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domenica, Feb 20

Stephen King e il racconto della pandemia



Da Wired.it :

Nel 1978 Stephen King aveva già detto tutto: il virus che deriva da quello di un banale raffreddore, i sospetti di una creazione volontaria in laboratorio, l’attesa del vaccino, la paura, perfino le manifestazioni cliniche legate alla mancanza di respiro. 

«…fonti affidabili hanno rivelato al vostro reporter che l’epidemia influenzale (che qui in West Virginia prende a volte il nome di Male che Soffoca) è in realtà una mutazione letale del normale virus influenzale, creata dal governo a scopi bellici».

Certo, l’Ombra dello Scorpione fortunatamente non è arrivata: la personificazione del male non si è palesata tra di noi. Eppure il parallelismo è saltato subito agli occhi del popolo dei lettori kinghiani, tanto che lo scrittore ha dovuto intervenire, ai tempi del primo lockdown, per tranquillizzarli: l’autore spiegava che Covid-19 non era mortale come Captain Tripps il virus immaginato ne L’Ombra dello Scorpione, ed esortava a prendere tutte le precauzioni ma a mantenere la calma. Ed è vero: l’immaginario Captain Tripps aveva una letalità del 99 per cento e una serie di manifestazioni cliniche che Covid-19 non ha. La paura però è la stessa. E gli stessi sono i sentimenti, buoni e cattivi, che agitano le persone, pur in uno scenario apocalittico: il bene e il male, come accade spesso nei romanzi di King, si scontrano, i personaggi, tratteggiati nel loro carattere, resi unici dalle loro storie e dal loro vissuto nel più tipico stile dello scrittore, si muovono nella spinta di queste due forze. Forse per questo il libro, pur con i suoi quarant’anni e passa, non solo non ha stancato i lettori, ma ha trovato nuovi appassionati nel presente della reale pandemia. E forse per questo tanti si sono appassionati alla recentissima serie tv The Stand (il titolo originale de L’Ombra dello Scorpione). 

Ma non basta. Quello che Stephen King riesce a fare non è solo dipingere lo sgomento della società davanti a un terrore che minaccia tutta l’umanità. King sa indagare i pensieri e i timori dei singoli, guardare come ciascuno reagisce di fronte all’angoscia. Sani e malati. La sua penna racconta il senso di smarrimento, lo sgomento di chi si trova solo in un letto di ospedale, pieno di tubi e tubicini, guardato dai medici attraverso un vetro, consapevole che il suo risveglio in quel letto non è “una guarigione né l’inizio di una guarigione, ma solo una breve ripresa momentanea”. Perché dipingere l’orrore non vuol dire solo parlare di mostri, vampiri e fantasmi, vuol dire raccontare quello che più fa paura agli uomini nella loro vita: la malattia, la solitudine, la morte.

Solo un raffreddore

E la malattia è un tema che ritorna nell’opera dello scrittore. A partire da Risacca notturna, racconto presente nella raccolta A volte ritornano, che anticipa gli elementi de L’Ombra dello scorpione, narrando di un gruppo di ragazzi sopravvissuti al virus Captain Tripps, che in questa versione della storia si è originato nel Sud Est asiatico. Ma King sa che anche un semplice raffreddore può trasformarsi in qualcosa di spaventoso. Ed è quello che accade al protagonista di un altro racconto, Ratto, pubblicato in Se scorre il sangue: uno scrittore, solo in una baita in mezzo ai boschi, sente la tempesta salire all’esterno, circondandolo e isolandolo, e la febbre salire, costretto a pensare e ripensare al momento in cui aveva stretto la mano a un uomo raffreddato, che aveva appena toccato il suo fazzoletto: “Perché, in nome di Dio, aveva stretto la mano di De Witt? Era stato un gesto di cortesia, ovviamente, e del tutto comprensibile, ma perché, in nome di Dio, non si era lavato le mani subito dopo?”. Lavarsi le mani, evitare il contatto, concetti ormai familiari a ciascuno di noi: ma King ha finito di scrivere questo racconto nel marzo del 2019, quasi un anno prima che il mondo cambiasse aspetto. Presagi? No, di sicuro, solo la grande fantasia di un autore che ha dovuto a sua volta adattare il suo lavoro alle forzature dettate dalla pandemia: King ha dovuto retrodatare il romanzo, già scritto e ambientato nel 2020, spostandolo nel 2019 per consentire a due personaggi di partire e andare in crociera, cosa evidentemente impossibile ai tempi di Covid-19. E nel testo non mancano i riferimenti alla pandemia: personaggi chiusi in casa che, dice lui stesso, anticipano quanto dovrà vivere tutta l’umanità, cucinando, guardando serie tv e facendo esercizio semplicemente salendo e scendendo le scale.

Il male è contagioso

Chi conosce l’opera di King sa che alla base della sua filosofia c’è la capacità del male di catturare chi si avvicina, si tratti di un luogo “maledetto” come il mitico Overlook Hotel di Shining, sia una persona malvagia, come il vampiro delle Notti di Salem, sia semplicemente un’entità malefica, come It. E il male si può annidare ovunque, nella mente e nel fisico, nelle macchine, come Christine, o nelle persone. Cattiveria o malattia, poco cambia: basta un attimo per essere contagiati. E il contagio porta paura, che porta altro male. Ne sa qualcosa il dolcissimo San Bernardo Cujo, buono, tanto che il “suo” bambino giocava con lui infilandogli persino la manina in bocca; Cujo che un bel giorno si era messo a inseguire un coniglio, per poi restare incastrato in un “piccolo antro” abitato da pipistrelli infetti (ci ricorda qualcosa?); Cujo che era stato morso da un pipistrello e aveva preso la rabbia; Cujo che aveva cessato di essere Cujo per diventare un mostro, un incubo di cattiveria. “Il mostro non muore mai. Lupo mannaro, vampiro, mangiacadaveri, innominabile creatura di boschi e ghiacciai, il mostro non muore mai”. Può rivivere in un cane “che aveva sempre fatto il possibile per essere un bravo cane”, come può rivivere in un piccolo, piccolissimo virus.



[Fonte Wired.it]