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giovedì, Ago 29

Startup, se a consigliare vino o menù è un algoritmo


Crescono le startup che stanno investendo in forme automatiche di consigli sulle abitudini alimentari, tra scienza e divertimento

Intelligenza artificiale (Getty Images)
Intelligenza artificiale (Getty Images)

Ordinare il vino per cena richiede cultura enogastronomica o, in mancanza, il consiglio di un amico o di un cameriere. Ma questo, come farsi suggerire un piatto, è un metodo che la nuova era digitale sta consegnando al passato grazie a nuove imprese che offrono un prodotto personalizzato per il cliente. Per individuare gusti, esigenze energetiche o quelle dettate dall’occasione fanno affidamento su portali che raccolgono dettagli su personalità, abitudini, gusti di un cliente, per poi proporgli un piatto, la dieta corretta o la bottiglia di vino che risolve la serata. Si realizza così un ribaltamento rispetto all’offerta tradizionale: non è più il cliente a fare le scelte, ma c’è un algoritmo che si assume il compito di stabilire qual è la soluzione migliore che possa soddisfare la gola.

Food dietetico per tenere la linea

Piatti su misura

Un esempio è Feat Food, una startup milanese attiva da oltre quattro anni. È facile fare un acquisto: si va sul sito, si compila un format dove si inseriscono i dati riguardanti parametri personali, stile di vita, obiettivi, accanto ad altri più contingenti, come il periodo di tempo per cui si chiede il servizio.

A questo punto entra in gioco l’algoritmo, che calcola il fabbisogno nutrizionale, con range percentuali, e stabilisce i piatti ideali. È uno strumento che va bene in modo particolare per chi non deve assumere più di un certo numero di calorie al giorno e chiede una dieta compatibile. Sul sito i clienti possono anche verificare quali progressi stanno realizzando.

L’idea di entrare nel mondo del food-tech è venuta ad Andrea Lippolis, un leccese di 26 anni, ex nazionale juniores di pallacanestro, tre lauree all’attivo, durante i primi tempi della sua esperienza universitaria. “Mi trovavo a mangiare sempre le stesse cose  – ricorda –. Inoltre alcuni piatti, come il sushi, erano troppo cari. Anche il sistema del delivery mi sembrava poco efficiente, così ho iniziato a studiare il mondo del food, in particolare la biochimica alimentare. Al tempo stesso pensavo ad un modello di impresa capace di gestire gli ordini con consegne a Milano in 30 minuti”.

È nata così Feat Food, che oggi ha una squadra di 15 persone attive 7 giorni su 7 e impegnate nella preparazione e consegna dei piatti biologici su tutto il territorio nazionale in 48 ore grazie a box refrigerati.

La novità sta prendendo piede in modo particolare tra i più giovani: “L’età media degli acquirenti – aggiunge Lippolis – è tra i  25 ai 35 anni, di reddito medio alto: le esigenze sono diverse, c’è chi vuole prendere muscoli, chi vuole curare la dieta. Al momento operiamo solo in ma abbiamo richieste anche dalla Francia e dalla Germania, vedremo come allargare la nostra attività all’estero”.

Il test sullo smartphone

Il vino più adatto

Anche per il beverage il cocktail è lo stesso: psicologia del cliente filtrata da un algoritmo che individua la bottiglia giusta. Vinhood è l’impresa milanese che lo ha messo a punto. Bisogna rispondere a un test, presente sul sito, che individua un carattere tra i 15 a disposizione, dal brillante al carismatico all’estroverso. E per ognuno viene indicato il vino più adeguato.

Molto giovane e con un ricco curriculum, anche in questo caso, il fondatore. Ex bocconiano, ex consulente Ibm, 31 anni, Matteo Parisi ha dato vita a Vinhood tre anni e mezzo fa a Milano con due soci. Oggi guida un team di 15 persone, con età media sotto i 30 anni e  per metà composto da stranieri. “È importante che si sia formato un gruppo internazionale – spiega – perché aiuta a comprendere le culture, a capire meglio le abitudini alimentari: il nostro lavoro consiste nel riuscire ad associare il gusto alla scelta, intervenendo dove le persone non sarebbero in grado”.

L’elaborazione del test è stato affidato a un algoritmo che ha individuato oltre ai 15 caratteri per il vino, altri 4 per il caffè.  “Abbiamo fatto un lavoro impostato sulla scientificità – continua Parisi – ci siamo affidati ad esperti di neurogastronomia e neuroscienze. Il test, però, va fatto con rilassatezza, in allegria, le persone si devono divertire”. Oltre che a Milano, Vinhood opera a Chicago dove si appoggia allo store di Eataly. L’impresa adesso punta ad ampliare il business: sono allo studio test anche per gli amari, l’acqua, le birre, il pane, le mele e il cioccolato.

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