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giovedì, Mar 30

Tetris non è un film sui videogiochi, ma ci è piaciuto lo stesso



Da Wired.it :

Questo è il rischio messo sul tavolo dal protagonista, per il quale insegue i diritti di Tetris fin dentro il cuore dell’Unione Sovietica, tallonato dai rivali in teoria più potenti. Come si capisce Tetris non è un film di tecnologia, non è come **The **Social Network o Jobs o ancora Il quinto potere, la tecnologia e i videogiochi sono in realtà un pretesto per fare un film storico, in cui è molto più centrale il funzionamento degli ultimi anni dell’Unione Sovietica, rispetto al funzionamento di Tetris. È semmai una storia sulla fine di un’era, una di vera umanità che si fa strada dietro la burocrazia e una di rapporti personali che vincono una battaglia.

Il mondo dei videogiochi è il simbolo del nuovo, quello che alcuni faticano a capire e che i grandi gruppi di potere vogliono gestire anche se non sanno benissimo come funzioni. Il vecchio mondo non è solo il gruppo editoriale del Daily Mirror (che contende i diritti e a sua volta diviso in padre e figlio, uno lanciato verso il nuovo l’altro ancorato ai vecchi modi) ma ovviamente più in grande l’Unione Sovietica ad un passo dalla fine, che sente la fine del comunismo e cerca ad ogni angolo un guadagno personale. Che poi sarebbe il nuovo mondo che incalza, quello capitalista di cui il protagonista è l’araldo, con gli occhi sempre spalancati e un’eccitazione contagiosa da vero venditore.

Ad un altro livello di lettura però questa rocambolesca storia di carteggi, trattative, fughe, sparatorie, viaggi in aereo e moltissimi inganni (un po’ come nei film di spionaggio) è anche la storia di una follia capitalista senza senso. È un film più sulla scia di Trafficanti o Barry Seal o ancora La grande scommessa, una storia di assurdità americane, di stupidi (da un lato) e di veri eventi che somigliano ad una trama grottesca e sono incredibili proprio perché sono avvenuti realmente. Il protagonista infatti mette a repentaglio tutto, scappa, fugge, rischia la vita e viene inseguito da gente armata senza arrendersi mai non per salvare qualcuno a cui tiene, ma per fare soldi. Ha visto un successo, ha visto la possibilità del grande colpo che potrebbe portargli grandi guadagni e per quella montagna di soldi è pronto non solo a sacrificare la famiglia (abbandonata in Giappone) ma proprio a sacrificare la sua vita, in un’identificazione tra rimanere vivi e avere successo che è accettabile solo all’interno della logica dell’America degli anni ‘80.



[Fonte Wired.it]