starfield insiste. Non è un caso che, fra i suggerimenti dei suoi autori, sia privilegiato il “perdersi” nel gioco, invece del seguirne l’intreccio narrativo, che pure c’è. Non lineare, ma c’è.

Che cos’è

Si volesse farla breve, basterebbe dire che Starfield è un gdr ambientato ovunque nell’Universo. Con centinaia di pianeti esplorabili – in orbita o sulla superficie, a volte anche nel sottosuolo -, decine di sistemi solari e centinaia fra città, strutture e insediamenti più e meno ampi. Un gioco dall’estensione impressionante – ha richiesto più di dieci anni e 275 sviluppatori – in cui ogni cosa partecipa al destino che si decide di seguire: dal trapano a percussione o dal cacciavite utili per personalizzare il proprio personaggio, con il tradizionale “albero delle abilità” e con equipaggiamenti configurabili al dettaglio, fino al tipo di astronavi e avamposti realizzabili quando e dove si voglia – si possono estrarre risorse, scoprire tecnologie segrete, rubare attrezzi e soldi altrui, comporre il proprio equipaggio, farsi alleati e perderne.



[Fonte Wired.it]