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giovedì, Mar 05

Tante teorie più o meno strambe sul nuovo coronavirus in Italia



Da Wired.it :

Secondo i dati ufficiali, l’Italia oscilla tra la terza e la quarta posizione per numero di persone che hanno la Covid-19, e siamo primi in Europa. Chi non accetta la realtà si inventa spiegazioni fantasiose per giustificare l’impennata dei casi

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(foto: Ina bender/Getty Imagese)

La crescita esponenziale del numero di nostri connazionali che negli ultimi giorni sono risultati positivi al coronavirus ha creato una forte apprensione e ha costretto il governo italiano a varare misure senza precedenti per il mondo della scuola e per la socialità. Mentre il nostro sistema sanitario cerca di gestire al meglio l’ondata di ricoveri e di urgenze, online e nel chiacchiericcio generale si sono diffuse (ma non è una novità) una moltitudine di ipotesistrambe teorie, che a volte sfociano in vere e proprie bufale.

Tra i temi più toccati da questo pourparler primeggia la questione del numero di italiani che hanno contratto la Covid-19. Se con i nostri oltre 3mila casi emersi siamo al terzo posto nel mondo (prima è la Cina con 80mila, poi viene la Corea del Sud con oltre 5mila e appena dietro di noi c’è l’Iran con 2.900), nel Vecchio continente non ci supera nessuno. Germania, Francia e Spagna, che al momento risultano i Paesi più colpiti, al momento contano tra i 200 e i 300 casi ciascuna, mentre gli altri (a partire da Svizzera, Regno Unito e Norvegia) non hanno ancora raggiunto la soglia dei 100.

Va detto però che anche tutti gli altri Paesi (Cina a parte, che ci è già passata) stanno vivendo la fase di incremento esponenziale nel numero di persone infettate, tanto che di fatto più che di “minor numero di casi” si potrebbe parlare di “ritardo nella curva epidemica” rispetto all’ con uno sfasamento temporale di 7-10 giorni. D’altra parte anche noi contavamo appena 200 casi proprio lunedì della settimana scorsa, e non si tratta certo di un remoto passato. Per spiegare questa discrepanza – temporale o altro che sia – rispetto agli altri Paesi europei le ipotesi si moltiplicano e si sprecano. Alcune non sono totalmente folli (ma comunque lontane dal ricevere una conferma scientifica), altre invece sì. Ne abbiamo raccolte qui quasi una ventina, limitandoci a inserire qualche dettaglio in più su quelle che almeno sono razionali. Una cosa è certa: almeno complottisti e teorizzatori dovrebbero mettersi d’accordo e trovare una linea comune, altrimenti in questo guazzabuglio di ipotesi si finisce per perdere credibilità.

1. In Italia abbiamo fatto troppi tamponi faringei

Certamente è tra le ipotesi più discusse, e può avere un fondo di verità. Va da sé che eseguire all’inizio un maggior numero di tamponi (anche su persone asintomatiche) può portare a individuare un numero più alto di contagi, ma è difficile sostenere che questo possa spiegare per intero la differenza rispetto agli altri Stati. Se la Francia all’inizio ha effettivamente eseguito molti meno controlli, nel Regno Unito il conteggio dei test effettuati è sempre rimasto dello stesso ordine di grandezza del nostro, eppure i casi sono risultati parecchio inferiori.

Altri due dati riducono parzialmente la portata di questo eventuale effetto-tampone: anzitutto negli ultimi giorni abbiamo visto nel nostro Paese una progressiva crescita dei casi segnalati, e questo aumento non è andata di pari passo con il numero di tamponi eseguiti. Infatti nell’ultima settimana abbiamo eseguito ogni giorno tra i 2.200 e i 4mila tamponi, con un andamento oscillante (anzi, tra il 28 febbraio e il 2 marzo ne abbiamo eseguiti via via di meno, per poi risalire nei giorni successivi), eppure i casi quotidiani sono passati dai 250 di una settimana fa ai 400-500 degli ultimi giorni . L’altro aspetto è che pure la curva epidemica degli altri Paesi sta seguendo un andamento analogo al nostro, quindi i casi spuntano anche altrove con la progressione temporale che ci si attenderebbe.

