Nella pratica per Itelyum Regeneration ciò significa aver identificato diversi player da integrare nella squadra di progetto e aver definito i passaggi della filiera uno per uno. Il primo obiettivo è “produrre dei campioni di terre rare, per mostrarli ai clienti, fare i primi business test e raccogliere pareri e commenti”. Oltre a poter misurare l’indice di gradimento dei loro prodotti, l’impianto pilota permetterà a Itelyum Regeneration e al suo team di identificare punti di forza e di debolezza del proprio business model e dell’intera filiera disegnata su carta e su cui l’Europa ha scommesso. “Alcune criticità non emergono finché le innovazioni restano nei laboratori e non si uniscono i processi in catena – spiega Gallo -. Per la prima volta stiamo integrando il sistema nel mondo reale e possiamo capire come far tornare i conti. Gli scienziati non lo fanno, non è compito loro, ma nostro”.
Aspettando l’orchestratore
Per vincere l’inefficienza del riciclo dei Raee, Itelyum Regeneration ha scelto di partire da una sola tipologia: ma fin da subito c’è l’idea di realizzare e far funzionare a regime un impianto in grado di ricavare terre rare da tutti. O quasi. Dopo i magneti permanenti sarà la volta degli interruttori, per recuperare anche argento e oro, e dei pannelli fotovoltaici,che già in parte l’azienda sa trattare.
Gallo racconta di smontaggi di Raee automatizzati tramite robot per arrivare a un ritmo di estrazione di 500 tonnellate all’anno di ossidi misti di terre rare che renderebbero Ceccano “una miniera urbana di terre rare, visto che da quelle in Vietnam se ne estraggono 300”. I conti sulla carta tornano e tornavano da tempo. Ciò che l’Ue si aspetta da questo progetto è che tornino anche una volta realizzato, e non è scontato che ciò accada. Gallo è il primo ad affermarlo, spiegando che se mancasse l’input o non si riuscisse a vendere l’output il cerchio non si chiuderebbe. “L’Europa non ci sta pensando ma sono queste le vere criticità da affrontare per vincere la sfida delle materie critiche”, spiega.
Per quanto riguarda gli output, trattandosi di ossidi misti di terre rare, Itelyum Regeneration spera di cavarsela da solo proponendoli sul mercato “come catalizzatori, come materiali da cui ottenerne neodimio e disprosio (due terre rare), o per fare direttamente altri magneti permanenti, se si hanno le tecnologie adeguate”. Dal punto di vista degli input, però, serve l’intervento di un policy maker che faccia da orchestratore. “Chi raccoglie questi rifiuti ne stima il valore guardando quello delle terre rare alla borsa dei metalli di Shanghai. Pretende di venderceli a un prezzo per noi inaffrontabile, rendendoci impossibile avviare un processo sostenibile – spiega Gallo -. Serve che soggetto come un consorzio imponga l’obbligo di destinare i Raee al riciclo, orientando il sistema di collettori verso un approccio sostenibile e in linea con le direttive europee. È l’unico modo per bloccare eventuali spinte speculative. In assenza di interventi che forzino le dinamiche attuali, chi vuole promuovere l’economia circolare continuerà a dover a aspettare”.