Un anno dopo l’incidente, i personaggi principali subiscono ancora le conseguenze psicologiche di quel dramma. Le cose peggiorano: mentre sono in corso i preparativi per i festeggiamenti del Ringraziamento, un killer vendicativo inizia a sterminare i responsabili. Lo sceriffo Eric Newlon (Patrick Dempsey, Scream 3) si occupa del caso e scopre che l’assassino ha preso di mira Jessica e i suoi amici, taggandoli in un post su Instagram che mostra una tavola imbandita e i loro nomi scritti sulle sedie. Mentre la festività si avvicina, si innesca una corsa contro il tempo per individuare e fermare l’assassino. La struttura di Thanksgiving è estremamente convenzionale e la trama semplice. Ogni colpo di scena arriva quando lo si aspetta, eppure tale prevedibilità si rivela efficace: è sulla creatività e sul gore delle morti violente che si vuole mantenere l’attenzione. Roth ne azzecca alcune piuttosto creative per le quali si fa gustosamente ricorso agli oggetti associati alla festività.
Una volta tanto Roth non fa di tutto per attirare l’attenzione su di sé e il suo presunto “genio”, ma per divertirsi e divertire lo spettatore: che abbia finalmente capito come fare un horror decente guidato dalla passione, dall’umorismo e dal gaudio generato da morti assurde ed efferate? Anche la partecipazione di Patrick Dempsey, il pacato Dr Stranamore di Grey’s Anatomy, è una chicca. Oltre alle bizzarre esecuzioni dei personaggi secondari, è uno spasso vedere Jessica e i suoi amici inseguiti per un’ora abbondante da un folle (mascherato, come si conviene a ogni serial killer iconico, da Jason Vorhees a Mike Myers a Ghostface) travestito dal pellegrino della Mayflower John Carver, di cui solo loro non riescono a intuire l’ovvia identità. Roth fa di Jessica e degli altri ragazzi, dei Cappuccetto rosso da seguire nel bosco: corre loro dietro freneticamente con la cinepresa, alternando riprese con la mdp ad altre girate con lo smartphone, che aumentano il senso di precarietà, urgenza e claustrofobia.