2. Politica e media italiani non insabbiano le notizie

Secondo questa narrazione, noi saremmo l’unico Paese così sprovveduto da avere istituzioni e giornalisti che dicono la verità, mentre nel resto del continente prevarrebbe l’omertà e così sarebbero state nascoste le vere cifre di contagiati e deceduti.

Questa tesi contiene una gravissima accusa di mancata trasparenza verso gli altri Stati, che andrebbe come minimo dimostrata. Una delle argomentazioni più ricorrenti è che in Germania già a fine gennaio c’è stato il primo caso di contagio (peraltro asintomatico) avvenuto sul territorio europeo, ma quel focolaio sarebbe stato del tutto insabbiato a livello mediatico. Il che è falso anzitutto perché la notizia è stata data, pure in Italia e sulle riviste scientifiche, e poi perché in quel caso il contagio fu del tutto contenuto e non diede il via a un focolaio epidemico: il contact tracing funzionò e le misure di quarantena furono efficaci, grazie anche a una catena del contagio semplice e corta. E poi, se gli altri Paesi insabbiassero tutto, oggi non vedremmo quell’esplosione dei casi che invece viene regolarmente documentata.

3. Facciamo male i conti

Per esempio includendo nel computo anche le persone che hanno il coronavirus ma stavano già piuttosto male prima di contrarre l’infezione. In questo caso si tratta di definire dei criteri, e non è un caso che nei documenti ufficiali (in attesa di conoscere i dettagli) non si parla di “morti per coronavirus” ma di “persone che sono morte ed erano risultate positive al coronavirus”, aspettando di valutare una per volta le cartelle cliniche.

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(grafico: Fondazione Gimbe, tradotto e adattato da Fong et al, 2020; Eid Journal/Cdc)

Non è però un tema solo italiano: il Regno Unito, infatti, ha deciso di sottoporre a tampone faringeo tutti i pazienti ricoverati in terapia intensiva, in modo da verificare se ci siano altri casi ancora non emersi.

4. È un piano di Big Pharma e del biomedicale

In qualche modo ventilato anche da alcuni esponenti politici, questa teoria prevede che l’aumento dei casi sia stato (non si sa bene come) spinto da alcuni interessi aziendali. Qualcuno dice da parte delle case farmaceutiche produttrici di trattamenti antivirali o di vaccini, altri puntano il dito contro chi, sul fronte biomedicale, si occupa di mascherine o di gel idroalcolici.

Insomma, anziché pensare che fortunatamente c’è qualcuno che fornisce (o sta lavorando per arrivare a fornire) strumenti per ridurre l’impatto dell’epidemia, si accusano le aziende di aver alimentato o addirittura generato la situazione attuale.

(foto: Marco Di Lauro/Getty Images)

5. Tutta colpa dell’inquinamento

“La Pianura padana è l’area più inquinata d’Europa: ecco perché tutta questa diffusione del virus proprio nel nord Italia”. Che l’inquinamento atmosferico non faccia da toccasana per le vie respiratorie e cosa nota, così come che la Pianura Padana non spicchi per pulizia dell’aria: cosa ben diversa, però, è sostenere ci sia un rapporto di causa-effetto diretto tra inquinamento e coronavirus, al punto da ritenere che questo sia l’unico motivo per cui il focolaio lombardo si è creato.fAnche perché questa teoria non spiegherebbe affatto perché proprio lì e non in altri punti della stessa pianura. Al momento dunque è al più un’ipotesi, e difficilmente la scienza potrà attribuire all’inquinamento un ruolo superiore a quello di eventuale concausa.

