Il protagonista, Ronaldo, è un giovanotto ingenuo e idealista terrorizzato dal sedano (!) che adora i film in streaming (e il suo abbonamento a “Netflips”) e fa parte di una scanzonata e sgangherata gilda di ammazzavampiri freelance. Stermina per lo più vampiri inferiori senza farsi pagare un centesimo e sbarca il lunario pubblicando i resoconti delle sue avventure in forma di cronache letterarie per la casa editrice Autumn. Recatosi all’antico castello abitato dal bicentenario Draluc per ucciderlo, scopre che il vampiro è mite e innocuo, ma distrugge accidentalmente la sua dimora, finendo per accettarlo (malvolentieri) come coinquilino. Draluc è un rampollo nobile e viziato, discendente dall’antica dinastia transilvana di Dracula. Emaciato e allampanato, si nutre di latte e gioca tutto il giorno ai videogame sulla sua amata “Qs5”. È il vampiro più debole del mondo, tanto che basta sfiorarlo affinché si riduca in un mucchietto di cenere (anzi, sabbia).
Al suo fianco c’è sempre il suo famiglio, la mascotte dei cartoni animati più adorabile dai tempi di P-chan (ha anche uno pop up store tutto suo): è l’armadillo John, del tutto simile a un melonpan, fedele e affezionato servitore di Draluc che si esprime pronunciando esclusivamente un flebile “Nu” (qui la compilation). Le avventure di Vampire Dies in No Time si svolgono in Giappone, a Shin-Yokohama, in una realtà dove umani e vampiri coesistono. Questi ultimi si distinguono in due categorie: vampiri minori, ovvero mostricciattoli (Itaru Bonnoki onora Lovecraft a ogni occasione) alla Eldritch Horror che divorano tutto quello che capita loro a tiro, e maggiori – i classici vampiri del folkore occidentali che bevono sangue, temono la luce e si trasformano in pipistrelli. Curiosamente, quasi tutti i vampiri rilevanti, meno l’asessuato Draluc, sono dei maniaci: c’è chi se ne va in giro nudo con un mazzo di fiori al posto delle mutande, chi ipnotizza gli umani istigandoli a rivelare le proprie perversioni, chi costringe chiunque a giocare a strip-morra cinese e chi vuole costringere l’umanità a indossare solo bikini di spessore interdentale.