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sabato, Apr 10

Startup, la battaglia per aprire l’attività in modo innovativo



Da Wired.it :

Dopo la sentenza del Consiglio di Stato, anche il Parlamento c’è un progetto per consentire alle startup di costituirsi online. Ma con un notaio

L'Information Technology dovrebbe avvalersi anche di esperti in digital marketing Foto di StartupStockPhotos da Pixabay
Foto di StartupStockPhotos da Pixabay

Le startup, così come tutte le società, potranno costituirsi online. Ma per atto pubblico. Più che al Consiglio di Stato, occorre guardare al Parlamento per capire che aria tira nei pressi della innovazione e della burocrazia. L’Unione europea salverà le startup italiane dagli oneri di costituzione tipici dei secoli scorsi? Per rispondere, occorre vedere cosa deciderà realmente di fare il governo, nel dare attuazione, entro il primo agosto prossimo, alla direttiva 1151 del 2019 relativa all’uso di strumenti e processi digitali nel diritto societario (articolo 29): adotterà il criterio gattopardiano del cambiare tutto per non cambiare niente?

Purtroppo al momento parrebbe di sì, alla luce di un criterio direttivo specifico introdotto al Senato ormai mesi fa con un emendamento di alcuni parlamentari del Partito democratico (Alan Ferrari, Valeria Fedeli, Luciano D’Alfonso, Tommaso Nannicini) al disegno di legge di delegazione europea, approvata dalla Camera il 31 marzo scorso e nuovamente all’esame del Senato per il via libera finale.
L’emendamento in questione prevede che la “costituzione di società a responsabilità limitata e società a responsabilità limitata semplificata con sede in con capitale versato mediante conferimenti in danaro, avvenga online e sia stipulata, anche in presenza di un modello standard di statuto, con atto pubblico formato mediante l’utilizzo di una piattaforma che consenta la videoconferenza e la sottoscrizione dell’atto con firma elettronica riconosciuta”. In altre parole: la costituzione potrà farsi online ma servirà comunque l’atto pubblico.

La domanda è lecita alla luce di quanto è accaduto poco più di 10 giorni fa tra notai e startup. Se la notizia è nota (il Consiglio di Stato ha annullato il decreto del ministero dello Sviluppo economico sulla base della forzatura ritenuta illegittima di riconoscere come esclusiva e non solo facoltativa la possibilità di costituzione online delle startup senza atto pubblico direttamente on line), gli esiti lo sono meno perché da qui ad agosto si giocherà una partita importante che vale la pena mettere bene a fuoco. Chi vince una battaglia, non è detto che vinca la guerra. Ma certo si annuncia un braccio di ferro.

Atto pubblico vs costituzione online

La notizia che ha contrapposto notai e startup è nota: il Consiglio di Stato il 29 marzo scorso ha annullato (sentenza 2643 del 2021) il decreto del ministero dello Sviluppo economico (Mise) che permetteva la costituzione direttamente online, senza alcuna “vidimazione” del notaio o, in altri termini, “in assenza di atto pubblico”. Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso del Consiglio nazionale del notariato (Cnn), che era stato respinto invece dalla decisione del Tar Lazio del 2017.

Occorre ribadire che la possibilità di costituire online una srl in forma di startup innovativa, in alternativa alla ordinaria forma di costituzione per atto pubblico, è legittima sulla base del decreto legge Investment Compact, risalente al 2015, che ha introdotto questa possibilità tramite un atto costitutivo sottoscritto digitalmente dai contraenti e redatto secondo un modello uniforme, adottato con decreto del ministero dello Sviluppo economico.
Proprio questo decreto attuativo (del 17 febbraio 2016) è stato impugnato dal Cnn e annullato dal Consiglio di Stato sulla base di un eccesso di potere, conseguente alla previsione della costituzione online “in via esclusiva”.

Le reazioni e gli interessi in campo

La notizia ha fatto molto scalpore tra le startup e, in generale, in tutti coloro che credono che non sia più sostenibile perdere occasioni di sviluppo e innovazione. Il Cnn, da parte sua, ha avuto l’assist del testo formale della norma primaria. In più la vicenda processuale ha tempi e scansioni proprie, facendo sì che una causa intentata nel 2017 abbia avuto esito nel 2021.

