La legge crea quindi un Comitato etico unico nazionale composto da sette esperti – un giurista, un bioeticista, un medico rianimatore, un palliativista, uno psichiatra, uno psicologo e un infermiere – nominati dalla Presidenza del Consiglio. Questo organismo sarà l’unico autorizzato a decidere chi può accedere al suicidio assistito, applicando i criteri costituzionali in modo uniforme su tutto il territorio. Il comitato avrà 60 giorni per decidere, prorogabili fino a 180 giorni nei casi complessi.
Il terzo pilastro mira a risolvere il più delicato paradosso costituzionale: come può il Servizio sanitario nazionale, che ha il compito di curare e salvare vite, trovarsi a erogare prestazioni di morte? La Costituzione stabilisce il diritto alla salute, non il diritto a morire, creando un conflitto irrisolvibile per i medici e le strutture pubbliche. La legge introduce quindi la figura dell’“aiutante”: una persona che può assistere materialmente chi ha ottenuto l’autorizzazione dal Comitato nazionale, senza rischiare sanzioni penali.
Questa soluzione permette di mantenere separato il ruolo curativo del Ssn da quello di assistenza al fine vita. In pratica: se un paziente ricoverato ottiene l’autorizzazione, l’ospedale continuerà a fornirgli le cure mediche ordinarie (antidolorifici, assistenza, monitoraggio), ma non sarà l’ospedale stesso a somministrare i farmaci letali o a gestire direttamente la procedura di morte. Questo compito spetterà all'”aiutante“, mantenendo così separato il ruolo curativo del Ssn da quello di assistenza al fine vita.
Il dibattito politico
L’iter parlamentare del disegno di legge è ancora lungo e complesso. Nel frattempo, il dibattito politico è già molto acceso e si concentra su tre punti particolarmente controversi. Il primo riguarda la nomina del Comitato etico, che secondo la proposta spetterebbe direttamente a Palazzo Chigi: una scelta che, secondo le opposizioni, rischia di politicizzare un organismo che dovrebbe restare indipendente. Il secondo nodo è l’esclusione del Servizio sanitario nazionale dalla gestione del percorso: una scelta che, se confermata, potrebbe creare un sistema “a due velocità”, dove solo chi può permetterselo ha accesso a determinati trattamenti, mentre gli altri restano esclusi. Infine, il terzo punto critico è l’impostazione generale della legge, giudicata da diversi osservatori e forze politiche troppo restrittiva rispetto alle aperture attese.
Il Movimento 5 Stelle ha annunciato una opposizione totale al testo. Ilaria Cucchi, senatrice di Alleanza Verdi e Sinistra, lo ha definito una “pessima proposta della destra”, mentre il Partito Democratico ha espresso disponibilità ad avviare il confronto parlamentare, ma come ha sottolineato il senatore Alfredo Bazoli “c’è ancora molto da fare per arrivare a una larga condivisione”. L’obiettivo della maggioranza è portare il testo in Aula entro il 17 luglio. In quella fase, le opposizioni potrebbero presentare emendamenti per modificare e liberalizzare alcuni passaggi ritenuti troppo rigidi.