L’attitudine gotica di The Well germina dallo stesso terreno della poetica dell’orrore dell’Avati di La casa dalle finestre che ridono, sia nelle modalità stilistiche che in topoi e archetipi. La parte del castello ci convince – anche e soprattutto grazie a Gerini & co, quella della pozzo meno – perché palesa una ricerca forsennata della spettacolarizzazione del sadismo e lascia trasparire una persistente sensazione di déjà-vu: in The Well rimandi, influenze e omaggi si trasformano in un collage di immagini, situazioni e personaggi prelevati altrove, di opere d’arte maledette, streghe bathoriane, pingui assassini sadici, turisti torturati dai deviati locali e mostri esangui che emergono dalle viscere della terra. Nella mente di chi bazzica l’horror scorrono ovviamente La casa dalle finestre che ridono e poi Suspiria, La maschera del demonio, La morte va a braccetto con le vergini, La chiesa, Ghostland, Human Centipede, Le colline hanno gli occhi, Creep, Turistas, The Descent/Beneath/The Cave/Dead Mine. La regia, solida e decisa, trasuda sicurezza anche perché rumina formule già rodate con successo da predecessori più indomiti e creativi.