Però il segnale è stato pessimo, tanto più alla luce della pubblicizzata convenzione che il Consiglio nazionale del notariato ha stipulato proprio con il Mise a dicembre scorso, protocollo “finalizzato ad attivare misure di raccordo e di collaborazione che permettano di procedere in maniera sinergica per generare un determinante impulso all’innovazione tecnologica al servizio di cittadini e imprese, rafforzando l’attività di vigilanza e controllo a tutela del mercato, nel presupposto che la chiarezza e la stabilità delle regole sono necessarie per consentire lo sviluppo di rilevanti settori economici e produttivi e per sviluppare gli ambiti di tutela del mercato e dei consumatori”.

Il mondo delle imprese e delle startup ha reagito bruscamente. Roma Start Up era proprio parte in causa. Assolombarda ha stigmatizzato la sentenza come “un passo indietro per il processo di digitalizzazione, sburocratizzazione e semplificazione dei rapporti tra amministrazione pubblica e imprese, che va a colpire ulteriormente un settore strategico come quello dell’innovazione tecnologica in una fase storica già particolarmente difficile“. Una misura che si va ad aggiungere al taglio del credito d’imposta su ricerca e sviluppo e ai mancati interventi sul costo del lavoro per le startup, a discapito di nuove assunzioni. InnovUp ha parlato di brusco colpo di arresto e ha promesso di far sentire la propria voce non solo per tornare alla procedura di costituzione semplificata delle startup, ma anche per ulteriori provvedimenti “a favore della credibilità e del rilancio dell’Italia nel mondo”. Silenti il Cnn e anche la Camera di commercio di Roma, opponente nella causa davanti al Consiglio di Stato.

Una procedura online unica

Ora si tratta di non nascondersi dietro a un dito. E lo spiega bene Giovanni Toffoletto, cofondatore e amministratore delegato di LexDo.it, la legal tech che ha supportato tante startup nella procedura di costituzione telematica, perché non è che la procedura online funzionasse poi così bene.L’attuale procedura di costituzione di startup online è estremamente complessa, inefficiente, e viene applicata in modo incongruente dalle varie Camere di commercio locali, causando problemi enormi. I dati parlano da soli: solo il 25% delle startup sceglieva questa via e le tempistiche medie richieste per la costituzione online erano di alcuni mesi rispetto ai pochi giorni di una costituzione con un notaio”, ci dice Toffoletto. E aggiunge: “Sede per sede, è possibile che alle startup vengano avanzate le richieste più assurde e arbitrarie, di documenti aggiuntivi, tanto che in alcuni casi la costituzione avviene in sei mesi. Decisamente eccessivo”.

Senza contare i costi “fiscali” e burocratici: in Italia costituire una startup costa dai 1.000 ai 3.000 euro contro i 50 e in 24 ore in Inghilterra. “Nel 90% dei casi, le start up partono con un capitale inferiore ai 10mila euro: se già all’atto di costituzione ne bruci 3000, il gioco vale? Anche la procedura on line ha costi alti: basti pensare alla tassa di registro di 200 euro, che sei costretto a pagare nuovamente in caso anche solo un errore materiale nello statuto”, dice l’avvocato.

Per Toffoletto l’attuazione della direttiva europea 1151 sarebbe l’occasione per “allineare il Paese allo standard internazionale e superarlo. È necessario sviluppare una nuova procedura che impari dagli errori commessi in passato e che garantisca un processo di costituzione veloce, snello e con gli stessi standard di controllo offerti dai notai oggi. La procedura dovrà essere unica per tutto il territorio nazionale con un unico punto di contatto, senza ingolfare gli enti locali e le singole Camere di commercio con procedure complesse e difficili da attuare”.

Ma ora, a metterci lo zampino è stato il Parlamento, che “obbligherà a costituire le società su una piattaforma con un notaio in videoconferenza, eliminando qualsiasi risparmio e qualsiasi tassa di costituzione“, dice il legale. Si tratta insomma di una doppia sfida e gli eserciti contrapposti stanno già studiando tattica e strategia. Un fatto è certo: se il Recovery Fund indica nella digitalizzazione uno dei fattori strategici di rilancio del Paese, cambiare tutto per non cambiare niente è il rischio da sventare.

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[Fonte Wired.it]