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martedì, Set 08

Sul commento sessista di Gervasoni rivolto a Elly Schlein



Da Wired.it :

Un docente attacca nel modo più becero la vicepresidente dell’Emilia Romagna. Scatenando un putiferio social a margine del quale c’è da fare una considerazione sul titolo di “dottore”, definitivamente decaduto

Il commento è palesemente sessista e non poteva che tradursi in un boomerang per chi l’ha lanciato. Accade che Marco Gervasoni, docente ordinario di Storia contemporanea all’Università del Molise, commentando la copertina che il settimanale L’Espresso dedica a Elly Schlein, vicepresidente dell’Emilia Romagna, se ne esca – su Twitter – con un: “Ma che è, n’omo?”. Gervasoni non è nuovo a simili esternazioni. Ad esempio, sul caso Sea Watch, l’anno scorso, scriveva “affondata, bum bum”, affermazione – sempre via Twitter – che aveva bloccato il suo rinnovo di docente alla Luiss, e l’aveva automaticamente elevato presso certa editoria sovranista nelle idee ma soprattutto nei toni, a martire del libero pensiero. Oggi Gervasoni torna alla carica colpendo la rappresentante di una sinistra che cerca da diversi anni di ritrovare una propria identità e il professore lo fa nel modo più becero: puntando all’apparenza, irridendo una faccia. Insomma, siamo davanti a un tipico caso di body shaming.

L’arte di spararla grossa – che non è un’arte ma una resa comunicativa che sottende una mancanza di idee o di originalità da parte di chi la pratica – è qualcosa a cui siamo tristemente abituati, ormai. A volte certe sparate social sono utili, nel senso che ci danno il reale spessore di un personaggio e ci aiutano a liquidarlo, senza ulteriori dubbi, come idiota. Nel caso di Gervasoni, però, ciò che preoccupa è che una battuta del genere, espressa da un professore, legittimi una fetta della popolazione a ripeterla senza inibizione, senza la minima autocensura alimentata, un tempo, dal timido pensiero che, forse no, se lo dico, potrei farci una brutta figura.

Siamo abituati a pensare la democratizzazione del sapere attraverso Internet e i social network come a un fenomeno che ha appiattito forme e contenuti della comunicazione, autorizzando il cafone di turno a esprimersi in libertà davanti a un pubblico che in altri tempi manco si sognava. In realtà, il fenomeno è a doppio senso: se i trucidi con Internet hanno la possibilità di farsi sentire, anche i cosiddetti colti, cioè i professori, hanno la possibilità di liberarsi delle forme rigide cui un tempo li costringeva il loro status di dottori per rivelarsi nella sostanza, quel che sono: trucidi con la laurea. Insomma, se la rete e i social network hanno imbarbarito la comunicazione è anche vero che chi, in realtà, quella comunicazione dovrebbe condurla a toni più alti, è sembrato non aspettare altro che l’occasione giusta per imbarbarirla.

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[Fonte Wired.it]