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venerdì, Mag 05

svelati nuovi dettagli sui passaggi della reazione | Wired Italia



Da Wired.it :

Come fa l’acqua a diventare ossigeno durante la fotosintesi? Gli scienziati se lo sono chiesto per anni e oggi abbiamo aggiunto un fotogramma al cortometraggio delle complesse reazioni che compongo l’intero processo. Grazie a due pubblicazioni uscite back-to-back su Nature, infatti, adesso conosciamo diversi dettagli in più sull’ultimo e forse più importante di questi passaggi, quello che appunto permette a una molecola di acqua di trasformarsi in una di ossigeno. E che, nientemeno, permette l’esistenza della vita sulla Terra.

“Fotografare” la fotosintesi

Il bello della scienza è quando i risultati di due gruppi che hanno lavorato in modo indipendente confluiscono in conclusioni simili: i due studi pubblicati uno dietro l’altro su Nature mostrano, con tecniche complementari, lo stesso fotogramma della cascata di reazioni che permette a piante e alghe di trasformare anidride carbonica, energia solare e acqua nella loro fonte di nutrimento, il glucosio. L’ossigeno, curiosamente, costituisce un prodotto “accessorio” o di scarto in questo processo. E, anche se gli stessi autori sottolineano che il modello descritto non è l’unico possibile in base ai dati sperimentali raccolti, si tratta di un notevole passo in avanti.

In poche parole, Asmit Bhowmick e colleghi sono riusciti a “fotografare” alcuni dei cambiamenti conformazionali che un certo complesso di proteine, detto fotosistema II, compie durante la reazione in questione. Il fotosistema II funge da catalizzatore nel processo di trasferimento di elettroni che caratterizza la reazione, e che non potrebbe altrimenti avvenire, anche in presenza dell’energia solare necessaria. “Altri esperti avevano sostenuto che si trattasse di qualcosa che non avrebbe mai potuto essere catturato”, racconta Uwe Bergmann, co-autore dello studio e professore all’Università del Wisconsin-Madison. “Questo cambierà davvero il modo in cui pensiamo al fotosistema II. Anche se non possiamo ancora dire di avere un meccanismo unico basato sui dati, possiamo escludere alcuni modelli e idee proposti negli ultimi decenni”. Come spiega una News and Views di Nature che ripercorre la storia delle due pubblicazioni, il secondo gruppo, guidato da Holger Dau della Freie Universität di Berlino e da Leonardo Guidoni dell’Università dell’Aquila, ha invece utilizzato un insieme di tecniche sperimentali e computazionali giungendo ad una conclusione del tutto in accordo con quella a cui sono giunti Bhowmick e colleghi.

Le possibili implicazioni

Come spiega Jan Kern, co-autore di uno dei due studi e scienziato presso il Lawrence Berkeley National Laboratory (Stati Uniti), alcuni tasselli sono ancora mancanti: “Ci sono altre istantanee che vorremmo scattare per colmare le lacune rimanenti e raccontare l’intera storia”. Questo, secondo entrambi i gruppi di scienziati, permetterebbe di avvicinarci sempre di più verso lo sviluppo di tecnologie che ci consentano di produrre energia con il minor impatto possibile sull’ambiente. “Più impariamo a conoscere il funzionamento della natura – conclude Kern – e più ci avviciniamo all’obiettivo di utilizzare gli stessi principi in processi messi a punto dagli esseri umani, incluse le idee per la fotosintesi artificiale come fonte di energia pulita e sostenibile”.



[Fonte Wired.it]