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Thunderbolts* è un film sulla depressione, ecco cosa abbiamo capito guardandolo

da | Mag 6, 2025 | Tecnologia


ATTENZIONE: possibili spoiler su Thunderbolts*

È strano dirlo, ma per me tv e affini sono sempre stati dei grandi maestri di vita. Ho imparato i nomi dei dinosauri dai Power Rangers, i colori dell’arcobaleno da Sailor Moon, i miti greci da Hercules e Xena: la principessa guerriera. Poi ho scoperto la libertà sessuale vedendo Sex and the City, che potessi accettare la mia omosessualità guardando Will & Grace, che volevo fare il giornalista culturale seguendo Passepartout con Philippe Daverio la domenica pomeriggio su Rai 3. Non stupisce che uno come me ha chiesto di aver come regalo della prima confessione la televisione in camera, abbia avuto la vita scandita da piccole e grandi epifanie mediatiche. Anche se nulla risveglia i nostri sensi e le nostre percezioni come le esperienze concrete, come le persone in carne e ossa, per me la rappresentazione delle cose della vita sullo schermo sono sempre state una tappa di accensione, una miccia che faceva esplodere qualcosa. Come se per capire cose anche profonde e nascoste di me le dovessi vedere prima rappresentate, dipinte, messe in figura (o in lettera, perché come per la tv o i film spesso mi è successo lo stesso coi libri).

Mi sono dunque sorpreso che le cose, mentre mi avvio spedito, inesorabile e irrisolto verso i quarant’anni, non siano molto cambiate. Perché l’ennesima epifania mi è arrivata pochi giorni fa sempre di fronte a delle immagini in movimento, e di fronte a qualcosa che mai mi sarei aspettato mi avrebbe smosso qualcosa di così magmatico e profondo. Quando sabato scorso mi sono messo a guardare Thunderbolts*, nachos al formaggio tra le mani, mai mi sarei aspettato infatti di essere di fronte non all’ennesimo cinecomics di una saga in espansione sfinente, ma di fronte a una narrazione insolitamente sfidante, un modo di raccontare gli eroi Marvel non nel loro slancio superumano bensì nella loro umbratile fragilità umana. Non ero di fronte, cioè, a un caleidoscopio tutto poteri ed esplosioni, ma uno specchio infranto, in cui specchiare una parte di me che pensavo non potesse essere messa a nudo di fronte a un blockbuster caciarone.

Diretto da Jake Schreier (già regista del bizzarro e struggente Robot & Frank), Thunderbolts* regala molto più delle sue premesse ed è sfuggente e ambiguo, promettendo di svelare qualcosa di inaspettato già dall’asterisco del titolo. Ma ancora una volta la sorpresa non è solo la rivelazione finale che sarà fondamentale per il futuro del Marvel Cinematic Universe, ma soprattutto ciò che il film fa al di là delle sue esigenze metanarrative. Inizialmente, infatti, vediamo alcuni degli antieroi più dannati e sgangherati della Casa delle meraviglie (la nuova Vedova Nera Yelena, suo padre Red Guardian, l’evanescente Ghost, l’ingestibile Us Agent e l’immarcescibile – a prova di lavastoviglie – Bucky Barnes) unire le forze pur controvoglia contro l’ambigua Valentina Allegra de Fontaine e il suo piano di creare un über-supereroe sotto il suo controllo assoluto, Sentry. La prima metà funziona proprio così, uno scontro tra “cattivi e ancora più cattivi che si risolve anche un po’ in banalità. Ma è proprio dalla banalità che si genera un abisso nel quale la pellicola svolta totalmente.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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