6. Siamo stati sfortunati

Nel suo invocare il ruolo del fato, questa teoria ammette l’esistenza di una certa casualità nella comparsa dei focolai, che potrebbe pure non essere così campato in aria. Se con ciò l’ambizione è di dedicarsi ad amuleti e riti propiziatori, meglio lasciar perdere. In generale però ha senso sostenere che, prima di arrivare a quell’uniformità tipica della legge dei grandi numeri, ogni distribuzione deve iniziare con qualcosa di casuale, con una anomalia di fatto imprevedibile.

7. Abbiamo troppi rapporti con la Cina

Questa tesi si presta a un doppio livello di lettura. Il primo, meno complottista, è che il nostro Paese fosse dal principio uno dei più esposti al contagio per via dei proficui rapporti economici che abbiamo con l’Oriente. L’altro, decisamente più cervellotico, è che in virtù degli accordi sulla via della seta saremmo finiti tra i bersagli di un attacco economico-militar-terrorista condotto dai Paesi avversari della Cina. Come ad esempio gli Stati Uniti, che dunque si sarebbero pure fatti un autogol dato che a loro volta stanno iniziando a temere fortemente per l’effetto del coronavirus sul loro stesso territorio.

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(foto: Getty Images)

8. Maledetta espansività italiana

Troppa gestualità, strette di mano calorose, baci, abbracci e dimostrazioni di affetto nei saluti. “Se fossimo come i popoli del nord Europa, più freddi e distaccati, non avremmo certo questo focolaio”. Nella fase in cui siamo ora trattenersi ha senso, e infatti rientra nelle linee guida indicate da governo e istituzioni, ma in generale incolpare i bacini sulla guancia dell’arrivo della Covid-19 in Italia è una tesi un po’ forte. Come se nel resto del mondo le persone vivessero isolate dentro delle bolle.

9. Abbiamo bloccato troppo poco i voli

Serviva più chiusura, un blocco totale delle frontiere e ovviamente uno stop al traffico marittimo, ferroviario e areo. Sì, se l’Italia si fosse isolata dal resto del mondo forse non avremmo importato il coronavirus, ma l’isolamento a cui ci si riferisce sarebbe dovuto avvenire almeno da inizio anno, quando ancora nessuno ne discuteva, dato che il virus sta nel nostro Paese da ben prima di metà febbraio. E invocare l’isolazionismo totale avrebbe i suoi lati negativi, specialmente per un Paese che fonda l’economia sul turismo e le esportazioni.

10. Abbiamo bloccato troppo i voli

“Siamo stati gli unici in Europa a bloccare i voli diretti dalla Cina? Ecco perché ci siamo ritrovati con il coronavirus!”. Questa tesi si basa su una sola argomentazione: gli scambi aerei con la Cina sono continuati nonostante il blocco dei voli diretti, e le persone che hanno fatto scalo in altri Paesi prima di raggiungere l’Italia non sono state tracciate, perché sarebbe stato impossibile. Rispetto alla precedente, delle due l’una. E in ogni caso la storia di questo 2020 ci sta mostrando come di fatto sia impossibile, per tutti i Paesi, riuscire davvero a bloccare la circolazione del virus. Tutt’al più la si può rallentare un poco.

11. I colpevoli sono giornali e giornalisti

A volte accusati di essere troppo allarmisti (per alcuni casi bisogna ammettere di sì), altre volte troppo ottimisti (che è pure vero), altre ancora di non essere capaci di insabbiare le informazioni (il che è certamente vero, visto che anzi tutti si precipitano a pubblicare qualunque mezza notizia), cronisti e commentatori sono stati colpevolizzati di tutto, anche della diffusione stessa del virus. Ma al di là del fatto che finora hanno rispettato poco e male la regola del metro di distanza quando si accalcano attorno alle persone da intervistare, non hanno una gran responsabilità sull’epidemia.

