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sabato, Dic 21

Storie e libri per un Natale alternativo


Consigliare libri sul Natale è un’impresa non facile. Questa volta vi regaliamo un percorso alternativo tra antologie di racconti per lettori adulti e disincantati, racconti per l’infanzia molto realistici e grandi allegorie mascherate da Babbo Natale

(foto: Andrew Burton/Getty Images)

Consigliare libri e storie per Natale è oramai sport internazionale: alquanto difficile però consigliare libri sul Natale, evitando di incappare in dubbi polpettoni, melensi bestseller o racconti oramai letti e riletti. Proviamo qui a indicare oggi un percorso alternativo che racconti non solo il Natale delle feste, delle cene e dei regali, e senza dover citare per forza nei classici.

Per raccogliere qualche suggerimento e ampliare il panorama potremmo seguire la mappa variabile offerta dall’ultimo Penguin Book of Christmas Stories pubblicato questo autunno, che antologizza un buon numero di racconti di Natale dei maggiori scrittori internazionali. Si va dai classici russi come Dostoevskij e Cechov, ai francesi come Irène Némirovsky e George Simenon, dal nostro Italo Calvino agli inaspettati modernisti brasiliani come Machado de Assis e Mario De Andrade fino a, tra gli altri, la fantascienza natalizia di Ray Bradbury, la maestra dell’horror Shirley Jackson – qui antologizzata con un racconto autobiografico – oltre a, tra gli altri, gli americani Truman Capote, Grace Paley, Lucia Berlin. Lo spirito del Natale del volume è come detto misto oltre che globale, da racconti cupi ad altri più ironici, storie in cui appaiono miracoli e fantasmi, altre memorie famigliari tristi fino a quelle in cui il Natale dono un’aura rituale di mistero o piuttosto viene raffigurato nel suo lato più consumistico, come nel caso di Calvino.

Il racconto di Lucia Berlin, Noël. Texas. 1956, appare anche nel volume di racconti Sera in paradiso, una delle pubblicazioni di Bollati Boringhieri. Ci sentiamo di consigliarlo per il Natale non solo per questo racconto sarcastico, che narra del rifiuto dello spirito natalizio di una donna, chiamata Tiny – che si rifugia sul tetto di casa pur di non partecipare alla riunione familiare organizzata dal marito Tyler – ma anche perché, le festività natalizie sono da sempre un buon momento per riflettere sulla dimensione domestica. E i racconti dolci-amari e imprevedibili della Berlin lo fanno spesso: colgono il meraviglioso nell’ordinario senza strafare e senza nemmeno appiattirsi nel puramente autobiografico, grazie a personaggi che hanno la magia di apparire ognuno, nella propria sconfitta, unici e ad un tempo simili, in una corolla di donne unite dalla coscienza del proprio fallimento (fallimento spessissimo legato al matrimonio); donne che vengono violate, fregate, abbandonate o affogate dalla routine di coppia, come ad esempio la donna Cassandra nel racconto Il tempo della fioritura dei ciliegi. Sono racconti americani questi, di luoghi fra di loro anche remoti, dove l’autrice, dalla vita errabonda e tormentata da varie difficoltà – dall’alcolismo alla pura difficoltà di mandare avanti da sola una famiglia – si specchia senza retorica e senza giudizio.

Se è pur difficile raccontare il Natale come ambientazione letteraria, certo è più difficile ancora includere Babbo Natale come personaggio. L. Frank Baum, l’autore del Mago di Oz scrisse un libro su Le Vite e le Avventure di Babbo Natale, immaginando di spiegare ai ragazzi in modo abbastanza preciso tutta la mitologia di Santa Claus: è però una favola ecologica, quella di Baum, che immagina un Claus abbandonato nel bosco incantato e protetto dai mali del mondo di Burzee. Claus che viene così riscattato da ninfe e fauni che hanno il compito di difendere gli alberi dalle incursioni violente dei Gadgols, dispettosi esseri che avvelenano la natura (vi ricorda qualcosa?). Claus cresce allevato dalla ninfa Necile e presto si genera la leggenda: crea i primi giocattoli, viene affiancato dalle sue renne e dalla sua slitta, e il libro spiega anche la ragione dell’albero addobbato. L’immaginazione fervente di Baum è quella stessa di Oz, sebbene appunto applicata al personaggio di Babbo Natale.

Non si discosta di molto dagli episodi e le variazioni sul tema che Einaudi ha di recente offerto, con una bella traduzione e cura di Chiara Lagani, nella serie completa I Libri di Oz: sono 14 (il più famoso e 13 variazioni) che girano attorno al tema delle avventure di Dorothy, dei suoi compagni di viaggio (ai quali se ne aggiungono molti altri), e del malvagio Mago impostore, che secondo la stessa Lagani – che, ricordiamolo, è regista e curatrice della compagnia Fanny & Alexander che sta proprio portando in scena l’adattamento da questo libro – non può che prestarsi oggi ad un uso politico (“La storia del Mago ciarlatano è divenuta il punto di riferimento per ridiscutere ciclicamente la vita politica americana”, scrive infatti nella prefazione all’importante volume) ed anche a una particolare teoria del femminismo di Baum. Accompagnano il volume di 1000 pagine – perfetto regalo natalizio – le illustrazioni di Maria Cerri.

