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lunedì, Nov 22

Strappare lungo i bordi: perché la serie non poteva che avere una parlata romana



Da Wired.it :

Michele Rech, per tutti Zerocalcare, a 37 anni è uno dei fumettisti più seguiti . La sua serie Strappare Lungo i Bordi svetta in cima alla classifica delle più viste su Netflix. Ora, dovremmo applaudire al miracolo che un ragazzo (da noi, lo sappiamo, si è giovani fino alla pensione) abbia successo e sia stato notato da un colosso del mainstream per avere l’opportunità di raccontare in totale libertà una storia tutta sua. Una storia nostra, in realtà, sul disagio quotidiano di una generazione lasciata a se stessa, senza risorse, senza maestri e senza certezze che non siano un gelato. Dovremmo gioire per la ventata d’aria fresca, e insieme di originalità, che questa serie porta nello showbiz italiano, svecchiando un sistema spesso pigro, lento, miope e poco in grado di intercettare gli umori e i vissuti delle nuove generazioni.

E invece ci si sofferma su un dato presunto infamante, che per Zerocalcare, per chi scrive e sicuramente per molti di quanti guardano con piacere la serie è una scelta più che azzeccata: una parlata romanesca contemporanea viva, la stessa che si sente non solo tra le borgate (ricordiamo che nel 2021 abitare in periferia è prassi per i giovani e non solo, dati i prezzi spropositati delle case) o i tassisti (anche qui, quant’è triste l’accanimento discriminatorio su categorie di lavoratori), ma tra i ragazzi, nei bar, nelle scuole, nelle palestre, negli autobus, per strada, ovunque ci sia un barlume di vita che non sia incartapecorita dagli anni e dal (finto) perbenismo.

Da tempo viene portata avanti l’annosa polemica che il cinema e la tv siano troppo romane. Ma se ai mattatori gergo e accento sono volentieri “perdonati”, da Alberto Sordi a Gigi Proietti (per restare a Roma, ma potremmo citare Checco Zalone, Alessandro Siani, Aldo Giovanni e Giacomo & co.), per gli storyteller tutto si complica. Specie se lo storyteller di turno non è una star degli amici del quartierino che si frequentano da anni scrivendo in barca (come Boris la serie insegna, anche lì con forte accento “de Roma”, ma oggi che è cult nessuno osa attaccarla), ma un fumettista indipendente, che sceglie con cura i suoi progetti e nell’osare il salto mortale della prima serie è riuscito a far rispettare il suo stile e la sua personalità. Che tra le altre cose, ci si metta l’anima in pace, è romana e romanesca, forte di una parlata ben lontana da un’ipotetica “pura lingua italiana omologata” (già solo a scriverlo mette i brividi), che tra l’altro non racconterebbe mai con altrettanta efficacia, verosimiglianza e autenticità il disagiato viaggio quotidiano che molti di noi si ritrovano a vivere ogni giorno, e che Zerocalcare – ci si metta l’anima in pace anche qui – sa raccontare.

Un viaggio che non appartiene solo ai romani, a dimostrarlo – oltre ai temi universali affrontati dalla serie, perché dietro la forma per fortuna c’è un contenuto, in questo caso valido e traboccante di verità – è il successo innegabile della serie. Questo, semmai, genera rancore, invidia, ribrezzo: che un giovane autore abbia successo. Non gli si perdona che venga dalla periferia romana e non dalle combriccole di amici artisti di Prati o Pigneto, che frequenti i centri sociali (dove certo non si parla italiano forbito, o magari sì, ma bisogna frequentarli per poterne parlare) e non i salotti che contano, o gli apericena. E invece Zerocalcare sta avendo successo proprio perché ha una voce unica e ben riconoscibile, e non teme di portare sullo schermo il suo mondo. Quello che lui conosce di persona, frequenta e vive ogni giorno: quanti autori italiani potrebbero dire lo stesso, quanti sono capaci di raccontare quello che conoscono personalmente in modo fedele e vibrante di autenticità? Il successo di Strappare lungo i bordi sta anche nell’essere una novità in un mondo audiovisivo per lo più finto, dove si racconta in maniera forzosamente dicotomica la periferia oppure l’alta borghesia, senza sfumature né vie di mezzo, perché entrambe le realtà “vendono”. Chi guarda un film o una serie italiana è per lo più abituato a vedere storie di degrado/criminalità in periferia e storie di tensioni di coppia/di amici/di famiglia in case stratosferiche, tertium non datur. Guai, quindi, se un ragazzo osa raccontare una storia lontana da questi due poli attrattivi, e non a caso ha successo. Perché, vale la pena sottolinearlo, la vita quotidiana si può benissimo snodare lungo i binari della periferia senza essere sinonimo di degrado o criminalità (in Strappare lungo i bordi è culla di avventure, incontri, sogni, amicizie, amore, crescita).



[Fonte Wired.it]