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(foto: Getty Images)

12. I nostri medici sono stati poco attenti

Oltre che ingenerosa verso la categoria professionale più esposta e più impegnata a limitare l’impatto sanitario dell’epidemia, questa teoria accusatoria è davvero poco sostenibile. Qui su Wired abbiamo già più volte raccontato come sia difficile arginare il contagio nelle sue fasi iniziali, e nel caso del focolaio di Codogno pare evidente che il virus si sia diffuso soprattutto al di fuori degli ambienti ospedalieri. 

13. Abbiamo sottovalutato il rischio

Questa argomentazione è piuttosto ricorrente, ma non sempre è chiaro a che cosa si faccia riferimento. Si sarebbe dovuto diffondere più allarmismo a livello sociale? Dovevamo chiudere le frontiere nazionali? Avremmo dovuto sottoporre a tampone tutte le persone ricoverate in un ospedale o a letto con l’influenza? Avremmo dovuto chiudere il Paese già per precauzione settimane fa?

La gestione del rischio, tanto a livello operativo quanto comunicativo, non è una questione semplice, e i princìpi dell’equilibrio e della proporzionalità delle misure non sono sempre semplici da rispettare. Se proprio si vuole parlare di sottovalutazione, forse la fase in cui sono emerse più storture è quella dei giorni immediatamente successivi all’individuazione della zona rossa (dunque quando il trend di questi ultimi giorni era ormai inevitabile) in cui gran parte della narrativa è stata impostata sul “ritorno alla normalità” e sulla “riapertura”, in una fase in cui le regole della gestione del rischio avrebbero imposto l’esatto contrario.

14. I complotti degli interessi particolari

In questa categoria rientrano un’infinità di stramberie, a volte pure scherzose, con cui si vorrebbe alludere a una manina guidata da qualche lobby che avrebbe favorito il contagio proprio nel nostro Paese. Qualcuno parla delle catene della grande distribuzione organizzata, che avrebbero così inferto un duro colpo ai piccoli commercianti, qualcuno invece cita le aziende di streaming video, che ora avrebbero vita facile nel battere i cinema, altri ancora parlano dell’Inps che potrebbe finalmente alleggerire le proprie uscite. Ancora un po’ e vedremo spuntare il complotto degli sport minori, che vorrebbero togliere visibilità al calcio, quello delle macchinette domestiche per il caffè, che godrebbero nel portare via clienti ai bar, e pure dei tassisti, che sarebbero contenti dei timori nel prendere mezzi pubblici. La realtà, purtroppo, è che invece ci si perde sostanzialmente tutti.

(foto: DENIS LOVROVIC/AFP via Getty Images)

15. Il coronavirus in Italia non esiste

C’è anche questo. Ne ha scritto Libero, dando voce al presidente dell’Ordine dei biologi: “Il nostro è un virus padano, non c’entra con la Cina”. Il riferimento è al fatto che il ceppo virale diffuso in Italia è lievemente diverso rispetto a quello di Wuhan, ma sostenere che sia un’epidemia diversa da quella cinese è semplicemente folle, e lo dimostrano i dati scientifici.

16. La causa scatenante è il riscaldamento globale

Se da un lato l’incidenza alcuni fenomeni su scala globale merita di essere approfondita anche in relazione ai cambiamenti climatici, non è ben chiaro in che modo il riscaldamento globale avrebbe dovuto penalizzare proprio l’ e proprio il Nord. Per la diffusione globale della malattia se ne potrebbe discutere, ma per giustificare le differenze tra Paesi europei sembra davvero poco credibile.

17. Il complotto virtuoso anti-inquinamento

Nella sua follia, ha senso: non sempre i complotti devono essere spinti dalla malvagità. Secondo questa teoria l’epidemia sarebbe stata in effetti diffusa deliberatamente da qualche fantomatico agente segreto, ma per fare il bene del pianeta. E lo avrebbe fatto dapprima in Cina, dove effettivamente le emissioni inquinanti si sono ridotte del 25%, e poi in Pianura padana, che più di ogni altra zona italiana aveva bisogno di uno stop forzato delle emissioni climalteranti. Un po’ drastica, come misura, ma pur sempre efficace.

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[Fonte Wired.it]