Ad aprire la seconda giornata del Wired Next Fest 2024 di Milano è Stella Assange.
Dal palco del Castello Sforzesco, l’avvocata esperta di diritti umani, che affianca il marito Julian Assange nella sua battaglia legale contro l’estradizione negli Stati Uniti dal Regno Unito – dove si trova in carcere ormai da oltre cinque anni – ripercorre le tappe del calvario: “Julian ha perso la libertà il 7 dicembre 2010, una settimana dopo che Wikileaks aveva iniziato a pubblicare i documenti del Cablegate – racconta –, e ora si trova in un carcere di massima sicurezza da oltre cinque anni, Belmarsh, a Londra”.
“La battaglia per liberare Julian è difficile, ma politicamente abbiamo raccolto un grande sostegno. L’Italia in particolare è stata incredibile, gli attivisti qui sono straordinari, credo siano un esempio per il resto d’Europa – continua la legale –. Gran parte del sostegno politico che abbiamo ricevuto è arrivato dai movimenti di base. In Australia questo si è tradotto in azione politica”, con l’attuale primo ministro Anthony Albanese che durante la campagna per la sua elezione si è impegnato a trovare “una soluzione per riportare Julian a casa”.
A fine maggio l’Alta Corte di Londra ha concesso al fondatore di Wikileaks la possibilità di fare ricorso contro l’ordine di estradizione negli Stati Uniti, dal momento che il governo americano non fornisce sufficienti garanzie sul fatto che Assange sarebbe stato sottoposto a un giusto processo e avrebbe potuto godere del primo emendamento della Costituzione americana. Negli Stati Uniti, Assange è accusato di aver divulgato segreti militari e diplomatici con Wikileaks e rischia fino a 175 di carcere. “Recentemente abbiamo ottenuto una vittoria. Circa un mese fa, l’Alta Corte di Londra ha stabilito che Julian potrà fare appello [contro l’ordine di estradizione], e il 9 e 10 luglio ci sarà un’udienza dove finalmente avrà l’opportunità di presentare le sue ragioni alla corte”
“La persecuzione di Julian è sì la storia della persecuzione di un uomo e di un piccolo e coraggioso progetto giornalistico, ma anche la libertà di informazione nell’era di internet”, in un contesto di “crescente repressione e censura, oltre che, nel caso di Julian, di abusi del sistema giuridico per silenziare un giornalista e incarcerarlo”.



