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mercoledì, Dic 11

Storia dell’immagine rara di un calamaro gigante


Non è facile avvistare un calamaro gigante ma anche la tecnologia gioca un ruolo importante, come racconta in questo video una scienziata che per ben due volte ha raggiunto l’obiettivo con successo

Non è per niente facile osservare un calamaro gigante in movimento nelle acque profonde; anzi, diciamo anche per molti ricercatori si tratta di un vero e proprio Santo Graal del mare a cui dare la caccia. La scorsa estate, negli States, la studiosa Edith Widder, fondatrice dell’Ocean Research and Conservation Association, con il suo team ha catturato le immagini di un calamaro gigante nelle acque statunitensi (in precedenza, nel 2012, era successo già in Giappone).

Come Widder qui spiega al giornalista di Wired Matt Simon, un tempo tutto quello che si sapeva su questi animali giganti era basato su esemplari, ormai morti, che affioravano in superficie. Esplorare l’oceano profondo richiede mezzi importanti: se si scende in profondità con dispositivi molto grandi e rumorosi, magari controllati da remoto, gli animali faranno di tutto per non farsi vedere e gireranno alla larga.

Necessità fa virtù e Widder ha lavorato, negli anni, allo sviluppo di una vera e propria esca ottica che si serve della bioluminescenza di animali come le meduse. Una vera e propria  e-jelley, tanto per capirci, che ha funzionato come esca: la luce prodotta dalle prede attaccate richiama un predatore più grande, che naturalmente è interessato all’animale che attacca.

Catturare le immagini non basta, poi inizia la fase due: bisogna scaricare i dati, fare una verifica con altri esperti – e non sempre è facile, anche per motivi di connessione e problemi logistici (un fulmine che colpisce la barca, ad esempio). Ma tutto è andato per il meglio, ed è la stessa scienziata a pensare che l’impresa sarebbe piaciuta a Jules Verne.

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