Rimanendo sul fronte del racconto per l’infanzia, potremmo segnalare la recente uscita della regina scandinava di questo genere, Astrid Lindgren, della quale Iperborea ha portato in Italia L’uccellino rosso, una raccolta di racconti mai tradotti, offerta dalla penna di quella che è la madrina di Pippi Calzelunghe. Come nella sua saga più nota, questi quattro racconti presentano la costante di un’infanzia travagliata – si tratta per lo più di bambini orfani, malati o viventi una realtà dura – che cercano e trovano il proprio riscatto attraverso l’avventura e l’immaginazione. Il luogo di partenza è incarnato in uno ospizio “luogo di sospiri” dal quale ad esempio due orfanelli partono inseguendo un uccellino rosso fino al magico mondo di Pratofiorito, oppure c’è Nils, malato a letto che con l’aiuto dell’immaginazione e del sogno libera il Re Magnus dalla torre… I piccoli personaggi della Lindgren dovranno farsi coraggio e attraverso incantesimi e prove raggiungere qualcosa che si avvicini alla felicità. “Molto tempo fa, nei giorni della miseria” così attaccano tutti e quattro i racconti, che fanno viaggiare lettori piccoli o meno anche nella natura scandinava, anch’essa aspra, oscura e violenta, ma ricca anche di brevi momenti di luce, profumi e poesia primaverile.

Seppur potremmo parlare di una tradizione “importata”, anche gli autori italiani presentano una serie di racconti sul Natale che si sviluppa da fine Ottocento ai giorni nostri. Abbiamo già menzionato Calvino antologizzato da Penguin, potremmo menzionare sicuramente D’Annunzio, De Filippo, Buzzati, Gozzano, Bianciardi, Zavattini – e di recente Trascurate Milano di Luca Ricci. Ma di questi tempi è forse più importante richiamare una pubblicazione di scritti “dispersi” di Primo Levi, intitolata L’ultimo Natale di guerra, e curata da Marco Belpoliti per Einaudi, che parte proprio dalla terrificante e allo stesso tempo speranzosa esperienza dell’ultimo Natale passato ad Auschwitz. Scrive l’autore di Se questo è un uomo che quello del 1944 fu “un Natale memorabile per il mondo in guerra; memorabile anche per me, perché fu segnato da un miracolo. Ad Auschwitz, le varie categorie di prigionieri (politici, criminali comuni, asociali, omosessuali, ecc.) potevano ricevere pacchi dono da casa” sebbene agli ebrei non fosse consentito (“A tutti gli effetti, noi eravamo morti al mondo”). L’arrivo dei doni e l’atmosfera di parziale comunicazione con il mondo esterno infuse nei prigionieri la speranza che la fine dei lager fosse vicina. E questa atmosfera amara e gioiosa ad un tempo pare informare l’immaginario del libro, un ricco bestiario di animali in racconti fantastici, che si alternano a memorie dell’infanzia e di prigionia, con lo stile preciso e poetico degno dei capolavori leviani. Potremmo consigliarlo, per questa modulazione, a chi nel Natale non sa rinunciare da un lato ai voli della fantasia e dell’altro allo spazio della memoria, nel passaggio da un anno all’altro.

Negli anni in cui Primo Levi viveva l’esperienza dei lager, dall’altro lato dell’Atlantico un illustratore per bambini muoveva i suoi primi passi in America, criticando ferocemente Mussolini e Hitler con le proprie vignette sui giornali, sostenendo il New Deal di Roosvelt e lavorando per l’Esercito Americano per la divisione film di propaganda. Stiamo parlando di Dr. Seuss, al secolo Theodor Seuss Geisel, raffinato rimatore e instancabile fucina di giochi di parole, da noi noto soprattutto per il personaggio del Grinch. Proprio il suo libro più famoso rivela di più: è da prendersi come una allegoria che critica il materialismo della società consumistica, così come altre sue opere hanno toni ambientalisti (Il Lorax), promuovono l’equità razziale come ne Gli Snicci, e persino Yertle la Tartaruga è una buffa allegoria di fascismo e autoritarismo. Rileggere Dr. Seuss per queste Feste – si sente il bisogno sullo scaffale libraio che qualcuno antologizzi la sua genialità in un volume di molti suoi hit – ha allora più di un motivo di valore: da un lato perché leggerete i suoi magnifici versi galoppanti in tetrametro anapestico, dall’altro perché attraverso apparenti nonsense vi troverete stigmatizzata la società populista di prima come quella di oggi.

Volendo chiudere con il fumetto, tra i tanti adattamenti natalizi bizzarri o meno, potremmo citare il Batman: Noel dell’oggi celebrato fumettista Lee Bermejo, una vera e propria riscrittura del Canto di Natale – e allo stesso tempo un passo ulteriore nella complessità del “BatUniverso” – dove Catwoman, Superman e Joker assumono il ruolo rispettivamente dei Fantasmi del Natale Passato, Presente e Futuro. La storia di questo adattamento, che brilla per l’uso del colore ed anche certe scelte d’impianto narrativo, è raccontato da Bob, uno scagnozzo di Joker, che nelle prime pagine viene pedinato da un Batman-Scrooge melancolico che rischia nella storia di morire di polmonite per poi favorire un lieto fine a Bob stesso, liberato dall’influenza del Joker assieme al figlio Tim, ed entrambi così nel lieto fine “protetti” da Bruce Wayne. Una storia così che ci mostra i due lati della stessa faccia del Cavaliere Oscuro, quella disperata e marcia e quella di fiero paladino della giustizia ad un tempo, pur sempre in attesa di redenzione… Non è forse però il Natale il periodo in cui, indossando maschere o meno, tutti noi vogliamo in fondo essere redenti?

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