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sabato, Gen 16

The Cave è il (solo) film sui bambini rimasti intrappolati nella caverna thailendese



Da Wired.it :

Una settimana dopo il salvataggio della squadra di calcio WildBoars, erano sei le produzioni che avevano annunciato di voler raccontare la storia. Alla fine, soltanto una ha consegnato “il compito”. Voto: molto buono. La ricostruzione degli eventi è impeccabile, romanzata con garbo

Nel 2018, per due settimane, le notizie dei bambini della squadra di calcio thailandese WildBoars sono state in cima ai titoli dei giornali del mondo: prima la sparizione in una grotta, poi il fatto che dopo quattro giorni erano ancora tutti vivi e infine i successivi 10 per estrarli sani e salvi con l’aiuto degli esperti da ogni angolo del pianeta. Chiunque aveva intuito, allora, che c’era il potenziale per un film. E infatti, a distanza di un mese, sei produzioni erano già lavoro. Oggi, però, a due anni e mezzo di distanza, un solo film ce l’ha fatta ad arrivare alla meta (una serie, co-prodotta da Netflix, ancora è in ballo).

Tom Waller è il produttore e regista di The Cave, film di pura impeccabile ricostruzione degli eventi, romanzati con garbo, che addirittura coinvolge diverse persone che hanno realmente preso parte all’impresa nei panni di se stessi. È un titolo all’americana molto sobrio (visto la carica emotiva della storia), interamente dalla parte dei sommozzatori accorsi da tutto il mondo, ma in particolare dall’Irlanda (paese che co-produce il film insieme alla Thailandia). Le riprese sono comunque abbastanza audaci, dentro le caverne (non quelle vere), sott’acqua e nei dintorni. Ovviamente, tutto è finalizzato a raccontare lo spirito indomabile locale e la solidarietà del pianeta.

Quella di The Cave, disponibile a noleggio sulle principali piattaformeè la storia di un progetto dal trionfo annunciato. La prima casa di produzione a gettarcisi sopra è stata la Universal, solo poche settimane dopo i fatti di cronaca. L’idea era di farne un grosso film diretto da Jon M. Chu, solidissimo mestierante hollywoodiano con alle spalle il successo asiatico e mondiale di Crazy & Rich (Crazy Rich Asians). Un uomo buono per gli Stati Uniti e di grandi credenziali orientali, preso con l’obiettivo di evitare le accuse di whitewashing, cioè di privilegiare cast e team creativo bianchi o comunque occidentali per una storia che è invece più che altro asiatica. Alla Universal si sono subito affiancati quelli di Pure Flix, compagnia di produzione specializzata in pellicole a tema religioso, che aveva ben chiaro l’angolatura del racconto e dove andare a parare.

Già da questi due esempi è chiaro che in breve è stato necessario per il governo tailandese, tramite il Ministero della cultura, creare una commissione apposita che supervisionasse, gestisse e controllasse le società straniere intente a cercare di mettere insieme i capitali per raccontare la storia. La fortuna di Tom Waller è di avere il doppio passaporto americano e thailandese, e di essere capace di muoversi agilmente in entrambi i paesi e in entrambi i “sistemi”. Nel suo curriculum, poi, c’è anche l’aver lavorato come location scout in Thailandia per produzioni straniere.

Siccome la priorità del governo è stata quella limitare l’avvicinamento ai ragazzini protagonisti, Waller ha scelto di concentrarsi sul team di soccorso internazionale. In The Cave infatti, dopo un breve prologo, i giovani della squadra di calcio (interpretati da attori) entrano nella caverna con poche premesse e senza particolari spiegazioni. Lì finiscono ben presto intrappolati e il grosso dei dialoghi e della trama avviene fuori, tra camionette dei giornalisti e persone che arrivano per aiutare. Il risultato è un film nello stile di Peter Berg, il regista che negli Usa racconta e romanza vere situazioni eroiche loccali (Deepwater – Inferno sull’oceano, Boston – Caccia all’uomo), fondato sulla cronaca e sui fatti.

L’unico vero attore noto di The Cave è Ekawat Niratworapanya, star thailandese di film romantici, nel ruolo dell’allenatore della squadra. E non a caso il salvataggio suo occupa un minutaggio maggiore e prevede più suspense degli altri. La seconda celebrity locale è Jumpa Saenprom, cantante tradizionale che interpreta una contadina fiera di aiutare. Per il resto è abbastanza chiaro che il giornalista americano interpreta se stesso come i sommozzatori, che non recitano ma cercano solo di essere spontanei, riuscendo involontariamente a portare una forte carica alle immagini. Certe facce, certi corpi fuori dalla norma e certe espressioni (anche se minime) hanno proprio il sapore della docu-fiction fatta bene e delle fatiche reali. The Cave è insomma realizzato coinvolgendo le persone che ci sono state, e cerca tantissimo così di avvicinarsi alla realtà per darle la lettura mitica del cinema, la suspense e l’arco narrativo pieno di orgoglio che nessuno ha intenzione di mascherare.

In realtà, l’intera operazione di salvataggio ha coinvolto 10.000 persone e più di 100 sommozzatori, 100 agenzie governative e centinaia di volontari e agenti di polizia, senza contare i circa 2000 militari. Non sono tutti rappresentati e dal film non passa l’idea che ci fosse così tanta gente al lavoro. Ma va bene. Lo ribadiamo, è una versione romanzata con grande consapevolezza di come funzioni il cinema, fondata sull’azione, che spiega bene la difficoltà del momento, i rischi e le tecniche del salvataggio, celebra chi deve celebrare e – pur usando strutture e luoghi comuni di Hollywood – mantiene una fortissima anima thailandese.

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[Fonte Wired.it]