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sabato, Ott 10

The Haunting of Bly Manor, un horror più disturbante che pauroso



Da Wired.it :

Dopo Hill House, un’altra serie ambientata in una grande magione in cui però l’orrore è distillato nei traumi dei protagonisti, il tutto amplificato in un meccanismo narrativo complesso e avvincente

È raro che le serie tv horror siano terrificanti tanto quanto riescono a esserlo i film dello stesso genere, questo perché la storia è per forza di cose più dilatata, le dinamiche fra i personaggi più in primo piano e spesso anche gli effetti non sempre all’altezza. The Haunting of Hill House, la serie di Mike Flanagan diffusa su Netflix lo scorso anno, era invece riuscita nell’intento di trasporre in formato televisivo un terrore diffuso e agghiacciante, pur non dimenticando di mettere in campo vicende personali esasperate e intriganti. Ora dal 9 ottobre arriva sempre sulla stessa piattaforma The Haunting of Bly Manor, una specie di secondo capitolo in un’antologia dell’orrore: anche questa è una creatura di Flanagan, anche qui c’è un riferimento letterario importante (al posto di Hill House di Shirley Jackson troviamo Giro di vite di Henry James) e tornano anche alcuni attori. Ma la storia e anche il tenore sono decisamente tutt’altro.

Come nella novella di James una giovane insegnante, Dani Clayton (Victoria Pedretti), decide di accettare il lavoro offerto da lord Henry Wingrave (Henry Thomas), che ha bisogno di una governante per i due nipoti, Miles (Benjamin Evan Ainsworth) e Flora (Amelie Smith) nella remota magione di Bly. Il compito però è già arduo in partenza: i due sono rimasti orfani e Wingrave, ossessionato dai propri demoni, impone alla ragazza di non interpellarlo per nessuna ragione al mondo. Dani, anche lei con un trauma del passato che infesta ogni superficie in cui si specchia, potrà fare affidamento solo sul personale presente nella grande e scricchiolante casa: la guardiana Hanna Grose (T’Nia Miller), il cuoco Owen (Rahul Kohli) e la giardiniera Jamie (Amelia Eve). Sulla casa, ma soprattutto nell’animo dei due bambini, aleggia però anche il ricordo della precedente governante, Rebecca Jessel (Tahirah Sharif), suicidatasi nel laghetto della proprietà in seguito a una burrascosa storia d’amore con l’assistente di Wingrave, Peter Quint (Oliver Jackson-Cohen).

bly manor

C’è da chiarire una cosa, innanzitutto: Bly Manor non fa paura. O meglio, non fa paura nel senso classico che siamo abituati ad attribuire al genere dell’orrore: ci sono fantasmi che si palesano all’improvviso, inquietanti bamboline che si spostano quasi animate, suoni minacciosi che deflagrano all’improvviso e altri espedienti classici che fanno saltare sulla sedia. Ma sono momenti rari e sapientemente distillati. Piuttosto questa serie gioca sull’inquietudine rarefatta ma raggelata che alberga ogni angolo dell’enorme dimora, ogni movimento di camera, ogni storia passata dei personaggi. E soprattutto ogni gesto dei due piccoli protagonisti: educatissimi, pieni di vita nonostante i traumi, Flora e Miles nascondono evidentemente dei segreti inconfessabili che al tempo stesso li terrorizzano e li responsabilizzano. In un mondo di adulti fragili e devastati da dolori pregressi, loro dimostrano una consapevolezza e una capacità di guardare oltre che ribalta i ruoli di protezione.

Avvincente, nella costruzione dei nove episodi, è anche la struttura temporale. Pure in Hill House Flanagan aveva giocato con l’andirivieni fra presente e passato, ma qui complica ancora più la concatenazione degli eventi: non solo avanti e indietro nel tempo, ma anche cicli quasi di eterni ritorni, e piani di realtà che si sovrappongono e si modificano. Quella che nei primi episodi sembra una vicenda drammatica lineare si contorce in un meccanismo che non lascia scampo allo spettatore se non nella curiosità di sapere cosa accade veramente, chi è l’artefice di questa complessità angosciante, qual è la via di uscita da un labirinto che è prima di tutto un labirinto mentale. È un puzzle i cui pezzi non corrispondono. Temi ricorrenti non a caso solo le crepe, le illusioni, gli errori di visione o il dislocamento dei ricordi e dei sogni: tutti i personaggi, soprattutto gli adulti come detto, non riescono a venire a patti con una realtà che li ha feriti e che ormai si è fatta incomprensibile.

Più che un horror, dunque, The Haunting of Bly Manor è un angosciante viaggio nel trauma. Nonostante alcune brevi scivolate in momenti zuccherosi, il percorso offerto della serie è solido e determinato a turbare, anche grazie a un cast (Pedretti e Miller in testa) che modula la disperazione con grande controllo e carisma, sempre a un passo dal panico ma senza mai cedere al terrore più scomposto. Anche questo è affascinante: non c’è mai l’abbandono al supernaturale o all’incomprensibile, piuttosto sempre il tentativo di capire e riparare nonostante il tema di fondo sia sempre e comunque il disorientamento. Un disorientamento, però, che è funzionale e quasi catartico all’interno di questo stesso meccanismo narrativo: appena concluso l’episodio finale, tornate a vedere i primi due e tutto apparirà su una luce totalmente diversa e straordinaria.

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[Fonte Wired.it]